Giovane allievo in consenso su Cicero in prova a starne
Nessun cane da ferma può definirsi “completo” se non ne è provvisto. E’ indice di intelligenza, carattere, venaticità
Che sia chiaro fin da subito: esistono centinaia, migliaia di cacciatori italiani che possiedono un cane da ferma con il quale, cacciando da soli, reperiscono ed abbattono ogni genere di selvatico cacciabile nella nostra Penisola o all’estero. Ma sia ancora più chiaro ancor prima di subito: immagine che supera in bellezza quella di un cane in ferma è soltanto quella che ne ritrae due, tre, quattro, cinque addirittura! Ma è davvero possibile tutto ciò? Senza dubbio, sì. A patto, però, che i soggetti in questione siano dotati di buon sangue, intelligenza, carattere e venaticità, dote purtroppo sempre più rara persino in alcuni blasonati allevamenti italiani.
Venendo all’argomento, l’atto del consenso in un cane da ferma esprime in sé il massimo segno di rispetto nei confronti del lavoro del compagno quadrupede di cacciata, o dei compagni, nel caso in cui si decida di sciogliere più di due cani insieme. Non solo: il consenso è quell’atteggiamento che, nei giovani, denota più di molte altre sfumature l’avvenuta comprensione del gesto venatorio e del “che cosa stiamo facendo qui in campagna”; in altre parole, il cane che consente dimostra di avere ben chiaro quale sia lo scopo del suo lavoro.
Ferme e consensi nel verde
Al giorno d’oggi la selezione genetica nelle razze da ferma è talmente avanzata che, in molti casi, tutti i componenti di intere cucciolate possiedono il consenso spontaneo, il che permette di saltare a piè pari questa parte dell’addestramento. In altri casi, e sono molti anch’essi, il giovane irruento ed entusiasta potrà “bucare” i primi consensi e darsi alla pazza gioia, inseguendo il selvatico in lungo e in largo. Tuttavia, una volta compresa l’inutilità dei suoi sforzi al fine della predazione, e soprattutto una volta incontrato e fermato, condotto da solo, i suoi primi selvatici, se l’allievo possiede sufficiente intelligenza non esiterà, trovandosi nuovamente in presenza di un cane in ferma, a mettere in pratica un atteggiamento utile all’azione venatoria, dando quindi il proprio consenso a che tutto si svolga nel migliore dei modi e la conclusione del punto vada a buon fine.
Scriveva Felice Delfino, padre del moderno addestramento, nel 1931 nel suo “Addestramento del cane da ferma” a proposito del consenso: “Dicesi consenso la ferma segnata dal cane quando vede vicino o lontano un altro cane fermo […] od in atteggiamento di guidare; in quest’ultimo caso, il cane che consente accompagna adattandosi alle mosse di quello sulla guidata, senza troppo avvicinarlo e senza tentare di sorpassarlo. La spontaneità del consenso è indizio sicuro di buon sangue”. All’atto pratico, in cinofilia, quel che era vero allora rimane sempre valido.
A quaglie in montagna, setter inglese Olivia in consenso su Aria
Domanda: che cosa accade quando il giovane soggetto non solo non possiede il consenso spontaneo ma, dopo le prime esperienze, non accenna minimamente a maturare quel rispetto necessario verso tutti i suoi compagni di caccia? Continuando a citare Delfino, “Spesso un cane che non consente non può lavorare con un altro cane da ferma; avviene di solito che appena il compagno segna l’incontro, l’altro accorre a disturbarlo; se il primo segna la ferma od avanza in guidata, il secondo accorre per fiutare anch’esso il selvatico che molto probabilmente viene forzato prima che il cacciatore sia a posto”.
Ecco che cosa succede, come ben sanno i tantissimi cacciatori che si sono trovati a competere con cani scorretti, in mano a conduttori spesso molto superficiali o per lo meno impreparati. Quante aperture di stagione sono penalizzate da un mancato consenso che invola il fagiano o la brigata di starne! Di più: quante volte la beccaccia ci saluta con un frullo appena intrasentito nella macchia, perché il cucciolone non ha rispettato il lavoro del compagno… Ma lasciamo per un attimo da parte l’argomento beccacce, intelligenza e – trattandosi della caccia alla Regina – tecnologia, per tornare brevemente ancora da Delfino, che risolveva il problema della mancanza di consenso con l’addestramento da cortile al “terra”: “Con l’educazione al terra si costringe a rispettare l’incontro, la ferma e la guidata degli altri cani, anche il soggetto che non ha spontaneo il consenso e perfino il soggetto geloso che si lancerebbe alla carica appena vedesse un altro cane segnare l’incontro”.
Ancora starne in montagna
Ora, senza dubbio il “terra” è un comando universale utilissimo in qualsiasi situazione, dato che può salvare la vita del cane, per esempio impedendogli di attraversare la strada, oppure evita logoranti discussioni, per esempio in un parco, con mamme o nonne esaurite che hanno paura dell’eventuale incontro ravvicinato tra il cane e il loro figlioletto o nipotino. Ma sinceramente, senza voler in alcun modo sminuire il lavoro di Delfino e di altri eccellenti addestratori come lui, gridare il “terra” ad un cane nel momento in cui ci si accorge che l’altro ausiliare è in ferma non rappresenta certo il massimo dell’aspirazione per un cacciatore.
Personalmente suggerisco sempre l’utilizzo della corda lunga, con una quaglia d’allevamento buona volatrice bloccata da un cane esperto e dalla ferma super solida. Un “cane istruttore”, come li chiamo io. Dopodiché si conduca il giovane in prossimità dell’incontro, e lo si trattenga dal caricare alternando la fermezza del polso alle carezze per tranquillizzarlo. Una volta ottenuta la collaborazione dell’allievo, lo si conduca lentamente, in guidata, verso l’esperto che è rimasto fermo, meglio ancora se un aiutante nel frattempo comincia a farlo risolvere, senza fretta.
In quattro su quaglia nella stoppia
L’allievo imparerà così a muoversi di conseguenza, vale a dire di consenso, rispetto al cane puntato d’autorità. L’azione può e deve avere varie pause, durante le quali si carezzi il giovane e gli si rivolga più volte la parola con tono sommesso e rassicurante. Dopodiché, una volta ridotte a pochi metri le distanze dal centro dell’azione, la si faccia concludere al cane adulto, di modo che il giovane possa essere ancora trattenuto e premiato, ovviamente con qualcosa di irresistibile per il suo palato.
L’esperienza dice che già dopo un esercizio del genere l’atteggiamento della maggior parte dei cani da ferma cambia alla vista di un collega fermo. In alcuni casi occorre ripetere la prova altre due-tre volte, ma non esiste cane che ami andare a caccia che, alla fine, non eseguirà il consenso. Anzi: spesso proprio coloro che inizialmente erano i più restii divengono i migliori consentitori del box, con buona pace di chi sostiene che il consenso per alcuni soggetti non esiste. Se poi un cane non possiede sufficiente intelligenza da comprendere il lavoro del compagno, oppure sufficiente carattere da piegarsi alla bravura o fortuna del collega che è andato in ferma prima di lui… Allora quel cane non potrà mai andare a caccia con altri colleghi, ed il suo proprietario – se vorrà utilizzarlo sul terreno – dovrà rassegnarsi ad uscire da solo.
Cicero e Aria in ferma e consenso a starne
E adesso torniamo alla beccaccia, all’intelligenza e alla tecnologia. Spesso e volentieri il consenso nel folto del bosco è operazione impossibile da realizzarsi mediante la vista. Il cane puntato nel fitto non sarà mai scorto dal collega, se non quando questi arriverà a pochi passi dal compagno di cacciata. Ma a quel punto potrebbe aver già disturbato la beccaccia, involandola. Questo succede a chi ancora non utilizza il beeper, impedendo ai propri cani di regolarsi sulla presenza del o dei compagni. Un ausiliare che ha capito esattamente come funziona il gioco, che cioè possiede venaticità e intelligenza sufficienti, fermerà di consenso nel bosco al solo avvertire il beeper del compagno che va in ferma. In questo modo ogni rischio di disturbo del selvatico sarà scongiurato.
Certo, anche in questo caso ci saranno quei soggetti che si lanceranno alla carica in direzione del beeper che suona a fermo, dimostrando quindi venaticità per comprendere cosa sta accadendo ma eccessiva foga o gelosia: anche qui, starà all’uomo decidere se “lavorare” questi cani oppure escluderli, a seconda delle loro doti e del pensiero di ciascuno. Ma in ogni caso, parlando di ausiliari corretti e consentitori, a chi sostiene che il beeper è uno strumento da bandire perché ci rende in grado di uccidere più beccacce è bene rispondere di provare, almeno una volta, ad andare a beccacce con quattro cani e altrettanti beeper, magari con i campani e il solo suono della ferma attivato: vedrà allora che non è così facile come sembra, e i numeri nel carniere – alla fine – smentiranno la sua prima idea. Ma l’immagine di quattro cani da ferma bloccati contemporaneamente nella macchia ,sulla Regina, appagherà il suo occhio ripagando le inevitabili magrezze della cacciatora.
Il pointer Lucky ne inginocchia tre