Ecco, ha inizio il circo mediatico! Che l’orsetta “Morena” fosse destinata, in un modo o nell’altro, volenti o nolenti, ad attrarre il turismo o farne oggetto mediatico si era capito fin dall’inizio; non perché le autorità avessero questa intenzione, ma perché era la logica conseguenza delle cose a renderla inevitabile, a farci capire che così sarebbe stato. Se si spara al cielo, come non prevedere la ricaduta a terra della pallottola?
Il Parco Nazionale d’Abruzzo ha diffuso un invito alle sigle ambientaliste ed amanti dell’orso e del Parco d’Abruzzo per assistere ad un incontro con “un esperto” proveniente dagli USA (in vacanza in Italia? O, in caso contrario, a spese di chi? Soldi dei Progetti Life o provenienti dalle esauste casse dell’Ente Parco?) che giovedì 5 agosto dirà pubblicamente come “rimettere” in natura l’orsetta “Morena”. Noi non ci saremo, perché l’ovvietà ci dice di non partecipare al circo mediatico che ha avuto inizio dopo la sua cattura. Né siamo curiosi di conoscere le, appunto, ovvietà che inevitabilmente ci verrà a narrare l’esperto, perché per liberare un orsacchiotto pensiamo che bisognerebbe solo farlo uscire dalla gabbia o recinto in cui si trova relegato e dargli la libertà nei luoghi dove è nato. Anzi, meglio, noi ribadiamo che da quel luogo non andava portato via se gli si voleva dare una chance di salvezza: la madre, se non era morta, non lo avrebbe mai abbandonato e lo avrebbe potuto ritrovare.
E se l’orsacchiotto aveva semplicemente lasciato la tana per propria iniziativa “d’avventura”, sempre la mamma lo avrebbe prima o poi ritrovato. Ed infine, se la mamma era morta, avrebbe avuto ottime possibilità di salvarsi da solo, come stanno a dimostrare i tanti casi similari al mondo (senza andare lontano, i figli della nota “Daniza”, in Trentino, dopo l’uccisione della madre non solo non sono morti, ma hanno anche poi superato il rigido inverno delle Alpi). Come per i bambi creduti “persi”, la cui migliore protezione è non toccarli, così doveva valere per l’orsetta che, caso mai e per mero scrupolo, la si doveva relegare in un improvvisato recinto là dove era stata trovata. Tutto qua.
Certo che ora, dopo gli inevitabili mesi di cattività e contatti con l’uomo cui è stata costretta e sarà ancora destinata, per almeno tentare di “reimmetterla” ci vorranno degli accorgimenti; ovvio, ma accorgimenti che si potrebbero adottare semplicemente usando il buon senso. E non crediamo che ci fosse bisogno di scomodare un esperto dall’America per farlo. Ma tant’è: attacca l’asino dove dice il padrone, dice un vecchio proverbio abruzzese. Non ci resta che stare a vedere, non quanto dirà l’esperto, ma quanto sarà poi fatto fino alla sua liberazione; augurandoci che possa avere successo, anche se certamente “Morena” sarà poi munita di radiocollare da dover poi sostituire periodicamente per adattarlo alla crescita.
Noi diciamo più semplicemente. Bastava non catturarla! E la cosa più semplice (meno traumatica ed anche meno costosa!) sarebbe stata quella di curarla (o rifocillarla) lasciandola in un recinto provvisorio là dove fu trovata. Ed ogni accorgimento, là predisposto.
Invece finiremo per avere ormai l’ennesimo orso problematico in giro per i paesi d’Abruzzo e poi magari relegato per tutta la vita in un recinto ad attrarre turisti. E fortuna che oggi c’è un team di esperti (?) che ci lavora… e ci lavorerà soprattutto dopo la liberazione; e qualcuno li dovrà pure mensilmente pagare!
Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness