Quest’anno il clima ha fatto i capricci. A onor del vero è già da qualche anno che le stagioni non sono più le stesse, ma alla fine la pazienza viene premiata. Finalmente ci siamo: l’autunno (quello vero) è arrivato. Per molti di noi cacciatori questo è un momento magico.
E’ il momento delle prime malinconiche nebbie, che ci nascondono all’occhio vigile del colombaccio.
È’ il momento dei primi freddi, quelli veri, pungenti; quelli da bavero alzato e caffè corretto.
E’ il momento in cui madre natura si appresta a dipingere il bosco con i suoi colori più caldi, per accogliere lei: la fata, la regina, l’arcera: Sua Maestà la beccaccia.
Colei che spesso irrompe senza bussare nei nostri sogni, e con molta probabilità anche nei sogni dei nostri fedeli amici dal naso fino. Arriva all’improvviso, e improvvisamente scompare, cosi nella realtà, cosi nei sogni. Sogni che quasi sempre sono gli stessi per i cacciatori: nel fitto della macchia, sopra un tappeto di foglie, assistere incantati alla ferma del cane, ascoltarne innamorati l’inconfondibile battito d’ali.
E’ il momento del vino, quello buono, quello nuovo. Quello che accompagna le nostre serate e i nostri piatti a base di selvaggina, quel vino che colora, arricchisce, enfatizza i nostri racconti di caccia. Racconti dove i protagonisti, quasi sempre sono una lepre o un fagiano che hanno avuto la meglio. Ma non per causa nostra, la colpa ( pensate un po’!) è stata della polvere che non tagliava per il troppo freddo.
Quelle serate in cui, sempre a tavola, si programma la prossima battuta di caccia, dove ognuno ha il compito di portare qualcosa: il vino, il pane, i salumi e i formaggi; dove ognuno in realtà porta se stesso e la propria vita.
Perché la caccia serve anche a questo, a rafforzare le amicizie e a crearne delle nuove, sincere ed oneste.
E’ il momento dei caminetti accesi, quando nel sottofondo sonoro dello scoppiettio di un fuoco, asciughiamo ed oliamo il nostro fucile, e scegliamo le cartucce per il giorno dopo.
Quando l’unico motivo che ci spinge ad allontanarci dalla sedia è quello di guardare fuori dalla finestra verso il cielo, per capire che tipo di tempo ci aspetta l’indomani.
Ed è quello stesso fuoco che da compagno improvvisato si trasforma in un catalizzatore emotivo, e i ricordi attraverso le ombre prendono forma. La prima beccaccia, il primo appostamento ai tordi, i rimproveri perché non ci si era nascosti bene, e cosi via dicendo…un susseguirsi di immagini nitide che non abbandonano mai il cuore di un cacciatore.
C’è un tempo per ogni cosa, cita Libro e versetto. E questo, a mio modestissimo parere, è il momento di mettere da parte, anche se per pochi attimi, le polemiche politico-ambientaliste, che per quanto costruttive (a volte) hanno il solo scopo di distrarci e di farci perdere l’attimo di questa magnifica stagione. Per quelle, ahimè, c’è sempre tempo.
Ora è tempo di cacciare, di immergersi per quanto ci è possibile nel nostro mondo, di gustare intensamente ogni suono, ogni profumo, ogni cosa che agli occhi dei profani potrebbe non avere senso.
Questo è il nostro tempo
In bocca al lupo.
Vincenzo Mazzone