La beccaccia


martedì 5 gennaio 2010
    

Quando si dice: “Se non ci fosse bisognerebbe inventarla” s’è detto tutto… Non v’è cosa più vera quando si parla di lei. Si presentava come una bella giornata di caccia, una delle tante vissute o una di quelle che certamente alla fine arrivano. Una di quelle giornate speciali che, prima ancora di pensare alla selvaggina e alla sua caccia, il pensiero viaggia veloce nell’assaporare ancora i c o l o r i e i profumi del bosco d’inverno; sensazioni meravigliose, che solo chi vive in simbiosi con la natura sa ancora apprezzare. Al cacciatore attento il buon Dio regala sempre questi momenti.

Era una di quelle mattine fredde di Gennaio nella quale il gelo la fa da padrone; il naso si fa rosso al contatto con l’aria fredda, il vento pungente t’intorpidisce le guance e le dita delle mani si gelano.
E’bello il ricordo di quel giorno…

E’ mattino presto, sono le cinque. La porta della mia camera in modo brusco si apre, una voce forte e conosciuta arriva puntuale alle mie orecchie: “Arianna, sii veloce è già tardi…”.

E’ sempre tardi per Giovanni, è il suo modo di fare, diventa tardi anche quando è presto.
Mi sono chiesta tante volte il perché di tutto questo. Comincio a credere che tema le lentezze delle donne nel prepararsi; infatti in casa ha tre esemplari di queste lentezze e quindi, nel dubbio, mi incita sempre con la solita frase che già di sé da un tocco stonato all’augurio del mattino.

Rimango un attimo immobile nel letto. Poltrire ancora per alcuni minuti, scacciando in modo delicato mi trascino dall’infanzia. Mi piace, mi prepara a vivere meglio la mia giornata. Poi, come sempre, il pensiero del brontolio di Giovanni e della giornata da dedicare alla caccia mi sprona. Mi preparo svelta…ora ogni minuto è davvero prezioso. L’acqua fredda mi scorre sul viso, mi vesto per bene, fa freddo fuori. Raccatto tutti gli attrezzi del “mestiere” e raggiungo il babbo. Nel fuoristrada che mi attende già in moto nel cortile c’è Dealdo, l’inseparabile amico di papà.

Durante il tragitto sonnecchio raggomitolata sul sedile posteriore del fuoristrada. Davanti, come ogni fine settimana dedicato alla caccia, Giovanni e Dealdo danno vita al consueto “teatrino”. Loro, scherzosi amici di vecchia data, sono inseparabili; hanno fatto tutto allo stesso modo nella vita, anche le cose più importanti; l’identica tempistica nel fidanzamento, nel matrimonio e nel mettere al mondo i figli. Esempio raro di durevole amicizia e di mutuo soccorso.

Arriviamo davanti al bar. Scendo dalla jeep e chiudo lo sportello dietro di me con gesto meccanico, senza girarmi. In modo ironico mi considero, in questi momenti, un robot, automatico nei movimenti, io, rallentata dalla frescura che mi assale nel lasciare la macchina.

Nel bar ad aspettarci, puntuali come solito, troviamo Michele e Raffaele che per affrettare i tempi stanno già facendo colazione con la brioche e il cappuccino. Bevo il mio solito caffé. Sento di essere al centro della curiosità di alcuni insoliti avventori del locale. Sono ancora in molti a non setterina inglese dal naso buono e dalla ferma sicura, cacceremo insieme. Mio padre in questa circostanza caccerà da solo in quel bosco ormai conosciuto; Simone, che abitualmente gli faceva compagnia, oggi è assente..…giustificato.

Si parte. Dealdo scioglie la cagna che si dirige in modo deciso nel fitto distanziandoci un po’. Guadagniamo in fretta il bosco separandoci quel tanto che basta per seguire al meglio il lavoro del cane. Lilla, naso a terra, lavora di buona lena e dopo alcuni minuti si blocca in una ferma statuaria. Immobile, collo allungato, posteriore abbassato. Bellissima.

Improvvisamente rompe la ferma e riparte con fare sospettoso. Zigzaga per alcuni metri in modo nervoso, quasi meccanico; siamo certi che la beccaccia ha pasturato tra questi cespugli.
All’improvviso, forse ad una trentina di metri, la beccaccia con  il classico fragore s’invola. Dealdo l’intravede nel fitto dei rami e spara entrambe le cartucce del suo fucile….inutilmente. La vedo salva che si allontana per rimettersi, forse poco lontana.

Dealdo, scuro in volto, chiede: perché non hai sparato? Forse non l’hai vista? Replico decisa “si che l’ho vista, ma era troppo lontana. “Devi sempre tentare in questo tipo di caccia…o non sparerai mai…”e aggiunge “Te spara, poi si vede. Quante volte l’ho sentita questa frase, quante volte mi è stata detta.

Una frase vecchia che racchiude in se un mondo antico, pieno dei modi di intendere la caccia. A loro è stato insegnato così e finchè potranno lo insegneranno a loro volta, così esattamente al solito modo, ai loro figli e ai loro nipoti. Si riparte, questa volta con maggior convinzione; io in posizione leggermente staccata e poco più in alto.

Lilla lavora di gran lena, ha capito che le beccacce oggi ci sono. Dopo una guidata da manuale si rimette in ferma. Si alza nuovamente la beccaccia in un volo regolare, quasi non avesse udito le due precedenti fucilate. Un grido: “Eccolaaaa”. La vedo sopra la mia testa alla mia destra, la lascio passare, mi giro imbraccio e sparo. Il silenzio. Sono rintronata e assente.

All’ improvviso la voce del mio compagno di caccia mi scuote : “L’hai presa?”
Rispondo: “Non lo so…ho sparato nell’ultimo chiaro disponibile mentre entrava in quel fitto… non l’ho più vista”. Dealdo in alcuni secondi mi è vicino e chiede le esatte “coordinate” “Si è diretta verso il fosso di questo fitto, come per risalirlo…”

Mentre spiego a Dealdo quanto è successo, Lilla accorsa sulla fucilata, continua a cercare, naso a terra, per capire se Arianna, sua giovane amica, aveva fatto quella che solitamente si chiama “padella”.
All’improvviso, mentre prendeva corpo la convinzione che quella beccaccia l’avremmo dovuta nuovamente ribattere, Lilla, scodinzolando in modo frenetico trova e abbocca la beccaccia oramai senza vita.

Dealdo alza le braccia al cielo e urla “Campioni del mondo!!!”
Io senza la benché minima parola, … cosa rara per una donna…. lo guardo incredula mentre Lilla gli porge quella beccaccia. Ripete ancora: “Campioni del mondo!!!” e poi “Dai vieni a prenderla che la metti nel carniere” Ancora incredula per il bel tiro e con gli occhi lucidi per l’emozione rispondo con un filo di voce: “No mettila tu nel carniere, io adesso non ce la farei”.

Prendo il telefono e subito racconto tutto quanto al babbo e al fidanzato. Più tardi mi renderò conto di averlo detto…. a mezzo mondo.
Il giorno seguente, sempre con Dealdo e Lilla, un’altra beccaccia,dopo un volo di quaranta metri, mi regalò con la sua vita, spenta ai piedi di una quercia maestosa, un’altra meravigliosa giornata di caccia.

Arianna Cipriani


5 commenti finora...

Re:La beccaccia

Bello....Spero tu continui a scrivere e a cacciare tutto quello che la natura ci offre rispettando l'antica etica e qualche legge.

Voto:

da [email protected] 09/08/2010 15.17

Re:La beccaccia

Brava Arianna! Si capisce che "senti" veramente quello che scrivi. La Caccia è qualcosa che sta dentro e che il più delle volte non si riesce veramente a raccontarla. Continua pure, ti leggerò volentieri!

Voto:

da [email protected] 02/04/2010 20.50

Re:La beccaccia

Mi hai fatto emozionare,continua a scrivere, sei brava.

Voto:

da il migliore 15/01/2010 11.05

Re:La beccaccia

Dolce, chiara e precisa. Complimenti!!

Voto:

da Nato cacciatore 12/01/2010 20.29

Re:La beccaccia

BRAVA ARIANNA COMPLIMENTI!!!!

Voto:

da Lara Leporatti 23/12/2009 18.08