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10/01/2017 17.26 


Un comando che agli inesperti potrebbe sembrare superficiale racchiude in sé la base dell’addestramento. Si sente spesso dire ai proprietari di cani, non necessariamente cani da caccia, che il proprio amico a quattro zampe “non è corretto”. In genere questa espressione è utilizzata per significare che il soggetto in questione non mantiene, nel corso della giornata e delle varie situazioni che gli si presentano davanti, un comportamento consono alle esigenze del padrone o, più in generale, degli umani con i quali si trova ad interagire. Ciò vale sia per l’atteggiamento tenuto nei confronti di altri cani – per esempio durante una passeggiata al parco – sia, per intendersi meglio, a contatto con i membri della famiglia del proprietario.

Il comportamento del cane non educato non può essere previsto con una certa precisione, dato che molto dipenderà dall’istinto dell’animale; il quale, a seconda dei casi, giocherà in maniera irruenta con un bambino – rischiando di farlo cadere in terra – oppure ringhierà alla moglie del proprio padrone, perché magari non gli è simpatica e non la rispetta al pari del marito-capobranco. E si potrebbe continuare per ore con esempi tratti dalla quotidianità, ma tutti comunque riconducibili alla mancanza di educazione, che nel cane si traduce con mancanza di addestramento all’obbedienza.

Ciò comporta una condizione di continuo stress per il padrone e per i suoi familiari, che vedono come possibile fattore di rischio una semplice passeggiata al guinzaglio, per non parlare di un giretto al parco. Pensiamo per un attimo a quello stesso cane, che gioca con il figlio del padrone in modo troppo esuberante, prodursi nello stesso atteggiamento con un bambino estraneo al nucleo familiare: chi ha voglia di discutere con la madre/nonna del pargolo impaurito da cotanto impeto? Oppure, nel più serio dei casi, chi avrebbe mai piacere di assistere alla scena di un’automobile che investe il proprio cane mentre questi, sordo a ogni richiamo, corre a perdifiato oltrepassando il confine naturale del parco nel quale lo abbiamo sciolto? Nessuno, appunto. Ecco perché un cane maleducato – o non educato affatto – trasforma l’esperienza di avere con sé un animale domestico da piacevole e irrinunciabile ad angosciante e sgradevole, il che spesso – purtroppo – si traduce nella separazione definitiva tra la famiglia e il cane stesso.

Quanto sopra rappresenta la conseguenza estrema del vivere a contatto con un cane privo di qualsivoglia educazione. Cosa occorre fare per garantirsi un minimo di controllo sul proprio amico a quattro zampe? Esiste un comando, anzi meglio ancora un “gioco della sottomissione”, che rappresenta in sé l’abc dell’addestramento alle obbedienze. Si chiama “Terra”, ed è la base per qualsiasi tipo di rapporto si intenda instaurare con il proprio cane, sia esso da compagnia o da qualunque genere di lavoro.

Tanto per cominciare, prima di insegnare al nostro allievo il “Terra” è bene che il cane abbia appreso il comando “Seduto”, che insieme alla “Chiamata” è la prima obbedienza da ottenere. Questi come altri comandi saranno approfonditi in seguito su questa stessa rubrica. Tornando al “Terra”, per prima cosa è importante cominciare l’insegnamento in un momento in cui non si ha fretta, non si è stressati o nervosi. E’ importante ricordare come il cane percepisca i nostri stati d’animo e li assorba: pertanto, la nostra agitazione trasmessa al cane gli impedirà di concentrarsi ed apprendere.

Ciò premesso, partendo dalla posizione “Seduto” ci si inginocchi di fronte al soggetto mostrandogli una leccornia tenuta tra le dita. A questo punto, a seconda dei caratteri, potremmo assistere al cane che abbandona la posizione di “Seduto” per cercare di addentare la leccornia – nel qual caso occorre interrompere l’esercizio e ricominciare riportando l’allievo nella corretta posizione iniziale, comunque senza mai punirlo – oppure al soggetto che muove la testa in avanti con maggiore delicatezza, pur con lo stesso intento di raggiungere il boccone. A questo punto, sarà sufficiente abbassare delicatamente la mano fino a toccare il suolo per far sì che il cane segua la leccornia, abbassandosi sino a terra. Anzi, sino al “Terra”. Ed è proprio in quel preciso momento che occorrerà “chiamare” il “Terra”, con tono deciso ma non irritato, prima di lodare il cane e premiarlo con il tanto agognato premio culinario. Ripetendo ogni giorno l’esercizio una, massimo due volte, sarà facile notare una sempre maggiore collaborazione da parte del cane, una predisposizione a sdraiarsi – dunque a sottomettersi – sempre crescente. E’ importante non esagerare con lo stress – esercizi brevi, massimo cinque minuti – e poi premiare e coccolare, onde fissare nel miglior modo possibile il concetto di “azione-reazione” positiva. Col passare del tempo sarà importante allungare i tempi di mantenimento del cane nella posizione del “Terra” e, contemporaneamente, spariranno i premi gustosi da sgranocchiare, mentre rimarranno sempre complimenti e carezze, non meno agognate dall’allievo.

Una volta raggiunta la perfezione dell’esecuzione del “Terra”, si passerà al cosiddetto “Terra a distanza”, utilissimo per evitare quei fastidiosi imprevisti con le succitate mamme/nonne al parco o, addirittura, per salvare la vita del cane in presenza di pericoli da esso non percepiti (l’esempio classico è quello dell’automobile in arrivo). Anche nel caso del “Terra a distanza”, si andrà in progressione partendo da distanze ravvicinate fino a raggiungere i 100 e passa metri, a seconda della costanza dell’addestratore.

Il comando vocale “Terra” può essere accompagnato anche da un gesto – per esempio il braccio destro alzato – o un sibilo, a patto che siano sempre identici. Questi comandi “alternativi” si riveleranno molto utili – per esempio – a caccia. Basti pensare al caso di un’uscita con due cani da ferma, uno dei quali blocca la selvaggina mentre il compagno non è nelle condizioni di accorgersene, perché magari è coperto da un forteto e si sta avvicinando sopravento. Un gesto della mano, un sibilo ben conosciuto dal soggetto gli impedirà di investire accidentalmente il collega in ferma o, peggio ancora, la selvaggina, garantendo il successo dell’azione venatoria senza che il conduttore debba aprir bocca per intimare il “Terra” a voce alta, spaventando i selvatici. Lo stesso dicasi per il “Fermo al frullo”, del quale parleremo a breve in altra occasione.

Ciò che conta qui sottolineare, oltre all’indiscutibile vantaggio venatorio derivante dal “Terra”, è l’abitudine all’obbedienza generale che il “Terra” stesso inculca nella mente del cane, obbligandolo a sottomettersi al padrone-conduttore e, al contempo, a farlo rilassandosi. La posizione sdraiata, infatti, rappresenta il massimo del relax per il cane, ma è al contempo anche un gesto di sottomissione. Ecco perché, almeno agli inizi, sarà più difficile da imporre. Tuttavia, una volta superate le resistenze iniziali e ottenuta l’obbedienza al “Terra” e al “Terra a distanza”, il proprietario avrà al suo fianco un ausiliare pronto per cominciare qualsiasi tipo di addestramento al lavoro, di qualunque genere esso sia. E, di conseguenza, il suo cane sarà un cane obbediente “a prescindere”, per la gioia del capobranco umano e di tutti i suoi familiari.


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1 commenti finora...

Re: Il “Terra”, ovvero la sintesi dell’obbedienza

Grazie per i tuoi sempre interessanti articoli cinofili!

da 100%cacciatore  12/01/2017 15.27
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