
L'Ufficio di Presidenza di Federcaccia Toscana lancia un appello per la ripresa urgente dell'aggiornamento e la 
riforma della normativa sulla caccia. "E' questa la strada maestra - dice una nota di Fidc Toscana - per restituire un quadro di certezze in un panorama decisamente deteriorato e in cui 
rischiano di dettare legge i falchi del proibizionismo di chiara marca ideologica, ciechi (finti) difronte all'evidenza che la caccia è attività utile e necessaria per una corretta gestione degli equilibri faunistici, non per ultimo per prevenire i danni alle produzioni agricole e al patrimonio ambientale".
 
Questa quindi l'unica risposta ad un quadro desolante: "calendari nel mirino di WWF, LAC e abolizionisti" con Veneto e Abruzzo, ultimi in ordine di tempo che hanno dovuto operare interventi pesanti per arginare l'intraprendenza dei rispettivi Tar. Che questo fosse "un anno all'insegna della recrudescenza delle formazioni più oltranziste della diaspora anticaccia lo si era visto sin dal tentativo di dettare uno stop generalizzato arrampicandosi sugli specchi di una stagione troppo calda" dice l'associazione venatoria toscana pensando agli allarmi sul tema siccità, con prese di posizione generalizzate sulla limitazione della caccia. Queste spinte proibizioniste per Fidc devono servire da campanello d'allarme per rilanciare il tema della riforma il più presto possibile.
 
"Esempio di questa (finta e strumentale) cecità - sottolinea la nota Fidc -  il ricorso promosso  ancora una volta nei giorni scorsi dalla LAC contro la Provincia di  Firenze e gli ATC FI 4 e FI 5 per chiedere al TAR di annullare la parte  del calendario venatorio provinciale che regolamenta la caccia al  cinghiale". "Ricorso privo di qualsivoglia appiglio e motivazione e  che certamente non potrà avere alcun esito, ma non per questo meno  grave" commenta Federcaccia che conclude: "Forse se i danni  all'agricoltura fossero pagati dalla LAC anziché con le risorse versate  dai cacciatori, sarebbero assai più cauti".