
Mentre il governo si appresta a presentare il disegno di legge per la riforma della 157/1992 (come collegato ambientale alla Legge di Bilancio), le principali associazioni animaliste e ambientaliste – Enpa, Lav, Lac, Lipu e WWF – hanno diffuso una lista di punti che, secondo loro, rappresenterebbero i contenuti più critici della bozza in circolazione.
Tuttavia, è bene sottolinearlo, si tratta di indiscrezioni basate su versioni preliminari non ufficiali del testo. Il provvedimento non è stato ancora discusso in Consiglio dei Ministri, né pubblicato in forma definitiva. Secondo le associazioni, che al solito non mancano di alzare i toni urlando allo scandalo, la riforma introdurrebbe modifiche “estreme”.
Inconcebibile per le associazioni sono dunque l’estensione delle aree cacciabili, anche su demani pubblici e aree naturali; la riapertura dei roccoli e l’aumento delle specie utilizzabili come richiami vivi; l’autorizzazione alla caccia anche in orari notturni e oltre i limiti tradizionali della stagione venatoria. Ma anche l’eventuale indebolimento del ruolo di ISPRA nella formulazione dei Calendari Venatori (come per altro già richiesto dalla Pdl Bruzzone) e l’istituzione di nuovi organi decisionali in materia faunistica. Altre modifiche proposte e abbondantemente contestate prevederebbero un diverso approccio alla materia, sancendo il passaggio della caccia da attività ludica a pratica utile alla tutela della biodiversità; la riduzione delle aree protette se superano il limite regionale del 30% di territorio protetto; la cancellazione del limite di istituzione di nuovi appostamenti fissi; il riconoscimento della licenza di caccia di cittadini stranieri per agevolare il turismo venatorio; l'estensione del periodo venabile oltre febbraio; il possibile aumento delle specie cacciabili; la possibilità di cacciare gli ungulati anche sulla neve; l'istituzione di un regime sanzionatorio per chi ostacola attività di controllo faunistico.
Reazioni allarmistiche come quelle di certa stampa (vedi FattoQ.) e degli animalisti, hanno l'obiettivo di bloccare ogni aggiornamento di una normativa che, varata più di trent’anni fa, non riflette più le mutate condizioni ambientali, agricole e faunistiche del Paese.
E' indubbio che oggi ci troviamo con una situazione diversa rispetto al 1992: un sovrannumero di ungulati in molte aree del Paese, con conseguenti danni all’agricoltura e problemi sanitari, e al tempo stesso un impoverimento della piccola fauna stanziale, legato in larga parte all’evoluzione dell’agricoltura intensiva e alla perdita di habitat. Per non parlare di un decremento importante del numero dei cacciatori praticanti, dato che sicuramente va preso in considerazione in termini di pressione sulle risorse faunistiche.
In attesa che il governo renda noto il testo definitivo del disegno di legge, resta aperta la discussione su quale equilibrio trovare tra tutela della biodiversità, gestione faunistica, attività venatoria e sicurezza pubblica. Il dibattito si annuncia acceso, anche in vista della scadenza indicata dal ministro Francesco Lollobrigida per approvare la riforma entro agosto, in tempo per l’apertura della prossima stagione di caccia.