Alla scuola del padre


martedì 25 ottobre 2011
    

S'era accompagnato col padre nell'ultima settimana di caccia. Era stato acuto osservatore di sasselli e di bottacci. I tordi, inquieti migratori, provenivano dal nord, spinti dalle perturbazioni che s'annunciavano. Carlo aveva lasciato gli studi per riprenderli a caccia chiusa. I sasselli passavano alti, ma al sibilo del chioccolo, viravano, abbassandosi e disperdendosi a ventaglio, fino a scomparire. Padre Anselmo insisteva col richiamo, alternando versi di bottacci a sibili di sasselli, con qualche cicalare di cesena.

Padre Anselmo era attento a capire se il migratore aveva intenzione di posarsi sui rami alti del noce che troneggiava nel suo oliveto. Ne aveva già raccolti una decina. Il freddo, la tramontana, l'attesa paziente, non avevano dissuaso il giovane a seguire il genitore; doveva prepararsi per il porto d'armi. L'arte della caccia la sentiva dentro, anche se gli amici tentavano di dissuaderlo, con i soliti luoghi comuni.

Aveva convinto il genitore alla posta ai germani. L'insistenza del figlio fu tale che Padre Anselmo si procurò qualche stampo, preparò un appostamento di canne e, in un giovedì notte, nel cuore delle tenebre, erano lì a consumare l'attesa e la speranza. Gli stampi nell'acqua a dondolarsi alla brezza e i due, intabarrati fino all'inverosimile, con l'arma carica a piombo sei, ad attendere. Anselmo ripeteva il rauco verso del germano, per alimentare la speranza. Due ore d'attesa.

Già si intravedevano albori di luce e facevasi sentire la rana, timida, a gracidare le sue paure. Qualche zirlo di tordi nell'alto cielo e poi i due percepirono in lontananza tre colpi serrati.

Anselmo sapeva che più in là, verso levante, c'era un piccolo padule, da sempre appostamento fisso. Quei colpi avevano riacceso la speranza. Il cielo rosso di quel giorno freddo di gennaio era un inno alla vita, alla creazione. Svanivano le paure e i silenzi della notte. Verso la marina si percepivano vari colpi a tordi e nei vigneti i cacciatori erano appostati alle cesene. Carlo tentava con i richiami a bocca, ma il padre lo dissuadeva. Sul volto di Carlo s'insinuò la delusione.

Aveva immaginato voli di germani e alzavole, e tiri e tonfi nell'acqua. Ma così è la caccia. Fa parte della imprevedibilità della vita. Ecco che fra i rami delle più alte querce si presentarono due ombre: germani in coppia, maschio e femmina. Anselmo lasciò partire due colpi serrati che tirarono giù la femmina. Carlo saltò di gioia. Si recuperò il germano che ora troneggiava nel capanno, all'attenta osservazione del figlio.

Ritornerà il maschio?

Se ritorna, lo vedrai alto, nel cielo, fuori tiro.

Appunto! Una sgomitata al giovane che alzò gli occhi e vide il maschio stagliarsi veloce nell'azzurro. Scomparve per sempre. Alla scuola di un padre nasceva un cacciatore. Bisognava, però, studiare per la scuola, studiare per la vita, studiare per la caccia.



Domenico Gadaleta


3 commenti finora...

Re:Alla scuola del padre

racconto bellissimo...w la caccia

Voto:

da Umberto 27/10/2011 13.50

Re:Alla scuola del padre

Racconto che a molti ricorderà nonni e padri non più presenti sulla terra, ma che dal cielo sono prodighi di amore per figli e nipoti cacciatori, amanti della caccia, della natura e di Dio creatore.

Voto:

da nonnocacciatore. 27/10/2011 8.56

Re:Alla scuola del padre

Molti sono i giovani che hanno appreso da nonni e padri l'arte venatoria. E sono i migliori: umili.modesti. amanti della natura, senza l'avidità dei carniere ad ogni costo. Racconto bello, ricco di messaggi sempre validi. Viva la caccia!

Voto:

da Il figlio di Diana. 26/10/2011 16.08