L'Amnvi racconta la vicenda accaduta ad un veterinario della provincia di Ravenna, condannato per maltrattamento animale per avere tagliato la coda di tre cuccioli di cani da caccia e per falso per avere poi compilato un certificato ritenuto fasullo. La pena ammonta a 8 mila euro di multa per lui, più 5 mila euro per il padrone dei cani, un allevatore. I fatti risalgono a dicembre 2011, quando all'allevatore, che subì un incursione del servizio veterinario di Forlì, furono contestati inadeguati metodi di custodia per i suoi 80 cani.
L'operazione portò anche al sequestro dei piccoli caudetomizzati, più la madre e tre fratellini nati senza coda. La toppa è stata peggiore del buco, visto che cinque di loro morirono nel canile a causa di un'infezione; e l'ultimo, affidato in custodia, fu rubato nel luglio 2012. Dagli accertamenti era intanto emerso che la caudotomia era stata eseguita il 14 dicembre a Sant'Antonio quando avevano un paio di settimane di vita, cioè oltre gli 8-10 giorni entro i quali per i soli cani da caccia esiste una deroga alla specifica norma che vieta l'amputazione della coda a qualsivoglia animale.
E che il certificato veterinario, del 2 gennaio, riferiva di una necessità legata a una grave necrosi in atto senza possibilità di cura farmacologica. Per la difesa (avvocati Paola Monaldi e Carlo Benini) non ci sarebbe stato alcun motivo per mentire (da qui l'opposizione a un primo decreto penale di condanna). In particolare il secondo legale - a sua volta allevatore di cani da caccia e giudice di 2°¸ grado al consiglio di disciplina dell'Enci - ha anche chiesto di riesumare i cinque cuccioli e di riaprire il fascicolo, già archiviato, legato al loro decesso e partito con la denuncia fatta dal proprietario. Richiesta però respinta dal giudice che si è dato 90 giorni per motivare.