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Solo su Big Hunter

 

Filippo Ongaro, esperto di medicina rigenerativa, su BigHunter spiega l'importanza alimentare della selvaggina


martedì 16 novembre 2010
    
E'  stato per anni medico degli astronauti presso l'Agenzia Spaziale Europea dove ha sviluppato metodi avanzati per la prevenzione dell'invecchiamento adottati anche dalla NASA e dall'Agenzia Spaziale Russa ed è stato il primo italiano  ad ottenere l'abilitazione specialistica dall'American Board of Anti-Aging & Regenerative Medicine negli Stati Uniti. Oggi dirige l'Ismerian,  Istituto di Medicina Rigenerativa e Anti – Aging di Treviso, collabora con importanti istituti di ricerca (è attualmente coinvolto in Mars500, il primo esperimento internazionale di simulazione di un volo su Marte) e scrive libri interessanti come Le 10 chiavi della salute – Edizioni Salus) sulla salute e l'alimentazione. Lo abbiamo raggiunto dopo la sua ospitata alla trasmissione Le invasioni barbariche di La 7, in cui ha dimostrato un approccio propositivo sulla caccia e sul consumo della selvaggina.
 
 
 
Dott. Ongaro, i cacciatori hanno molto apprezzato le sue parole alla trasmissione di La 7 Le invasioni barbariche, acqua fresca in una tv (quella di oggi in generale) che spesso e volentieri affronta la questione caccia con un'emotività esasperata, dimentica del fatto che la “violenza” a caccia non è certo maggiore di quella perpetrata negli allevamenti (anzi), e facendone un argomento tabù tanto che diventa difficile ogni confronto in termini razionali. Lei che ne pensa?


Premetto che non sono né un cacciatore né un esperto di caccia e né tantomeno un sostenitore della caccia anche perché è un tema di cui non mi sono mai occupato. Cerco solo di fare un ragionamento logico e scientifico su alcuni aspetti della nutrizione dell’uomo moderno e sugli effetti che essa ha sulla nostra salute. In quest’ottica non c’è dubbio che la violenza contro gli animali sia molto maggiore per numero e caratteristiche negli allevamenti intensivi che nella caccia. Basterebbe banalmente confrontare i numeri di animali uccisi dai cacciatori da quelli uccisi dagli allevatori per avere una risposta oggettiva. Insomma ho l’impressione che abbiamo preso il cacciatore per il cattivo e forse non è proprio così.

Lei si è pronunciato in particolare contro l'industrializzazione del cibo, trattato di frequente come una mera merce a discapito della salute del cittadino, che spesso ignora ciò che ha nel piatto ed ha sottolineato “la fettina del supermercato fa male”. Che cosa intende in termini medico scientifici?


L’industrializzazione del cibo, che parte lentamente con l’agricoltura e l’allevamento circa 10.000 anni fa e accelera bruscamente con la rivoluzione industriale, ha sfamato una popolazione in crescita ma ha prodotto cibi di scarsa qualità, ricchi di calorie ma poveri di nutrienti che sono la causa principale dell’epidemia di obesità, diabete, malattie cardiovascolari e tumori che caratterizza il nostro tempo. Molti studiosi sostengono che le malattie di oggi siano in gran parte la conseguenza di ciò che chiamano discordanza evolutiva, un fenomeno che emerge quando l’ambiente in cui un essere vivente vive cambia a velocità troppo elevata per permettere un vero adattamento biologico. Oggi il nostro DNA è del tutto identico a quello dell’uomo di 200.000 anni fa ma la nostra vita e il nostro mondo sono altri. In tutto questo il cibo che ingeriamo ha un’importanza fondamentale. Basti pensare che in una vita di circa 80 anni una persona ingerisce qualcosa come 50 tonnellate di cibo. La nutrigenomica, la scienza che studia gli effetti dei nutrienti sull’espressione genica, ci insegna che il cibo non è solo calorie ma informazione in grado di regolare o sregolare la funzionalità delle cellule a seconda della sue qualità. Ecco che il cibo industrializzato manda segnali molecolari errati che ci fanno ammalare. Certo contano anche le scelte individuali e lo stile di vita ma il cibo industriale gioca un ruolo centrale.


Alla trasmissione della Bignardi ha dichiarato: “La nutrizione giornaliera dell’uomo primitivo era costituita per il 30-35% di proteine. Si trattava però di proteine provenienti da animali liberi, cacciati. Oggi giorno se la scelta è tra comprare la carne al supermercato, che è ciò che la gente normalmente fa, o non mangiarla affatto allora è meglio non mangiarla affatto”. Come la vede la possibilità di poter introdurre – come fanno in molte parti d’Europa, in America e in Australia - la carne di selvaggina nei circuiti della grande distribuzione? Sarebbe una valida soluzione?

Senza entrare nel merito di argomenti che riguardano la protezione degli animali, ritengo che in termini nutrizionali potrebbe avere un senso. Vede la riduzione dell’introito di proteine di buona qualità causa spesso un aumento del consumo di carboidrati raffinati che oggi vengono considerati la causa principale dell’insulino-resistenza alla base del diabete e dell’obesità. Quindi in linea teorica la disponibilità di proteine animali di buona qualità è importante.

Pensa che la risposta immunitaria dei cittadini può essere influenzata negativamente dagli antibiotici che vengono somministrati alle bestie? Se sì, la scienza come si pone davanti al problema? Sono abbastanza efficaci gli organismi di controllo e quelli legislativi?

Guardi non c’è dubbio che le terapia e la nutrizione degli animali da allevamento possano avere dei riflessi sulla nostra salute. Basti pensare che un vitello viene portato a 500-600 Kg in pochi mesi. Per fortuna in EU le regole sono migliori e meno permissive che in USA ma non sono in grado di dire se sono sufficienti.

Il Professor Franco Nobile, intervenuto tempo fa su BigHunter ha osservato che il consumo della selvaggina costituisce il modo migliore per assimilare proteine essenziali ed evitare l'ingestione di sostanze nocive accusate di provocare gravi danni come cancro e malattie cardio–vascolari. E' d'accordo?

E’ ovvio che nutrirsi di animali liberi che si nutrono bene è meglio. Oltre a questo parlerei però del pesce pescato e non inquinato che ha delle proprietà migliori delle proteine della carne.

Dalla sua esperienza clinica, pensa che sia vero che l'uomo può fare volentieri a meno di carne e derivati? Quali sono i rischi per il corpo umano di una dieta non sufficientemente bilanciata?

L’uomo può certamente fare a meno della carne e delle proteine animali ma se ci rifacciamo all’alimentazione primordiale dobbiamo riconoscere che la nostra genomica è maggiormente predisposta per una nutrizione che comprenda proteine animali oltre ad una dose massiccia di cibi di origine vegetale. Il problema però ripeto è l’origine di tali proteine che nel caso dell’uomo primitivo erano certamente di altissima qualità e non inquinate. Inoltre il calo dell’apporto di proteine significa spesso un’assunzione eccessiva di carboidrati che è dannosa per la salute. D’altra parte per chi non vuole assumere proteine animali è importante utilizzare in dosi abbondanti proteine vegetali come quelle dei legumi.

La moda vegan e similari sono una diretta conseguenza dell'urbanizzazione massiccia e dell'abbandono della vita di campagna che rappresentava un equilibrio tra uomo e ambiente. Oggi questo rapporto si è perso e c'è addirittura chi ipotizza un nuovo mondo di carne in provetta e vitamine chimiche. Secondo lei come sarà l'uomo del futuro dal punto di vista nutrizionale?

E’ un discorso molto complesso che in parte dipende dell’evoluzione demografica. Un ritorno al passato è impensabile in un mondo di 6 miliardi di persone in cui 1.5 miliardi sono sovrappeso o obesi e un numero pari patiscono la fame. Non vi è dubbio che abbiamo rotto un equilibrio tra noi e l’ambiente ma non penso che la soluzione sia un ritorno al passato. Per questo la scienza medica si sta attrezzando per essere in grado di fornire non solo terapie sempre più raffinate ma anche una miscela personalizzata di integratori e cibi funzionali che permettano di proteggere la nostra salute.

Che rapporto ha con la caccia? (nella sua famiglia ci sono stati cacciatori, ha amici o parenti cacciatori, cosa ne pensa del cacciatore moderno).

Devo dire che non me ne sono mai occupato né in senso positivo né negativo. Non ho alcuna forma di chiusura precostituita nei confronti dei cacciatori che seguono con passione e correttezza questa pratica. Certo sono anche un amante degli animali. Ma in questo senso devo ancora capire se i cacciatori possono definirsi davvero persone che non amano gli animali…forse no.

Abita in città o in campagna?

Ora in città anche se ho abitato in passato nel mezzo di uno splendido parco naturale in Germania.

Filippo Ongaro

 

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