Logo Bighunter
  HomeCacciaCaniFuciliNatura
Editoriale | Blog | Eventi | Meteo | I Video | Sondaggi | Quiz | Le Leggi | Parlano di noi | Amici di Big Hunter | Amiche Di Big Hunter | Solo su Big Hunter | Tutte le news per settimana | Contatti | BigHunter Giovani | Sondaggio Cacciatori |
 Cerca
Archivio
<dicembre 2024>
lunmarmergiovensabdom
2526272829301
2345678
9101112131415
16171819202122
23242526272829
303112345
Mensile
dicembre 2024
novembre 2024
ottobre 2024
settembre 2024
agosto 2024
luglio 2024
giugno 2024
maggio 2024
aprile 2024
marzo 2024
febbraio 2024
gennaio 2024
dicembre 2023
novembre 2023
ottobre 2023
settembre 2023
agosto 2023
luglio 2023
giugno 2023
maggio 2023
aprile 2023
marzo 2023
febbraio 2023
gennaio 2023
dicembre 2022
novembre 2022
ottobre 2022
settembre 2022
agosto 2022
luglio 2022
giugno 2022
maggio 2022
aprile 2022
marzo 2022
febbraio 2022
gennaio 2022
dicembre 2021
novembre 2021
ottobre 2021
settembre 2021
agosto 2021
luglio 2021
giugno 2021
maggio 2021
aprile 2021
marzo 2021
febbraio 2021
gennaio 2021
dicembre 2020
novembre 2020
ottobre 2020
settembre 2020
agosto 2020
luglio 2020
giugno 2020
maggio 2020
aprile 2020
marzo 2020
febbraio 2020
gennaio 2020
dicembre 2019
novembre 2019
ottobre 2019
settembre 2019
agosto 2019
luglio 2019
giugno 2019
maggio 2019
aprile 2019
marzo 2019
febbraio 2019
gennaio 2019
dicembre 2018
novembre 2018
ottobre 2018
settembre 2018
agosto 2018
luglio 2018
giugno 2018
maggio 2018
aprile 2018
marzo 2018
febbraio 2018
gennaio 2018
dicembre 2017
novembre 2017
ottobre 2017
settembre 2017
agosto 2017
luglio 2017
giugno 2017
maggio 2017
aprile 2017
marzo 2017
febbraio 2017
gennaio 2017
dicembre 2016
novembre 2016
ottobre 2016
settembre 2016
agosto 2016
luglio 2016
giugno 2016
maggio 2016
aprile 2016
marzo 2016
febbraio 2016
gennaio 2016
dicembre 2015
novembre 2015
ottobre 2015
settembre 2015
agosto 2015
luglio 2015
giugno 2015
maggio 2015
aprile 2015
marzo 2015
febbraio 2015
gennaio 2015
dicembre 2014
novembre 2014
ottobre 2014
settembre 2014
agosto 2014
luglio 2014
giugno 2014
maggio 2014
aprile 2014
marzo 2014
febbraio 2014
gennaio 2014
dicembre 2013
novembre 2013
ottobre 2013
settembre 2013
agosto 2013
luglio 2013
giugno 2013
maggio 2013
aprile 2013
marzo 2013
febbraio 2013
gennaio 2013
dicembre 2012
novembre 2012
ottobre 2012
settembre 2012
agosto 2012
luglio 2012
giugno 2012
maggio 2012
aprile 2012
marzo 2012
febbraio 2012
gennaio 2012
dicembre 2011
novembre 2011
ottobre 2011
settembre 2011
agosto 2011
luglio 2011
giugno 2011
maggio 2011
aprile 2011
marzo 2011
febbraio 2011
gennaio 2011
dicembre 2010
novembre 2010
ottobre 2010
settembre 2010
agosto 2010
luglio 2010
giugno 2010
maggio 2010
aprile 2010
marzo 2010
febbraio 2010
gennaio 2010
dicembre 2009
novembre 2009
ottobre 2009
settembre 2009
agosto 2009
luglio 2009
giugno 2009
maggio 2009
aprile 2009
marzo 2009
febbraio 2009
gennaio 2009
dicembre 2008
novembre 2008
ottobre 2008
settembre 2008
agosto 2008
maggio 2008
aprile 2008
marzo 2008
febbraio 2008
gennaio 2008
dicembre 2007
novembre 2007
ottobre 2007
settembre 2007
agosto 2007
luglio 2007
giugno 2007
giu7


07/06/2019 9.34 

 
La vita andrebbe sempre vissuta due volte. La prima vita dovrebbe servire per fare esperienza, mentre la seconda  per metterla in pratica. Anche se mi reputo un discreto cacciatore, quando sono andato in Spagna per cacciare la capra Hispanica bastava un niente per farmi agitare. Prima della partenza mi preoccupava il volo, lo sdoganamento delle armi, la conformazione del territorio e la competenza degli accompagnatori e m’impensieriva anche l’alimentazione e il clima che avrei trovato. Ma quando si è presentata l’occasione di ritornare sulla Sierra, l’avventura è stata, se così si può dire, tutta in discesa. Quando raccontai la mia precedente esperienza in Spagna ad  alcuni amici veramente appassionati sapevo che stavo contagiandoli  con un infido “virus  venaticus”. Era matematicamente scontato che qualcuno di loro, tra i più intraprendenti, già meditava di ripetere, e al più presto, la mia esperienza. Così, ben presto, mi ritrovai al terminal B dell’aeroporto di Barcellona in compagnia di Paolo. Ritirare armi e bagagli, pagare le tasse aereoportuali e prendere la navetta giusta, non ci portò via neanche mezzora. Praticamente lo stesso tempo che impiegò Franco Lunardelli, l’allora titolare de Lachurra (l’agenzia di viaggi venatori che ci ha aperto le porte per cacciare in Spagna), per trovare un parcheggio per la macchina.

Ad aprile in Catalogna faceva ancora freddo, ma alla fine di maggio, quando giungemmo a Vinaros, il termometro sfiorava i trenta gradi. Pensai che forse il maglione che mi ero portato dietro avrei potuto tranquillamente lasciarlo a casa! Durante tutta la vita il mio incubo peggiore è sempre stato quello di trovarmi sul terreno di caccia ed accorgermi di aver dimenticato qualcosa. Così, alla vigilia di ogni battuta, la cura dei preparativi è sempre maniacale. Anche se Paolo era l’unico che aveva dietro un’arma, prima di coricarmi ricontrollai più volte le attrezzature di entrambi. Il mio zaino sembrava il marsupio di Eta Beta. Non credereste mai cosa riuscii a metterci dentro. Il mattino seguente partimmo per la Sierra Vallivana io, Paolo, Pedro (il socio spagnolo di Franco) e una guardia forestale, che neanche a farlo apposta si chiamava Pedro anche lui. Soltanto il Mithsubishy L 200 bianco e la strada sterrata che prendemmo erano gli stessi dell’altra volta. Con la scusa che soffrivo di mal d’auto, riuscii a sedermi davanti. Fu un modo egoistico per godermi meglio quello splendido paesaggio. Lungo il tragitto fummo fortunati perché avvistammo molte capre. Erano quasi tutte  femmine con i piccoli, ma intravedemmo anche qualche giovane maschio, così ne approfittai per scattare alcune foto e per fare addirittura una piccola ripresa con la videocamera. Dallo specchietto retrovisore vedevo Paolo che era teso come una corda di un violino. Effetto capra? Credo che nessuno sia immune al brivido della caccia in montagna, neanche chi, come lui, che aveva già all’attivo cinque bufali ed un elefante.
 
 

Cacciare in quel periodo e con un simile caldo, oltre che essere poco piacevole, ci spronava anche a procedere veloci. Non ci fu bisogno che lo dicesse la nostra guida, che da lì ad un paio d’ore tutti gli abitanti della Sierra si sarebbero rintanati all’ombra, tra le fresche rocce, per proteggersi dal sole implacabile. Attraversammo la valletta dove una ventina di giorni prima avevo catturato la mia capra, aggirammo un piccolo monte e parcheggiammo il fuoristrada a ridosso di un vecchio pino solitario. Non ho molta simpatia per le “carovane”, tanto meno quando si è a caccia, così declinai l’offerta che mi fecero Paolo e Pablo il guardia caccia di seguirli, per andarmene, assieme all’altro Pablo, ad esplorare il versante verso mare. In quel modo, oltre a non disturbare la loro caccia,  speravo di aiutare Paolo controllando un’altra zona. Ci saremmo tenuti in contatto con i telefoni cellulari.

Dopo esserci scambiati i classici “in bocca al lupo”,  una coppia prese verso destra mentre io e Pablo, zaini in spalla, cominciammo a salire verso sinistra. Cosa avrei dato per poter avere sulle spalle una bella carabina, magari anche una replica in plastica! Invece dovetti accontentarmi d’impugnare soltanto il mio bel binocolo “classicissimo da montagna”, che era appena  rientrato da una messa a punto in completa garanzia. Un po’ per deformazione professionale, un po’ per illudermi che a tutti gli effetti stavo cacciando anch’io, adottai la classica tecnica della caccia alla cerca: camminare poco e binocolare tanto, stando sempre attento alla direzione del vento e ai movimenti insoliti. Pablo mi seguiva con un ventesimo del mio entusiasmo. Per lui la Sierra era sinonimo soltanto di tordi e pernici e, al limite, di qualche sporadica beccaccia. Durante una breve sosta mi confidò addirittura che non aveva mai posseduto una carabina!  Com’era possibile che un cacciatore  appassionato come lui fosse immune alla “febbre” della caccia a palla?
 

Scattai qualche foto al panorama mozzafiato, decisi che valeva la pena fare anche una piccola ripresa e, come riposi l’attrezzatura cine–foto nello zaino ed impugnai di nuovo l' 8 x 30, nelle limpidissime lenti apparvero quattro splendidi maschi di capra Hispanica. Non era trascorsa neanche mezzora da quando c’eravamo messi in marcia che sul crinale opposto al nostro pascolavano beati quattro animali da trofeo. Io e Pablo ci sdraiammo fulminei tra i cespugli di timo, lavanda e rosmarino e prima ancora di valutare bene i selvatici, misurai la distanza. Il display del mio telemetro segnò 216 metri. Strano ma vero, quasi mi preoccupai di averli troppo vicini. Non avevo la minima idea di dove fossero e cosa stessero facendo Paolo e Pablo (1), ma decisi ugualmente di chiamarli. Paolo rispose al secondo squillo: “Novità?”, “Una e pure grossa. Ho quattro maschi a tiro e tutti portatori di buoni trofei”. “Beati voi. Noi ancora non abbiamo visto niente”. Mi fece passare Pablo (1) e dopo avergli spiegato dove si trovavano gli animali, in men che non si dica, decidemmo che forse potevano tentare di raggiungerci. Ipotizzammo che ci avrebbero messo una mezzora, quando invece ce la fecero in venticinque minuti.

Nel frattempo le quattro capre si erano addirittura avvicinate. Paolo era ben allenato, ma a sessant’anni camminare veloce su quelle pietraie e con quel caldo non era stato certo uno scherzo. Lo lasciammo a riprendere fiato, mentre io e Pablo (1), da buoni “professionisti”, iniziammo una seria valutazione dei maschi. Furono sufficienti pochi minuti per riconoscere il migliore come il primo sulla destra. Chiamai Paolo, gl’indicai il  capo d’abbattere e gli comunicai la distanza: 155 metri esatti. Conoscendolo da trent’anni, sapevo che non c’era bisogno di dirgli altro. Lo vidi estendere al massimo il bipiede montato sulla sua Weatherby Vanguard calibro 270 Winchester, regolare a dodici gli ingrandimenti del variabile e con una calma innaturale mettersi in punteria. Quasi mi dimenticavo che avevo dietro la videocamera, così, velocissimo, la presi e mi preparai anch’io. Pochi secondi dopo, il silenzio ovattato che regnava nella Sierra venne infranto dal ruggito della 270, ed io, anche se sobbalzai, riuscii ugualmente a vedere e a riprendere il grande maschio che si abbatteva al suolo. L’urlo che ne seguì non fece onore alla nostra fama di esperti e vissuti cacciatori! Gli altri maschi fuggirono verso la cima scomparendo in pochi attimi, ma dalla nostra posizione anche quello colpito non riuscivamo più a vederlo.

Conscio sia dell’abilità di Paolo come tiratore sia della micidialità delle “mie” Nosler Partition da 130 grani, non mi aspettavo comunque brutte sorprese. Pablo (1), senza farsi incitare, scattò come un camoscio e lo vedemmo con pochi salti raggiungere agevolmente l’anshuss. A noi  invece ci vollero dai quindici ai venti minuti!
 

Il “macho di cabra montès” era lì dove speravamo che fosse. Doveva essere passato dalla vita alla morte senza neanche accorgersene. Il nostro guardacaccia ci confidò che la settimana precedente un cacciatore francese per abbatterne uno aveva dovuto tirargli quattro colpi di 7 Remington Magnum. La nostra capra era bellissima. La stimammo sui dieci anni e abbondantemente “medaglia di bronzo”. Aveva un trofeo tipico, scuro e simmetrico, proprio come Paolo l’aveva sempre desiderato. Io per abbattere la mia capra avevo tribolato per un paio di giorni, mentre lui aveva concluso la caccia dopo poco più di un’ora di caccia. Che fosse dipeso dalla fortuna, dalle particolari condizioni meteorologiche o dalla perfetta sintonia dei quattro cacciatori poco importava. L’importante era, che avevamo fatto un abbattimento corretto e che io potevo mettermi tranquillamente all’opera con i miei “skinner” per recuperare il pregiatissimo trofeo.

E così il ritorno alla Sierra, oltre ad essere stato piacevolissimo, fu anche coronato dal successo. Il nostro morale era alle stelle e tutti già pregustavamo il lauto pranzo ed i festeggiamenti che ne sarebbero seguiti. Ancora una volta mi stupì quanto la caccia potesse accomunare le persone. Era bastato trascorrere pochissimo tempo con i nostri due nuovi amici, che già sapevo che, quando sarei rientrato in Italia, immancabilmente ne avrei sentito la mancanza.

 
Marco  Benecchi     
 
 

Tags:

Tuo Nome:
Titolo:
Commento:


172.70.134.184
Aggiungi un commento  Annulla 

9 commenti finora...

Re: Ritorno alla Sierra

x Lillo quella è la caccia degli sfigati come te! ladro di castagne ah ah ah ma sto idiota da dove salta fuori ahhahhah camminare per km ahahahha rubare le castagne ahahah evolviti VECCHIO LADRO !!

da ah ah ah  17/06/2019 8.18

Re: Ritorno alla Sierra

L'hai mai provata Questa o un'altra caccia simile?

MB

da Marco B x Lillo  15/06/2019 18.52

Re: Ritorno alla Sierra

Andare da solo per boschi senza navigatore ,camminare per km .al massimo un paio di cani e portare a casa cinghiale e altro ungulato assieme ad un cesto di castagne. Vi sedete sul cucuzzolo avete fucili ultramoderni la selvaggina ve la raccolgono gli schiavetti e ancora parlate di vera caccia?

da Lillo  15/06/2019 16.16

Re: Ritorno alla Sierra

e quale sarebbe la caccia difficile sig Lillo?

da Tommy  15/06/2019 7.35

Re: Ritorno alla Sierra

E cosa ci vuole a caciare cosi'? Caccia fin troppo facile.

da Lillo  13/06/2019 15.44

Re: Ritorno alla Sierra

ho cacciato al beceipe vicino Valencia. caccia facile ma molto divertente prezzi FUORI MERCATO. meglio tirare qualche femmina più divertente e sportivo!

da Luigi  11/06/2019 14.58

Re: Ritorno alla Sierra

Hah ah ahah hah ahahah la capra ha ha ha quanto lle' bona alla bracce.

da Efisio  08/06/2019 18.04

Re: Ritorno alla Sierra

No, non ci sono più tornato a caccia, solo come turista.......
Una volta presa l'Hispanica, la Macho Montes, ho altri selvatici in altre nazioni da "inseguire"
M

da Marco B x Bansberia  07/06/2019 13.57

Re: Ritorno alla Sierra

Racconto buono come al solito. E poi non hai cacciato più in Spagna?

da bansberia  07/06/2019 13.40
Cerca nel Blog
Lista dei Blog