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06/12/2016 14.21 

Vincenzo Frascino
 
Ciascuno di noi, che lo si ammetta o no, nelle proprie attività preferite o nelle proprie passioni, ha certamente un oggetto, una frase, un rito “portafortuna”: l’indumento jolly degli esami universitari, il quadrifoglio nel libro, la zanna di quel tal cinghiale, la frase di rito prima di avviare un’attività, passare sotto quel particolare ponte prima di un evento, etc. Conoscevo un tale che se si sentiva augurare “buona caccia” mentre si avviava col fucile in spalla immediatamente cambiava proposito e tornava a casa. La scaramanzia è molto più diffusa di quanto pensiamo, anche tra le persone più razionali. Tra i cacciatori probabilmente è ubiquitaria, che si confessi o no.

Ci sono dei segnali considerati infausti, altri propizi. Per mia naturale predisposizione sono poco incline a considerare i primi mentre sono più attento verso i segnali di buona sorte. Come spesso accade la mia buona stella era in agguato dietro una costellazione di eventi per così dire “sfortunati”.




Siamo nella scorsa stagione venatoria. Nelle battute dell’ultimo mese, sabato precedente compreso, la sorte si era presa gioco di me facendo si che, una volta alla mia destra, una volta alla mia sinistra (talvolta addirittura entrambe!) le poste accanto alla mia abbattessero uno o più cinghiali senza che a me fosse dato nemmeno l’opportunità di intravedere una setola. Sembrava un malefico sortilegio!

Mi trovo in Umbria, per la precisione in Valnerina, per una braccata con la mia squadra originaria “Gruppo Grandine” di Scheggino.

Giunto alla mia posta vedo sfilare davanti a me gli altri amici diretti nel fosso e li saluto con un sincero “In bocca al lupo!”. Inizio a osservare il trottoio che devo coprire: è battuto, ma non più di tanto. Per migliorarne la visuale taglio con le forbici da pota alcuni rametti frondosi, abitudine appresa dalle battute nell’aspra macchia maremmana e, sempre in onore alle pratiche maremmane, controllo la direzione del vento, attore non protagonista ma decisivo nella caccia al cinghiale. Sono a vento buono, per fortuna! Sposto dal suolo le foglie secche che rischiano di denunciare ogni mio minimo movimento dei piedi. Poso il fodero della carabina sul ramo di un leccio e accendo il mio punto rosso regolandone l’intensità  in base alla luce presente.

Alla sciolta dei cani l’usta mattutina viene subito reperita dal loro tartufo e dopo un rapido accostamento, un fragoroso abbaio a fermo indica lo scovo degli animali. Le prime canizze si dirigono in basso, lungo il fosso, ed è proprio lì che vengono fermati i primi cinghiali. Mentre mi arrovello in questi sterili pensieri, la mia attenzione è attratta dal rosso punteggiato di nero di una coccinella che occhieggia vermiglia, affianco alla cordura verde campo del fodero della mia carabina.




La faccio delicatamente salire sul dito indice e, in un muto e buffo faccia a faccia le dico nei miei pensieri “Dicono che porti fortuna: allora, dai! Oggi è la tua occasione per dimostrarlo!” Poso la coccinella sulla foglia di un leccio. Trascorre qualche veloce minuto. “Crack!” Un rumore sospetto attira la mia attenzione. Non sono certo di cosa si tratti, potrebbe essere un cinghiale, ma non posso escludere che sia un cane, sebbene tutti i cani della squadra portino un campano al collo. Dopo pochi istanti un altro “crack!” e, subito, nel fitto della macchia, un’ombra. Appena entra nel cono di visibilità che ho ritagliato tra i rami, si delinea il cinghiale.

La palla 30.06 Vulcan della Norma inchioda sul posto l’animale. Si tratta di un cinghiale di una quarantina di chili. Mentre per radio i canai chiedono quali cani fossero sulle tracce del cinghiale fermato, inizio a udire i cani e in men che non si dica tre ausiliari di Andrea raggiungono l’animale per prendersi la loro rivalsa. “Alleluja!” esulto tra me e me “non ho certo abbattuto il verro della vita, ma almeno oggi si è finalmente interrotto lo sfortunato carosello di battute assurde in cui la buona sorte veniva a sfiorarmi senza mai farsi afferrare!”.

Preso da fanciullesco istinto di andare a ringraziare la coccinella non la trovo più sulla foglia dove l’ho lasciata. Solo dopo un po’ la scorgo accanto al bossolo, come a voler reclamare, piccola e impettita, la sua magica influenza sul buon esito di questa giornata di caccia.
 
 
Foto e testi di Vincenzo Frascino
 
 
 

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2 commenti finora...

Re: Non è vero… ma ci credo

Complimenti Vincenzo. E' si rientra anche nella mia attuale indole,una leggera propensione alla scaramanzia.
Non ci credo manco io però è più forte di me,da un mese che ripeto rituali ed abitudini e da un mese a questa parte che ogni settimana la Bar 30-06 tuona............
Viva Maria

da Massy  14/12/2016 9.41

Re: Non è vero… ma ci credo

Bravo! Simpatico racconto. Questa è l'ironia della sorte...

da l.b.  07/12/2016 11.45
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