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Aree protette, ATC e cacciatori: unica strategia in Campania su cinghiale


lunedì 26 maggio 2014
    
Atc, Aree protette, mondo scientifico e cacciatori si uniscono in Campania per la corretta gestione del cinghiale. Questo è infatti l'intento uscito dal convegno tenuto a Gragnano, affidando al mondo venatorio un ruolo protagonista per uscire dalla “crisi” a causa dei troppi danni causati dalle incursioni degli ungulati sui terreni agricoli.

L’appuntamento, voluto dal Presidente della ATC di Napoli Dr. Sergio Sorrentino, in collaborazione con le Università di Napoli Federico II (Giuseppe Iovane, Adriano Santoro, Luigi Esposito), di Pisa (Claudia Russo), della Tuscia (Andrea Amici) ed il centro di Raccolta e Monitoraggio dell’ATC di Napoli,
ha permeso di riportare al centro il tema della gestione faunistica anche nelle aree protette, superando   gli “steccati ideologici” di una vecchia ed anacronistica discussione che, pregiudizialmente, disconosceva il ruolo della gestione faunistico venatoria.

Le testimonianze sono venute anche da quanti hanno preso parte alla giornata di studio:  i Presidenti dei Parchi Naturali Regionali della Campania “Monti Lattari” (Giuseppe Guida), del “Bacino idrografico del Sarno” (Massimiliano Mercede) e il Direttore del Parco Naturale Regionale delle “Serre” (Francesco Maria Pititto).

I lavori del Seminario dedicati alla “Gestione del Cinghiale: piaga dell’agricoltura-risorsa dei territori”, si sono svolti in sintonia con quanto richiesto già dal 1992 nella Convenzione sulla Diversità Biologica, grazie al confronto che si era svolto tra agricoltori, cacciatori, ambientalisti e mondo scientifico, già allora finalizzato alla conservazione del Pianeta.

La diffusione generalmente incontrollata dei cinghiali è un problema molto sentito in Italia e riguarda l’intero territorio agro-silvo-pastorale: sia quello sottoposto alla gestione delle aree protette, sia quello disciplinato dalla normativa per la caccia programmata.

I danni alle coltivazioni e all’ambiente, i pericoli per gli incidenti stradali  sono infatti riscontrabili sia dentro che fuori dalle aree protette, non hanno confini. Gli ungulati, inoltre, possono essere serbatoi di patologie trasmissibili all’uomo e alla fauna domestica e selvatica. Tuttavia, i suidi selvatici possono essere considerati una rilevante ed alternativa risorsa economica. Le loro carni, infatti, dopo un accurato controllo igienico-sanitario, possono rappresentare una importante sorgente di proteine nobili da includere negli itinerari di turismo ambientale. La giornata si è conclusa con gli interventi del Comandante Regionale del Corpo Forestale dello Stato (Vincenzo Stabile) e del Dirigente del UOD Pesca Caccia e Agricoltura (Antonio Carotenuto). I  loro interventi hanno indicato la corretta via per trasformare il “problema”, in “risorsa” della comunità regionale. E di risorse, oggi più che mai,  ha bisogno la collettività. La proposta scaturita è stata molto chiara – così ha commentato il Dr. Sergio Sorrentino, Presidente dell’ATC di Napoli -  “occorre che la corretta gestione del cinghiale sia inserita in una filiera “breve” che coinvolga tutte le competenze tecniche, di controllo e sociali per la lavorazione. Così potremo avere da queste carni prodotti di qualità per rappresentare quella migliore “Campania” da proporre al “gusto” dei cittadini del mondo, senza frontiere.

Dalla discussione che ha coinvolto la plurale  ed eterogenea platea  - rileva ancora il Dr. Sorrentino - è emersa inoltre la necessità di istituire corsi di cacciatori di selezione, formati e riconosciuti ai sensi di legge,  e corsi di  “formazione sanitaria” rivolti ai cacciatori e agli operatori di filiera in modo da ottenere prodotti e servizi garantiti da quel marchio di qualità necessario, a garanzia dei consumatori italiani e non solo.
 

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