
 La soppressione di due parole (“di cattura”) all’articolo 16 del  decreto legge 91/2014 che modifica la legge 157 del 1992, “
Norme per la  protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”, in attesa  di conversione,
 rischia di vanificare l’impegno delle Regioni verso una  forte diminuzione delle catture dei richiami vivi in natura da  utilizzare nella caccia da appostamento, 
tramite la sostituzione con  richiami di allevamento. Ciò impedirebbe di rispondere concretamente  alla procedura di infrazione in materia di richiami vivi avviata dalla  Commissione Europea e creerebbe un impatto fortemente negativo nel mondo  venatorio.
E’ questo il senso di una lettera che l’Assessore  veneto alla Caccia Daniele Stival ha inviato al Presidente del Consiglio  Matteo Renzi e ai Ministri dell’Ambiente, Gianluca Galletti, e  dell’agricoltura, Maurizio Martina, chiedendo di voler “promuovere con  urgenza ogni possibile approfondimento affinchè la conversione in legge  del decreto 91/2014 in questione contempli una modifica dell’articolo 16  che vada verso l’obiettivo della ricomposizione della procedura europea  d’infrazione e che 
rinunci a qualsiasi approccio ‘punitivo’ nei  confronti dei cacciatori, risultando anche di problematica applicazione  da parte delle Regioni”.
“Sopprimere le parole ‘di cattura’ –  sottolinea Stival –
 finisce di fatto per equiparare i richiami di  allevamento a quelli presenti in natura, rendendo così impossibile  risolvere la procedura d’infrazione specifica avviata dall’Europa e  creando un evidente danno all’esercizio del diritto da parte dei  cacciatori di svolgere l’attività venatoria”.
“In via preliminare  – scrive tra l’altro Stival nella lettera a Renzi e ai Ministri – non è  superfluo evidenziare come l’allevamento di richiami si configuri come  vera e propria attività imprenditoriale che deve, in quanto tale,  potersi esplicare nel rispetto delle prerogative costituzionalmente  riconosciute. Si tratta peraltro di attività di allevamento che, anche  sotto i profili per così dire etici, non si differenzia per nulla  dall’allevamento di uccelli a scopo ornamentale, tenuti in cattività nel  rispetto dei principi connessi alla salute e al benessere animale da  tempo riconosciuti dall’ordinamento”.