La cinegetica e la caccia col cane


lunedì 20 ottobre 2008
    

Renato FongaroQualunque dizionario alla voce cinegetica cita: “Arte e pratica di cacciare con i cani”. Forse ai più tale definizione non basta tanto quanto le striminzite parole che ogni tomo della lingua italiana dedica al concetto di arte venatoria.

Non rimanendoci altro, è da qui che si deve partire, cioè da un concetto che solo i seguaci di Diana possono sviluppare, oggi purtroppo a proprio piacimento e senza indirizzo certo, al contrario del groviglio d’idee che il dizionario sottomano cagiona.

 A prescindere da ciò espresso, la cinegetica odierna sembra aver modificato in parte il proprio concetto, adattandosi a diverse forme e modi di cacciare ed estrapolandosi dalle regole ufficiali della cinofilia e dell’arte venatoria. “C'era un tempo in cui l'uomo poteva giudicare le cose, ma dal momento che l'Autorità se ne impossessa, non è più possibile sapere a che destino vanno incontro”.

Ed è proprio questo, detto tra noi, il fulcro del discorso: c’è chi si assoggetta alle regole e chi furbescamente le regole se le fa da solo.
Infatti, la maggior parte dei cinofili affronta e fa proprio il concetto di cinegetica amalgamandolo con quello di “resa venatoria” e di “estetismo cinofilo” in proporzioni che a lui stesso aggradano. In questo intruglio ben mescolato, la resa si scontra molto spesso con il concetto di estetismo come l’olio e l’aceto nell’insalata. 

Si evidenziano quindi, oggi, due filoni contrapposti di utilizzatori di cani da caccia e tante sfumature di pensiero tra i due estremi. “Il cane deve essere solo utile al fucile! Non m’interessa sia bello!”, “Il cane deve essere gradevole alla vista per forme e movimento… Il carniere viene dopo!” sono appunto le argomentazioni che portano alle  dispute verbali. 

Ma è proprio questo il significato originario di cinegetica? Non è che tutti ci si dimentichi che la cinegetica è arte e che l’arte stessa è un’attività umana basata sull’abilità individuale, sullo studio, sull’esperienza e su un complesso specifico di regole? 

E non sono le regole stesse, a prescindere dalle capacità del singolo, a definire i parametri di confronto trai vari cani nell’ars venandi cum canibus? E tali regole non si devono assoggettare alle regole generali dell’attività venatoria? Chi ha involuto il vero senso della parola cinegetica? 

Solo analizzando la storia dell’uomo dai primordi possiamo capire l’evoluzione genetica generata dalla manipolazione dei canidi che, dal Medioevo fino all’età moderna, quando già si chiamavano cani, ha avuto un’accelerazione esponenziale. 

Tale evoluzione, oggi raffinata e tradotta in selezione, mirava ad aumentare, in via generale, le qualità morfologiche e caratteriali dei cani con il fine ultimo dell’utilizzo. Ed il significato di cinegetica si è modificato con essa, ammiccando più alla resa nel lavoro che all’estetismo nel compierla. 

D'altronde non è un mistero che la caccia col cane nel corso degli anni ha modificato radicalmente i suoi lineamenti esistenziali. 

Ma la cinofilia venatoria del terzo millennio avrà piena legittimità solo se saprà vivere nella società avendo la forza di collegarsi agli interessi generali del Paese. Non più attività mirata ad utilizzare il cane che meglio riempie il carniere. 

La scelta soggettiva di ciascun individuo che intende praticare l'attività venatoria, infatti, non può prescindere dalla questione principale: la caccia è mezzo di regolazione della fauna selvatica. L’avere un cane non dà diritto ad incarnierare più selvaggina, ma è solo uno dei metodi. 

Di per sé la trasformazione dell’attività venatoria affida a tutti i cacciatori, compresi i cinofili, nuove ed importanti responsabilità tramite la legge 157 del ’92 e li rende parte attiva nell'opera di conservazione dell'ambiente e di ricostruzione del patrimonio faunistico, basandosi sul prelievo oculato. 

E non c’è da meravigliarsi se nella parola cinegetica ci sia un richiamo intrinseco anche a tale compito, utilizzando, appunto, i cani, in prima battuta per i censimenti ed in seconda per i prelievi.

Cioè il vero e pieno utilizzo del binomio cane/conduttore nel contesto attuale della caccia moderna. Di fronte a questa ambiziosa prospettiva ci sono ancora troppi cacciatori che sembrano banalizzare tale aspetto e fanno entrare la caccia in rotta di collisione con il sentire comune, rompendo equilibri e ragionevoli convivenze tra interessi diversi. 

In realtà si scontrano, prime tra tutte e con le diverse sfumature citate più sopra, due modi di intendere: la cinofilia estetica e la cinofilia dell’arraffa più che puoi. E' evidente che gli artefici della cinofilia ufficiale avevano una idea precisa di attività venatoria. 

Ma la attuale idea di caccia col cane si deve fondare su una concezione di responsabilità verso l'ambiente, la fauna e l'agricoltura. 

Sono evidentemente punti di vista che cozzano con l’idea di riempire il più possibile il carniere oggi perché domani... Vi è infatti uno spazio stretto, complesso ma gratificante se percorso, nel quale i possessori di cani da caccia, su una direttrice di compatibilità ambientale, possono attivare energie comuni per promuovere più rispetto verso la Natura e la fauna. 

E che vi sia questo spazio è dimostrato dal lavoro di quei cacciatori che hanno inteso il significato di cinofilia nella parola cinegetica e lo hanno proiettato nella caccia attuale. In ogni caso tutti si tengano la propria opinione. 

La cinegetica, come la cinofilia venatoria, è argomento complesso, astratto ed opinabile. Bello proprio per questo.


Renato Fongaro

Renato Fongaro Amico di BigHunter


 

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