Sul lupo sono in corso da anni manovre di gestione (Piano lupo) perennemente influenzate dal mondo animal ambientalista nostrano, che, contrariamente a ciò che accade ormai in ogni altro Paese Ue, continua ad ostinarsi su posizioni unicamente protezioniste, ignorando i numeri e le statistiche ormai non più contestabili. Sul tema pubblichiamo il seguente intervento dell'Associazione Italiana per la Wilderness, un contributo utile a nostro avviso, a farsi un'idea sull'odierna situazione in Italia rispetto a questo predatore.
Quando l’impegno animal-ambientalista trasforma in problema un fatto giusto, e una cattiva gestione finisce per peggiorarlo; e per nascondere gli errori poi si oblia il recente passato
Lo scorso 14 novembre, l’eurodeputato Pietro Fiocchi ha promosso un incontro a Roma tra associazioni e comitati rurali per discutere del problema del lupo e del suo rapporto con gli allevatori, con speciale riferimento al Piemonte. Al convegno hanno partecipato anche il Sottosegretario di Stato senatore Patrizio Giacomo La Pietra e il Vicecomandante dei Carabinieri Forestali Generale Donato Monaco. Per l’Associazione Wilderness ha presenziato il noto zoologo Spartaco Gippoliti, che, in merito, ha espresso la propria posizione, peraltro assolutamente lineare con quella dell’associazione, sia sulla reale presenza numerica del lupo in Italia, sia sul fenomeno dell’ibridismo e conseguentemente sul rischio di un inquinamento che potrebbe divenire irreversibile per la sottospecie italiana; espressioni che sono state molto apprezzate sia dagli organizzatori del convegno, sia dai rappresentanti delle sigle presenti.
Fondamentalmente è stato espresso un netto NO al “piano lupo”, ritenuto “inadeguato a contrastare l’aumento dei danni provocati dai lupi alle aziende zootecniche”. Pietro Fiocchi in particolare ha tenuto a precisare come il progetto Life WolfAlps “abbia di fatto esaurito in gran parte i suoi compiti”, e che i soldi spesi dall’Unione Europea per finanziarlo sarebbe meglio se venissero dirottati a “risarcire adeguatamente i danni subiti dagli agricoltori e dagli allevatori e alla tutela della biodiversità”. Una posizione condivisibile, anche perché del lupo ormai si sa tutto e di più. Una critica, quella espressa dall’eurodeputato, che ora diviene qui spunto per un commento aneddotico su un passato ancora vicino (anni ’90), ma su cui tanti tacciono o, peggio, hanno fatto dimenticare, evitando finanche di citare i fatti relativi al perché dell’improvviso “ritorno” del lupo in Piemonte e poi su tutto l’arco alpino.
A partire da quegli anni, e in crescendo, i ricercatori hanno studiato di tutto su questo lupo “alpino”, dall’etologia alla biologia all’effetto ed utilità delle sue predazioni (almeno sulle popolazioni di erbivori selvatici); ma sui loro saggi, pubblicazioni e rapporti non si trova mai uno straccio di serio ragionamento sul come si siano potuti creare i primi focolai dell’animale (e che focolai: non uno o due individui, ma improvvisi interi branchi!).
L’unico fatto che NON è MAI STATO STUDIATO è infatti proprio il come si sia verificato il ripopolamento alpino, dando sempre per assodato (senza uno straccio di prova, se non inconfutabile, almeno tale, sulla base di fatti e segnalazioni risalenti a quel periodo!) che si sia formato con esemplari risaliti dall’Appennino (a quell’epoca si diceva e scriveva, sia in Italia che in Francia, addirittura: “dall’Abruzzo”!). E quindi senza una necessità di indagine (cosa poco seria per degli studiosi del comportamento animale, specie nei casi di loro comparsa in aree prima disabitate: per cui, in questi casi, stabilire la loro provenienza dovrebbe SEMPRE essere il primo obiettivo di ogni ricerca, cercandone le prove; e non già dando per scontato quella che finisce per divenire una mera semplice vulgata, peraltro partigiana!).
Eppure, a partire dagli anni ’90, quando Franco Zunino allarmò (vanamente!) il mondo ambientalista sulla “IMPROVVISA” apparizione di esemplari fenotipicamente discutibili, e di BRANCHI, di lupi nelle Alpi piemontesi sud-occidentali senza che mai alcun esemplare di lupo abbia fatto segnalare la sua presenza nella intera provincia di Savona (ma anche di parte delle limitrofe, a Est, di Genova e, ad Ovest, di Cuneo, anello territoriale di congiunzione che eppure i lupi avrebbero dovuto inevitabilmente attraversare; e dove l’alta presenza di selvaggina avrebbe dovuto inevitabilmente farne segnalare il passaggio).
Una presenza che poi, ma solo diversi anni dopo, di verificò: ma con segnalazioni progressive che ebbero provenienza dalle Alpi occidentali VERSO gli Appennini (documentate finanche da comandi delle stazioni di Carabinieri!) e non già dagli Appennini verso le Alpi; e questo nonostante quanto riferito in audizione da Franco Zunino avanti la Commissione di inchiesta del Parlamento francese – presente il Prof. Luigi Boitani con il quale ci fu un fervido contradditorio davanti agli stessi commissari! – che portò poi la stessa Commissione a stabilire che probabilmente quelle prime segnalazioni di lupi lungo la frontiera franco-italiana erano, come sosteneva Franco Zunino, conseguenza di inopportune (e forse illegali!) liberazioni di esemplari sul versante francese delle Alpi!
Una presenza di individui insolitamente “strani” (ne fu anche segnalato uno con radiocollare!) che da allora Zunino ha sempre evidenziato, in quanto preoccupato del fatto che si stava mettendo a rischio l’integrità e biodiversità del Lupo appenninico (Canis lupus italicus). Rischio oggi non più tale, in quanto poi realizzatosi (come ormai stanno dimostrando le tante segnalazioni di ibridi in tutte le Alpi e lungo tutto l’Appennino), e che fin da allora è stato la ragione PRIMARIA dell’opposizione dell’AIW all’espansione nelle Alpi di individui di lupo, che ben poco di Canis lupus italicus avevano (ed tutt’ora hanno!), sia come DNA sia come, più semplicemente, fenotipo (aspetto esteriore) ben verificabile per chiunque conosca il Lupo appenninico (cfr. Wilderness/documenti: n. 2/2016, n. 1/2017, n. 2/2017, n. 1/218)!
Un lupo qualsiasi pur che ci sia il lupo, è stato lo slogan da lui coniato all’epoca, per criticare il GRANDE silenzio di tutti i ricercatori che si “buttarono” a studiare l’animale, spesso grazie proprio al fatto di poter godere di quei fondi europei che oggi giustamente l’eurodeputato Pietro Fiocchi critica chiedendo che siano dirottati al ristoro dei danni (perché se il Lupo ha un valore sociale, quale ha, allora i Governi devono avere il compito e il dovere di rimborsarli al 100% reale, dal momento che ne hanno proibito l’uccisione!).
Un problema al quale si è poi aggiunto quello dell’eccessiva presenza di lupi in tutta Italia, il cui conteggio di crescita fatto da Franco Zunino e diffuso più volte in Wilderness/documenti (cfr. n. 4/2011, n. 3/2017, n. 4/2018), non è MAI stato formalmente smentito dai suddetti ricercatori, ma, come nel caso succitato di quelle prime “apparizioni alpine”, dalle autorità e dagli studiosi che le rappresentavano (e le rappresentano!), solo smentito, ma senza mai una prova o confutazione: la tesi di Zunino non è suffragata da alcuna prova perché lo diciamo noi! Il conteggio di Zunino non è valido perché lo diciamo noi! Ovvero, lo loro asserzioni divengono PROVA! Al contrario, invece, a Zunino, che non ne ha le forze né la possibilità, viene richiesto che le proprie ipotesi e tesi sia tenuto a dimostrarle (sebbene dimostrate lo siano, visto che sia la matematica sia la biologia del lupo non sono negabili)!
Poi c’è ancora qualcuno che non vuole credere che il metodo “minculpop” sia cessato, nonostante il passaggio dalla dittatura fascista alla democrazia liberale!
Franco Zunino
Segretario Generale AIW
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