E il beccafico perse la via del nord


lunedì 22 settembre 2008
    

beccaficoE' appena trascorsa l'estate e chissà se a Londra il cielo si è riempito di uccelli migratori, chissà se a Green Park, nei Kensington Gardens o a Regent's Park hanno rotto il silenzio i piccoli che di solito certificano che il freddo è finito, chissà se è arrivato dal profondo Sud il beccamosche accompagnato da tortore e se risuona il canto del beccafico, per la gioia dei londinesi e degli scienziati molto preoccupati all'avvio della primavera. Si chiedevano dove fossero finiti i milioni di esemplari che ogni anno in quella stagione volano (volavano?) dall'Africa al Nord Europa, che fine avessero fatto cutrettole e prispoloni, piripiri e cannaiole, lui e sterpazzole, tutti partiti seguendo il ritmo del cambio di stagione dal Sahara, dal Mediterraneo, per raggiungere il Canale della Manica e atterrare finalmente su un albero di Hyde Park. In realtà l'allarme ambiente si va intensificando anno dopo anno, i mutamenti climatici stanno distruggendo una meraviglia della natura, minacciando la stessa sopravvivenza di molte specie. Gli esperti della “Royal Society for the Protection of Birds” hanno calcolato che delle 36 specie migratorie africane che arrivavano in Gran Bretagna in primavera, 21 si sono ridotte e rischiano seriamente l'estinzione.
Il fenomeno non riguarda solo l'Inghilterra, naturalmente. In tutta Europa gli uccellini cantano di meno, c'è da preoccuparsi se l'usignolo diventa introvabile. Di recente gli scienziati di vari paesi si sono incontrati per fare il punto all'osservatorio ornitologico di Radolfzell sul lago di Costanza.
Qual è la causa di tale disastro ambientale? Si citano fra gli imputati per la scomparsa dei migratori la distruzione del loro habitat in Africa a causa dei mutamenti climatici, le coltivazioni intensive, il massiccio uso dei pesticidi in agricoltura, le variazioni del campo magnetico terrestre che disorienterebbero gli uccelli durante il volo verso il lontano Nord. Chissà se c'erano tutte queste cause, o solo qualcuna, se le strane cose che succedono sono un sintomo del riscaldamento globale del pianeta o un'avvisaglia di una nuova glaciazione prossima ventura. Per metà gli scienziati sposano la prima ipotesi, l'altra metà è di parere opposto. Ma di certo la colpa è dell'uomo, della chimica usata in modo indiscriminato che in Africa distrugge le popolazioni dei migratori. A parere dell'etologo Danilo Mainardi “gli uccelli sono avvelenati dagli insetticidi delle coltivazioni di caffè, o mangiano semi carichi di sostanze chimiche o si nutrono di insetti contaminati”. Senza contare la deforestazione.
L'uomo deve fare mea culpa anche su un altro fronte che rende il futuro di tutti molto problematico. La mobilitazione mondiale della “giornata della Terra”, il 22 aprile scorso, ha prodotto quasi quattromila eventi in 174 paesi, su impulso dell'Earth Day Network, la rete fondata 40 anni fa da Gaylord Nelson, senatore democratico del Wisconsin che organizzò il primo appuntamento il 22 aprile 1970. Quest'anno in tutto il mondo è scattata l'iniziativa “The call for Climate”, l'invito a fare una telefonata ai politici per chiedere leggi rigorose per il clima. Anche se le nostre telefonate lasciano il tempo che trovano, proviamoci tutto l'anno, non solo in aprile. Stimolati anche dai titoli dei giornali che non promettono nulla di buono, come questo: “Nei campi fiori senz'anima, è scomparso il profumo”. Oddio, che storia è questa? Dopo la catastrofe degli uccellini, anche quella dei fiori?
Ebbene sì. Scompaiono le fragranze floreali, vanno in tilt le api e il ciclo dell'impollinazione delle piante. Facile immaginare le conseguenze. Inquinamento, diserbanti, emissioni nocive delle auto e delle industrie danneggiano tutti, uomini e animali. In particolare le api che una volta avvertivano un'essenza anche a due chilometri di distanza, adesso non vanno oltre i trecento metri. Non avvertiamo quasi più il profumo dei ciliegi, il “narkè” del narciso, della lavanda, delle rose, dei peschi e altre piante da frutto. La misteriosa moria delle api ha a che fare con l'inquinamento, lo smog non lascia espandere i profumi. Già Einstein ammoniva – l'abbiamo scritto altre volte – che l'umanità scomparirà quattro anni dopo che saranno sparite le api. C'è da sperare che non solo non succeda, ma che venga invertito il trend rapidamente. Non possiamo vivere bene senza quel profumo di fiori, senza quel prezioso regalo della natura, senza che la natura torni un po' all'antico, con i suoi cicli rispettati dall'uomo e protetti dalla troppa modernità.
Perciò facciamola quella “call for the climate”, la telefonata ai politici di ogni razza e responsabilità, per chiedere di fare qualcosa per il clima. Per gli uccellini, per le api, per i fiori, per noi.
                                                                                                                 

Addavenì

(Tratto da Il Giornalista p.)

1 commenti finora...

Re:E il beccafico perse la via del nord

Mi sono perso qualche cosa o la caccia non rientra nei COLPEVOLI menzionati sopra? Questa è informazione! Che tutti quelli che si spacciano "ambientalisti" lottino per le vere cause e smettano di darci colpe che non abbiamo! Una caccia sostenibile non distrugge, crea solo equilibrio!

da Vittoriano 22/09/2008 9.00