
Il Tar dell'Abruzzo, con propria ordinanza pubblicata il 14 maggio, ha dichiarato “cessata la materia del contendere” in merito al ricorso presentato da alcune associazioni animaliste contro la delibera regionale che autorizzava la caccia di selezione a 469 cervi, di cui 142 giovani. Essendo terminata la stagione venatoria in oggetto, è ovviamente esaurita la materia del contendere.
Il Consiglio di Stato aveva rimandato la decisione di merito al Tar dopo aver accolto il ricorso cautelare delle associazioni ricorrenti, di fatto interrompendo i prelievi che erano stati validati da Ispra e ritenuti necessari per ripristinare l'equilibrio faunistico.
“L’abbattimento dei cervi non c’è stato. Questo è il vero dato da sottolineare, che per noi configura comunque una vittoria”, ha commentato l’avvocato Michele Pezone, legale dei ricorrenti. “Anche se non c’è stata una pronuncia nel merito, il risultato concreto è che nessun cervo è stato abbattuto, grazie all’intervento del Consiglio di Stato e al blocco cautelare che ha impedito l’avvio del piano.”
La vicenda, l'ultima di una lunghissima serie, ci ricorda come le associazioni anticaccia siano solite sfruttare a loro vantaggio le lungaggini della giustizia amministrativa, proponendo istanze cautelari che hanno il solo scopo di interrompere l'applicazione di strumenti di gestione ambientale. E' una forma di attivismo che nulla ha a che vedere con la legittimità dei provvedimenti, sui quali, dal punto di vista formale, spesso c'è ben poco da obiettare.