Fra le quaglie oltre il dolore


martedì 2 aprile 2013
    

Antonio quella notte d'aprile era nella sua residenza a mare. Un immobile a servire i campi, ereditato dal nonno che ad ogni costo aveva voluto il nipote dedito al lavoro dei campi. Se per gli antichi contadini la vita nella natura è stata una ragione, sia pure sofferta, di qualche guadagno; per le successive generazioni ha rappresentato una soluzione estrema da accettare, con dolente rassegnazione, e con dentro la speranza di un futuro migliore. Ma quando Tonio ricevette la notizia della morte del figlio alla prima guerra mondiale, lasciò per strada speranze e futuri e si attaccò all'immediato esistenziale, maledicendo vita e morte, bestemmiando tutto e prefigurandosi solo notti insonni e giorni vuoti e disperati.

Eppure la doppietta fissa al chiodo gli sollecitò dentro qualcosa che sapeva di luce e di vita. Ripercorse l'arco dell'esistenza che sarebbe stata ancora lunga, e si rivide accanto al nonno a cercare quaglie nei grani di proprietà. Rivisse i giorni di caccia con l'avo e per lui il senso della vita e della morte si rimisero a braccetto, come a significare che esistere non è solo vivere, ma anche morire e che se c'è un senso della vita, che determiniamo e accettiamo anche dal destino, ci deve essere un senso, sia pure sconosciuto, alla morte che lo stesso destino ci impone. E si ricordò di quel “Lassù qualcuno mi ama” e ripensò il nonno ad indicargli la via della caccia come immediato rimedio alla disperazione e al dolore. Madre Natura gli venne incontro con un sole rosso e ricco di quotidianità che tramontava sontuoso alle sue spalle, nell'Adriatico di levante. Poi percepì il verso della quaglia e fu sorpreso. Era la fine di aprile. La brezza di levante portava il profumo di alghe oltre ai canti delle quaglie che si posavano a sera per recuperare la stanchezza della lunga migrazione. Zoppicante un cane lo seguiva, spinone non di sangue puro che per le circostanze simulava essere guardiano della notte. L'animale levava la testa a guardare Tonio, che a dirgli: - Non disperare, qualche quaglia domattina , te la indico io. Solo portami con te! I cani non saranno dei dialettici, ma di certo, istintivamente, provano a capire i profondi sentimenti dei loro amici padroni. E che nome aveva questo cane? Per ora nessuno, perchè Tonio non ricordava nemmeno di avere un cane guardiano nei suoi campi, tanto era forte ancora il dolore per la perdita del figlio. E lo ribattezzò Marea perchè l'animale nelle tranquille notti d'aprile era solito correre tra gli scogli che la bassa marea faceva riemergere dalle acque, per catturare un po' di tutto; dai granchi ai pesciolini, ai piro piro che gli sfuggivano con il moltiplicarsi dei pigolii. Marea, come a presentire i pensieri del padrone, era scomparso. Lo ritrovò sulla spiaggia in attesa che qualche uccello venuto da lontano, si posasse.

Tonio rammentò che l'animale era monocolo. L'occhio destro glielo aveva strappato l'airone cinerino, quando s'era appostato col nonno a fischiar chiurli e pivieri, uno degli ultimi novembre della vita dell'avo. Marea era corso lungo la spiaggia disattendendo l'ordine del padrone che lo richiamava vanamente. La sagoma del cane si bloccò fra gli scogli neri della spiaggia, in quelle ore antelucane che stentano lungamente a far largo alla luce. Ed ecco che un guaito lungo, segno di un dolore lancinante, lo proiettò verso il padrone che intuì il dramma non appena intravide l'ombra lenta e sinistra dell'airone al grido, allontanarsi dalla spiaggia. Quel becco lungo a pugnale aveva strappato l'occhio destro del cane che si lamentava ai piedi del nonno incapace di riparare alla sofferenza dell'animale. Il danno fu irreparabile perchè l'occhio era perduto per sempre e Marea s'era adattato nella residua esistenza a percepire la vita con un occhio solo. Ma in quei pochi anni che gli restavano aveva ricevuto dal destino, perchè anche i cani hanno un destino, il compito di dare speranza alla vita. E come? Avrebbe aiutato Tonio nella caccia, poiché il ritrovato cacciatore non aveva sostanze per l'acquisto di un cucciolo di razza e di sangue. Era necessario adattarsi a Marea. E questi non deluse.

La notte la trascorse a richiamare quaglie che senza soluzione di continuità si lasciavano cadere nel grano, come a precipizio, anelanti al riposo perchè sarebbero subito ripartite per nidificare fra i silenzi delle colline dell'entroterra. Quante quaglie! Tonio dimenticò la morte per vivere la vita, il dolore per la gioia. Si ammantò di speranza, spogliandosi dell'abito terribile della disperazione.


Pregò per il figlio morto, ma che sperava vivo nel regno della vita dove intravedeva un'unica certezza: - non ci sarà più guerra!

La mattina, dopo un breve riposo, e dopo aver lanciato un bacetto simbolico alla foto del giovane figlio e guerriero scomparso, si rivide insieme al cane a racimolare qualche quaglia. Quello scorrazzava dappertutto. Non riusciva a fermarle se non di rado. Era confuso da tanto ben di Dio e le quaglie prillavano ovunque. Povero cane! Pensava Tonio, è già molto quello che fa. Ha solo un occhio ed è carico di anni. Quaglia dopo quaglia il carniere diveniva consistente. Merito anche di Marea. Ma soprattutto si dilatava nel cuore del padrone la speranza e la gioia di vivere. La caccia quando non dà carniere dà speranze di vita. Eppure in quel mattino i due volti della speranza si addizionarono. E l'uomo ritornò al lavoro e alla caccia riproponendosi una nuova esistenza e dimenticando il suicidio e la morte.


Domenico Gadaleta


3 commenti finora...

Re:Fra le quaglie oltre il dolore

complimenti:ai miei occhi i vostri racconti,appaiono come una musica struggente.. che mi commuove sempre.entrambi stupendi,quindi grazie sia a domenico,che all'amante della natura!

Voto:

da elena 05/04/2013 20.35

Re:Fra le quaglie oltre il dolore

"...La caccia quando non dà carniere dà speranze di vita".Un universo in una frase!

Voto:

da pietro 2 04/04/2013 15.32

Re:Fra le quaglie oltre il dolore

Altri tempi. Ma la caccia di una volta apparteneva anche ai poveri e ai disperati. A coloro che tornavano dalla guerra senza un futuro. Eppure la caccia serviva a qualcosa. A vivere. Anche se possedevano cani non di sangue nobile, questi facevano il loro dovere. Tempi passati per sempre! Ma forse più gioiosi nell'umiltà e nella semplicità dell'essere cacciattori.

Voto:

da L'Amante della natura. 03/04/2013 8.41