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04/11/2022 

1. Al solito in Italia con la scusa della gestione, anziché risolvere i problemi della fauna selvatica si "gioca" con gli animali. E chi paga è sempre il mondo rurale, mentre altri ci guadagnano grazie a fondi europei, che per studi e ricerche si trovano sempre. In Piemonte hanno catturato un ibrido di lupo, ma talmente ibrido che se non fosse per la necessità legale di avere la certezza di essere di fronte ad un ibrido, non era neppure il caso di fare un'analisi del dna. Eppure: catturato, sterilizzato, analizzato il dna, munito del solito radiocollare (non si capisce a che pro – salvo per i ricercatori, che certamente non gratuitamente, lo monitoreranno) e poi... LIBERATO! Ecco, così qualcuno pagherà i danni che prima della sua morte naturale (che potrebbe giungere tra non pochi anni) quell’ibrido sicuramente arrecherà ai pastori delle Alpi Cozie.  Se la legge protegge il lupo, non si capisce per quale ragione l'animale non si poteva, non dico sopprimere, ma almeno tenere in cattività (ci sono finanche lupi veri in cattività, e nessuno dice nulla: non ci poteva stare anche un ibrido?). Certo, tenendolo in cattività avrebbero dovuto mantenerlo a spese della pubblica autorità (magari sottraendo soldi ai Life degli studiosi); messo invece in libertà, pagherà qualche pastore di pecore, qualche cacciatore con i suoi cani, o qualche cittadino che possieda animali domestici in libertà. Ecco, questo è un altro esempio della sragionevolezza italiana e dell’imperversante nostra politica animalista!

2. L’AIW riceve, condivide e diffonde (il neretto tra parentesi è una precisazione dell’AIW): «L’ABOLIZIONE DELLA CACCIA SPORTIVA NON PROTEGGE GLI ANIMALI. Oltre centotrenta scienziati di tutto il mondo esprimono la loro preoccupazione per la deriva animalista di molti governi. «La caccia sportiva, soprattutto la caccia grossapraticata in Africa od in altri paesi in via di sviluppo è sotto pressione da parte delle associazioni animaliste e diversi paesi (Australia, Francia Olanda) hanno già emesso provvedimenti restrittivi sull'importazione dei trofei di caccia. Tali misure dovrebbero avere la finalità di favorire la conservazione della fauna, ma al contrario, esistono convincenti evidenze che l’abrogazione della caccia sportiva avrebbe conseguenze negative sulla fauna selvatica stessa. In Africa sono molti di più i territori naturali sottoposti a regime venatorio di quelli a parco nazionale e la fine di questa attività comporta il rischio di una trasformazione di queste aree selvagge (che se oggi producono economia mediante la caccia, rischiano di essere colonizzate a fini agricoli se cessa questa loro resa, e gli animali sterminati dal bracconaggio per fini economici) con una conseguente perdita di biodiversità. Certamente una caccia mal regolata mette in pericolo le popolazioni animali, ma la soluzione non è il divieto, ma una sua migliore regolazione e gestione. Molte esperienze hanno dimostrato che una attività venatoria ben regolata e basata su presupposti biologici ha effetti positivi per molte specie (rinoceronte, argali, big horn e molti ungulati africani). La caccia al trofeo è fonte di reddito per molte popolazioni rurali specie nelle aree troppo remote e selvagge per attirare altre forme di eco-turismo. Per questo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura  (IUCN) sostiene che una buona regolazione e gestione di questa attività ha effetti positivi sulla fauna. Gli scienziati che hanno sottoscritto la lettera pubblicata sulla prestigiosa rivista 𝙎𝙘𝙞𝙚𝙣𝙘𝙚 concludono che, sebbene molti ritengono la caccia al trofeo una attività ripugnante, le politiche di conservazione che non sono basate sulle evidenze scientifiche sono pericolose per la conservazione degli habitat e della biodiversità e rischiano di danneggiare e impoverire le comunità rurali.»

3. «La vittoria di Lula alle elezioni presidenziali brasiliane» rappresenta una svolta «cruciale per i popoli indigeni e le loro terre», ha scritto Survival International in un proprio comunicato. Come non condividerlo? Le sconfitte prima di Trump negli USA ed oggi di Bolsonaro in Brasile sono certamente una garanzie tanto per i popoli nativi quanto per la Wilderness. L’AIW non può che condividere e, facendolo, non vuole schierarsi politicamente, ma semplicemente prendere atto dei fatti. Ed i fatti in politica contano sempre più delle idee alla luce delle mistificazioni di cui gli uomini politici sono campioni in tutto il mondo. Per cui sono i fatti che vanno giudicati, non accontentarsi delle parole. Giustamente, così prosegue Survival International: «Ci auguriamo che si traduca in un’inversione di rotta, quanto mai necessaria, dopo 4 anni di attacchi devastanti e criminali. È una questione di vita o di morte per i popoli indigeni del paese; per i popoli incontattati, in particolare, potrebbe fare la differenza tra la sopravvivenza o la completa distruzione. Negli ultimi 4 anni, i popoli indigeni del Brasile hanno dovuto affrontare il peggior governo anti-indigeno dai tempi della dittatura militare. Lula ha promesso che ribalterà la situazione e che garantirà che i diritti indigeni siano rispettati e i loro territori demarcati e protetti, mettendo così fine alla guerra scatenata contro di essi dal governo Bolsonaro. Lula si è impegnato a intraprendere azioni concrete per contrastare i livelli di deforestazione senza precedenti e l’impennata di omicidi di indigeni e di attacchi alle loro comunità, causati delle politiche e delle azioni genocide e razziste del governo Bolsonaro, il cui fine ultimo era aprire i territori indigeni all’agrobusiness, al taglio del legno e alle attività minerarie. Accogliamo con favore gli impegni presi da Lula ma non ci aspettiamo una svolta immediata. La sua squadra dovrà ricorrere a volontà politica e risorse notevoli per rimediare ai danni profondi arrecati negli ultimi quattro anni alle istituzioni preposte alla tutela dei territori indigeni dagli invasori. Inoltre, molti politici anti-indigeni hanno ottenuto posizioni chiave al Congresso, pertanto Lula e la sua squadra dovranno confrontarsi con una feroce opposizione che ostacolerà qualsiasi sforzo di far rispettare la Costituzione e proteggere i territori indigeni per loro uso esclusivo. Nel frattempo, le forze politiche e i mercati mondiali che alimentano il genocidio dei popoli indigeni del Brasile continueranno, aggressivi come sempre.»  
 
 
 

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