La caccia si conferma una delle questioni capaci di creare fratture nella maggioranza. E' quanto succede per esempio in Lombardia e in Veneto, dove la questione deroghe ha agitato le acque tra Lega e Pdl e non solo a livello regionale. Ieri la disputa si è allargata alle deputate del Pdl Fiorella Ceccacci Rubino (foto) e Gabriella Giammanco, le quali, sull'esempio della Lipu, si sono rivolte al Ministro Prestigiacomo per chiedere un suo intervento atto ad annullare il provvedimento emanato dalla Giunta Zaia. Le due deputate, che più volte hanno esternato la loro contrarietà alla caccia e aderiscono al filone animalista pidiellino, rilevano la mancanza di adeguate motivazioni per l'avvio delle deroghe.
La “guerra” tra Pdl e Lega, sfociata anche in un botta risposta tra l'europarlamentare del Pdl Sergio Berlato e l'assessore Stival, non è sfuggita alla democratica Laura Puppato, capogruppo del Pd in Regione: “Zaia non può governare il Veneto a queste condizioni” ha detto a commento della baruffa interna alla maggioranza. ''Ribadendo il nostro giudizio di ferma contrarietà alla caccia in deroga - scrive Puppato - ci chiediamo piuttosto se a pochi mesi dal suo insediamento Zaia non debba, per rispetto nei confronti dei veneti ma anche degli stessi elettori del centrodestra, fare un chiarimento nella coalizione che sostiene la sua presidenza''.
A difendere il provvedimento è intervenuta l'Anuu Migratoristi "non vi è stato nessun abuso da parte della Regione Veneto, bensì la precisa applicazione di una facoltà espressamente prevista dal diritto comunitario (Direttiva CE 79/409) e dalla legge italiana all’art. 19 bis, sulla scorta dei dettati delle sentenze della Corte di Giustizia della Comunità Europea - CJCE". Ad essere carente o in stato d'abuso semmai, scrive Anuu "è il Governo italiano, che non si è fatto carico di recepire correttamente dall’anno 2006 la normativa comunitaria, che permette l’applicazione, in piccola quantità, anche quale atto di caccia (così sancito più volte sempre dalla CJCE) sulla base di una presunta immotivata impossibilità dell’organismo tecnico preposto a svolgere una regolare indagine, come avvenuto negli anni 2004 e 2005, fornendo in allora – come del resto avviene in tutti gli altri Paesi europei – i dati per il numero dei prelievi in piccole quantità".