Dopo la sentenza del Tar che, su ricorso della Lac, ha determinato la chiusura della caccia nei 475 valichi montani della Lombardia (di cui circa 200 già all’interno di aree in cui la caccia è vietata), si registrano le reazioni delle associazioni lombarde.
Federcaccia definisce la notizia come "a dir poco devastante per il mondo venatorio", evidenziando la necessità per la Regione di ricorrere immediatamente al Consiglio di Stato. "E’ scandaloso che si arrivi a questo risultato, nonostante il commissario nominato dal Tar abbia informato che Ispra non dispone di dati sufficienti sulle rotte migratorie per poter individuare i valichi" precisa Fidc Lombardia. L'associazione inoltre fa notare che questa decisione giunge in un momento particolarmente delicato per la Lombardia, alle prese con l’emergenza Peste Suina Africana (PSA), per cui appare "paradossale e dannoso vietare l’attività venatoria" ai fini del contenimento della malattia.
CPA Lombardia va oltre, parlando apertamente di “attacco sistematico” contro la caccia in appostamento e l’uso dei richiami vivi a partire dai controlli serrati a chi esercita la caccia da capanno, i problemi sorti riguardo la Banca dati richiami vivi, agli anellini, alla riapertura degli Impianti di Cattura, i Roccoli. “La frase di rito è che le sentenze si rispettano, ma si possono anche appellare”, scrive l’associazione in una nota evidenziando che il divieto sui valichi non ha fondamento nel resto d’Europa e l’Italia deve armonizzare la sua legislazione venatoria. “Serve la volontà politica per riformare ISPRA e difendere un’attività che fa parte della nostra cultura rurale”.
Le associazioni lombarde chiedono un’azione urgente da parte del Governo per modificare la legge 157/92 e riformare l'Ispra.