Al grido dell'ultima pavoncella


mercoledì 6 giugno 2012
    

La pavoncella era ferma, controvento, a percepire il grido sottile e acuto delle sorelle. Era giunta dai monti, le altre dal mare. Si ricomponeva il grande stuolo di risalita. Fra gli stagni qualche marzaiola sguazzava, e la pittima pettoruta restava vigile e in attesa. Quanta solitudine e bellezza in quelle terre della Lucania!

Intanto uno spiraglio di luce si apriva fra le nubi, e i verdi grani semoventi gli spiravano i sensi di libertà perdute. La pavoncella aveva percepito qualcosa. Si levò in alto. L'uomo la seguì fino a quando svanì nel nulla. In quel primo pomeriggio i pastori erano rientrati e l'ultimo trattore bofonchiava da lontano. Il giorno dopo si sarebbe chiusa la caccia. Pensò dii trascorrere la notte all'addiaccio, fra i canneti, a percepire i segreti dei selvatici, nel silenzio dell'universo.

L'ultimo raggio lo riscaldò per la notte e lì seduto, fra zolle e canne, stette. Non avrebbe chiuso occhio. Al crepuscolo apparvero le prime stelle a rassicurarlo, mentre si spegnevano i guaiti dei cani. Salutò il creato e la natura che lo circondava. Aveva con sé il fucile, tanto per sentirsi al sicuro. Non si sarebbe mai permesso di profanare il silenzio in quella sacra notte stellata. Avrebbe voluto addormentarsi, eppure nelle tenebre era giusto osservare.

Tre marzaiole gli volarono attorno, sorprendendolo. Intravide il manto vellutato e variopinto del maschio. Le anatre gli si posarono ad una decina di metri, provocandolo. Giocherellarono e s'impennarono più volte, in uno sfarfallio frenetico, prima di salutare la luna e scomparire nel folto dei canneti. Sorella rana gracidò un gre-gre rauco che si moltiplicò fino a spegnersi nel nulla. Da levante percepì il verso delle pittime. Tante. Lo stuolo intravide il luccichio delle acque. Due di esse  planarono nelle tenebre fra quei silenzi appena rotti dai versi dei selvatici. Giunse la freccia alata, il beccaccino. Quindi, possente, si fece vivo sua maestà l'airone. La grande sagoma si pose al centro dello stagno, ben visibile, fra le ombre sparenti.

Com'era bella la notte stellata e lacustre!

Qualche punta di freddo lo fece tossire: sorseggiò un po' di cognac e un fremito di calore gli corse nel petto. Si levarono i primi bagliori che sfumarono nell'aurora. Ancora un giorno di caccia. Aveva rispettato la notte, ma alle prime luci si sentì padrone del giorno, ad inseguire pittime e beccaccini; incarnierò alcune marzaiole. Era soddisfatto. Pensò alla famiglia. S'infilò nella vecchia cinquecento che borbottò più volte prima di avviarsi e fece ritorno al grido dell'ultima pavoncella.

 

Domenico Gadaleta


1 commenti finora...

Re:Al grido dell'ultima pavoncella

Racconto piacevole finalizzato alla gioia di vivere nella natura, con la mediazione della caccia.

Voto:

da titti. 08/06/2012 20.07