TRUE LIES


lunedì 12 ottobre 2015
    

cinghialiFra i tanti fatti di questi giorni che hanno affollato le cronache della caccia, spiccano a livello nazionale i numerosi e a volte faziosi interventi sull'esagerato fenomeno dell'emergenza cinghiale.

Che in questi ultimi vent'anni la popolazione di questo irsuto porcastro sia aumentata, non c'è ombra di dubbio. Che l'ambiente a lui congeniale abbia avuto un altrettanto consistente incremento lo possono verificare tutti. L'Appennino da nord a sud si è spopolato, lasciando ampia libertà all'incalzare della macchia. Che i suoi antagonisti, escluso il lupo e compresi i cacciatori, siano diminuiti, anche su questo non c'è dubbio. Che qualche danno alle produzioni agricole  lo facciano, con alti e bassi a seconda dell'annata, e che gli incidenti stradali per loro causa siano più frequenti, è pure assodato. Però, tra il tanto allarmisticamente rappresentato e il quanto realmente verificabile, sono ormai in diversi che cominciano a sostenere un innaturale divario. Qualcuno, addirittura, prova a infilare nella discussione un nuovo e più subdolo elemento, analogo a quello che a suo tempo, venti-quaranta anni fa inventarono per privatizzare la caccia, strumento e complice l'ambientalismo nostrano. Basta rileggersi i testi delle numerose richieste di referendum per capire che non era la caccia che si voleva abolire, ma l'art. 842 del C.C. che si voleva abrogare. Su questo poi si continuano a versare fiumi d'inchiostro da parte di chi la vuole cotta e di chi la vuole cruda, anche fra i cacciatori.

Il dubbio viene, oggi, soprattutto se nell'analizzare i contenuti del dibattito, fra gli addetti ai lavori,  in Parlamento e nel Paese, si assiste a una singolare polarizzazione: da una parte si dà come al solito la colpa alla caccia; dall'altra si fa finta che il problema non dipenda dalla storicamente errata politica ambientale, anzi più ambientalista che ambientale. Per sommi capi: parchi e aree protette diventati stipendifici e prebende per dirigenti dei diversi e articolati movimenti ambientalisti e animalisti. "Affaires" scaduti spesso in un magna-magna tra i più turpi (gli esempi virtuosi sono piuttosto rari). Quando, al massimo, si può valutare l'inadeguatezza dell'approccio, sia da una parte sia dall'altra.

In questi giorni, per esempio,  ha fatto la sua apparizione il testo di un rapporto (“Danni da cinghiale (Sus scrofa). Gestire la specie per contenere significativamente i danni”) presentato al colto e all'inclita dalla "famigerata" (almeno agli occhi di parte del mondo dei cacciatori) Legambiente, che cerca a suo modo di dire la sua in maniera sistematica, distinguendosi tuttavia dalle altre consorterie animalare (WWF, Lipu, LAC, LAV).

Qualche contraddizione: in molte aree del paese (dove il cinghiale - valutato in un milione di capi - storicamente non c'era; esempio nelle piccole isole, ma non solo)  questo ingombrante soggetto crea pesanti impatti su ecosistemi e ingenti danni alle colture, per cui - si legge sul rapporto - andrebbe estirpato,  ma costituisce tuttavia un'ottima fonte alimentare per il lupo, apparso di nuovo ovunque (1500 unità in tutto il paese, ma la stima appare a molti piuttosto datata e valutata comunque per difetto), grazie appunto anche alla sua presenza.

Strumentale invece ignorare o addirittura negare da parte di Legambiente tre delle cause principali delle eventuali anomalie denunciate in alcune aree del paese. La prima: è falso, dice Legambiente, sostenere che il divieto di caccia nelle aree protette impedisce di ridurne i contingenti, in quanto nelle aree protette italiane la norma consente di svolgere regolarmente il controllo della fauna selvatica, cinghiale compreso, e diversi parchi hanno ampiamente dimostrato che ciò si può fare e con successo. Peccato che non se ne sia accorto nessuno, visto che le scorrerie nelle aree a coltura da là hanno origine, dalle aree protette, come dimostrano ampie ricerche di zoologi e di specialisti. La seconda: non è vero, secondo Legambiente, che gli eccessivi limiti imposti all’attività di caccia non consentono di regolare popolazioni di cinghiale, in quanto i principali danni vengono arrecati e sono registrati nelle aree in cui si esercita la caccia (attività con finalità ludica) e negli ultimi anni la caccia al cinghiale ha visto un’enorme crescita in termini numerici di partecipanti, anche se con differenze nelle diverse aree del Paese. Affermazione in gran parte priva di fondamento, che scade a volte nel ridicolo, dal momento che nelle aree di caccia il cinghiale è tenuto sotto controllo, mentre l'indice demografico sale nelle aree protette, tant'è vero che là - nelle aree protette - si spendono enormi capitali per tenerlo sotto controllo. Mentre è sotto gli occhi di tutti che negli ultimi vent'anni la "popolazione" dei cacciatori è diminuita di oltre il 50%, e invecchiata, tanto che, ormai, anche nei territori ad antica tradizione cinghialaia si deve ridurre il limite minimo di componenti delle squadre, perché altrimenti non si sarebbe in grado di praticare la caccia, non disponendo più di sufficiente "materia prima". Che peraltro deperisce e invecchia. Terzo, dimostrazione lapalissiana, che a quadro normativo vigente, una corretta gestione della specie è possibile e consente di ridurre significativamente i danni da cinghiale, affermazione che tuttavia rimane sul generico, perché volendo approfondire si scoprirebbe che laddove funziona, l'intervento dei cacciatori è determinante.
E qui, però, Legambiente cerca di deviare ideologicamente sul metodo (di caccia): nelle zone dove ridurre le presenze del cinghiale la braccata funziona male, mentre col metodo della selezione il problema si risolve meglio. Boh! Evidentemente stanno raccontando un altro film. Quasi fiction pura.

Diversa considerazione sull'articolazione dei distinti approcci d'intervento, legati alla responsabilizzazione dei soggetti in causa, soprattutto agricoltori e cacciatori, e in parte già in essere nelle aree dove il fenomeno è più sentito, ad esempio in Toscana, dove tuttavia per ora si pecca di...faziosità. Spesso si parte dal danno, mentre sarebbe più logico partire dalla causa. Se, per esempio, in un'area il cinghiale non ci deve stare, lì, scusate il lapalissiano assunto, il cinghiale va tolto e non c'è bisogno di interventi "chirurgici". Dove la causa è l'esagerata consistenza della popolazione, non c'è neanche lì bisogno di interventi "chirurgici", almeno in prima, seconda e terza battuta, che se vogliamo potranno essere adottati dopo, a equilibrio ricostituito. Con la chirurgia, cari miei, abbiamo visto che il problema, quando è grave,  non si risolve. Costa tempo, troppo, e denaro, che non c'è. E non può essere impiegato nemmeno per molte delle diverse forme di prevenzione suggerite: recinzioni, dissuasori, catture, sterilizzazione (?!).

La soluzione? O, meglio, le soluzioni? Difficile valutarle nella loro pur articolata enunciazione. Vanno applicate, caso per caso. Resta il fatto, positivo, che leggendo la lunga esposizione, non si può non considerare che almeno qualcuno si è applicato con diligenza sul problema e che, il problema, non è stato liquidato con stantie sicumere populiste. Vi si ritrovano infatti ampiamente le diverse posizioni che anche nel variegato mondo venatorio nostrano si discutono e si portano ad esempio. Spesso più nei bar e nelle armerie, piuttosto che ai tavoli di governo del territorio.

E poi, ricordiamocelo, non si può affrontare il problema cinghiale, o ungulati in sé, senza contestualizzarlo in una più vasta argomentazione a tutto tondo. La caccia, ancora, e fortunatamente, la nostra caccia, non è solo questa. La stragrande maggioranza dei cacciatori la pratica soprattutto sotto altre forme. Alla migratoria, e alla piccola stanziale. E non è possibile trasformare una cultura di popolo, dalle caratteristiche eminentemente mediterranee, tenendo a riferimento certi modelli mitteleuropei. Occorre fare sintesi. E fino a che si consentirà di demonizzare una vasta schiera di praticanti, pretendendo poi che gli stessi contribuiscano alla soluzione di problemi che di sicuro, da soli, non li hanno provocati, i problemi resteranno, e forse diventeranno sempre più acuti.

Ma non mancherà, purtroppo o fortunatamente, l'occasione di poterne riparlare.


Remo Barbera


11 commenti finora...

Re:TRUE LIES

Ma ndate a ffffarin gulu tutti quanti!!mercoledi ne ciappo pochi di ucelli e meli cucino allo schidion!

da anselmo 01/10/2018 16.31

Re:TRUE LIES

Intendiamoci, anche in Germania, una decina di anni fa, o più, a quanto mi ricordo, ebbero il problema cinghiali, ma credo che poi, alla tedesca, l'abbiano risolto. Ma lassù è più facile. La caccia è esclusiva pertinenza del proprietario del fondo, che in sostanza gestisce la fauna selvatica come un qualsiasi prodotto dell'azienda agricola, come del resto fanno in UK e in parte anche in Spagna (cotos) e pure in Francia, la patria della rivoluzione borghese (liber-te, egali-te, fraterni -te, che mi fa venire in mente Orwell e la sua Animal Farm, La fattoria degli animali). Da noi, abbiamo seguito un altro percorso, populista, iniziato con Mussolini (Federazione Fascista della caccia, " ...e se non sono iscritto, iscrivetemi!"), ma proseguito col democratismo alla bresciana (più libertà più cartucce)assistito dal comunismo arcicaccino, temperato dal perbenismo di ArciAmbiente. Per questo, trovo legittimo che anche le squadre abbiano da dire la loro, veri e propri "manipoli" strutturati militarmente e organizzati politicamente (sono in grado da soli di eleggere il sindaco), che in questo contemporaneo marasma emergenziale, la fanno da padroni. A sentire la campana degli altri, selettori in prima linea, e proprietari terrieri a seguire, che vorrebbero sostituirli nella stessa gestione emergenziale, tanto che hanno inventato....l'emergenza ungulati, sono loro i colpevoli, le squadre. Cencio dice male di straccio.

da M. La Parte 16/10/2015 16.11

Re:TRUE LIES

la soluzione? scappare dall'Italia il prima possibile

da Carlo 16/10/2015 8.47

Re:TRUE LIES

Bravo flagg..finalmente uno che dice le cose come stanno..finché gli stakeholders (squadre di cinghialai) avranno tutto questo peso anche POLITICO la situazione sarà sempre la stessa...ma è possibile che in tutti i paesi d Europa la selvaggina sia vista come una risorsa e in Italia quasi esclusivamente come un problema? ??

da little john x flagg 15/10/2015 22.44

Re:TRUE LIES

Quello che piu' da' fastidio e' il continuo chicchiericcio su un problema la cui soluzione e' NOTA. Basta guardare alla storia. Gli ungheresi hanno affrontato sistematicamente la questione ungulati, cinghiale in primis, oltre 30 anni fa perche' avevano ESATTAMENTE gli problemi: troppe aree chiuse alla caccia (quelle statali), boschi in aumento, riseve private che immettevano selvaggina. Loro hanno deciso VOLONTARIAMENTE rendendolo PUBBLICO in maniera del tutto TRASPARENTE di mantenere una popolazioni, di cinghiali in particolare, leggermente superiore a quella ideale per il territorio in modo da poterne fare allo stesso tempo un business e pagare EQUAMENTE i danni. Lo hanno potuto fare senza grossi problemi perche' le TRADIZIONI VENATORIE sono completamente diverse! In breve da quelle parti NON esiste una vera tradizione di caccia alla piccola migratoria che viene praticamente cacciata dagli stranieri!!! Infine c'e' da aggiungere un "dettaglio" non trascurabile: loro non hanno l' urbanizzazione, l'inquinamento e lo sfruttamento selvaggio del territorio che c'e' in Italia! In Italia c'e' poco da fare: o si mantiene almeno buona parte della tradizionale biodiversita' oppure la si sacrifica a favore di porci e cornuti!!!! Basta dirlo chiaramente e non nascondersi dietro le bugie come sempre.....

da Flagg 13/10/2015 21.07

Re:TRUE LIES

Io cerco di partire sempre da dati oggettivi. E il riferimento scientifico più appropriato lo trovo nel rapporto del Cirsemaf presentato alla Conferenza Regionale sulla Caccia del 2010, dove furono messe le basi per la revisione della legge regionale toscana. Legge successivamente approvata, ma in buona parte disattesa proprio per quanto attiene al problema ungulati, poichè era già chiaro allora che la sovrabbondanza degli ungulati proveniva sostanzialmente dalle aree protette, veri e propri serbatoi di selvatici di quella categoria. In mancanza di indirizzi gestionali coerenti (ATC/Province/Regione)le squadre di cinghialai ne raccolgono i frutti, foraggiando e convogliando i soggetti nelle zone da ognuna controllate (un cinghiale, se ha fame, si sposta anche su lunghe distanze in un una notte), ma non si possono biasimare. In qualche modo contribuiscono alla riduzione dei contingenti. Secondo me, il problema sta nella legge sui parchi e nella sciagurata filosofia protezionista che regola le cose ambientali in Italia. Se si vuole risolvere il problema, finchè ci saranno abbastanza cacciatori e squadre organizzate, la soluzione è a portata di mano. Ma bisogna incidere all'interno delle aree protette. Senza vincoli. Non ci sono pericoli di fare danno all'integrità del patrimonio naturalistico se si tiene sotto controllo il fenomeno, e non con l'Ispra, che fino ad oggi ha gestito il problema caccia con criteri tanto protezionistici quanto poco razionali. Ma si faccia presto, perchè andando avanti così, con la demonizzazione dei cacciatori, a prescindere, fra poco il problema diventerà davvero irrisolvibile.

da jageruberalles 13/10/2015 16.52

Re:TRUE LIES

Questione di punti di vista. La storia ci racconta che i primi a creare il problema cinghiale, sono stati proprio i cinghialai. Certo, poi la 397, la politica, l’abbandono di vaste aree agricole hanno ingigantito il problema. Resta comunque il fatto che i cinghialai ancora continuano anche in modo scorretto e fuorilegge a foraggiare, volontariamente a non raggiungere limiti e quote, ecc…ecc.. tanto per tenersi il “giocattolo sempre carico” e la collettività ne paga le conseguenze a volte anche mortali vedi incidenti stradali e in corso”d’opera più o meno legale”.Su questo vomitevole gioco loro malgrado sono coinvolti e vittime sacrificali a 360°anche cacciatori non praticanti questa disciplina. Questa storia nel terzo millennio e in una democrazia che si rispetti ha dell’incredibile. I cinghialai e/o squadre più o meno numerose così educate, gestite, e strutturate non sono la soluzione al problema, SONO IL PROBLEMA, cheche ne dica o ne pensi qualcuno.

da Cacciatore 13/10/2015 15.32

Re:TRUE LIES

Cinghiale sicuramente refugium peccatorum, in tempi in cui il migratorista è penalizzato, lo stanzialista trova poco se non va nel supermarket del fagiano. Se piace cacciarlo in battuta, lasciamoglielo cacciare, basta che consentano anche agli altri di trovare un po' di spazio nel bosco. Alla migratoria, alla beccaccia, per esempio. E' vero che la presenza del cinghiale in Italia dipende anche dalle immissioni dei cacciatori, ma è solo una concausa. Le cause principali sono il tanto territorio adatto, abbandonanto soprattutto sulla dorsale appenninica, e le aree a divieto di caccia, che per legge devono coprire almeno il 20% del territorio utile all'agricoltura, ma che raggiungono, considerando tutto (il cinghiale non fa distinzione nemmeno con le strade e le aree urbane), superfiici ben più vaste. L'agricoltura è vittima, ma anche carnefice, come si sa, di tante specie di pregio, migratori ma anche nobile stanziale. Trovo significativo che Legambiente faccia proposte anche in parte condivisibili, e non si associ alla cagnara animalista, wwf,lac, lav, lipu eccetera. Non so se dipenda dagli accordi con la triplice, ma seguendo le leggi dello scopone, quando non si dà le carte (come noi, ormai) è obbligatorio sparigliare.

da Chitarrella 13/10/2015 8.21

Re:TRUE LIES

Io non amo criticare gli altri ma preferisco fare autocritica. In italia (i minuscola voluta) il problema cinghiale è anche merito di noi cacciatori. Non si può negare che sia stato massicciamente introdotto nel nostro paese gia dagli anni 70 da parte di noi cacciatori. il cinghiale si può ridurre tranquillamente con la caccia di selezione e anche in poco tempo( 3/4 anni). Intervenendo sopratutto sulle classi giovani..caccia aperta tutto l anno da altana con punti di foraggiamento..solo che a noi italiani non piace e preferiamo cacciarlo in battuta..quindi da qui tutti i problemi conessi con l agricoltura ma sopratutto con la biodiversità..mi sorprende spesso come i cacciatori sottovalutino l impatto del cinghiale sui galliformi ad esempio..mah è proprio vero che il cinghialeeè il fagiano degli ungulati!!

da little john 12/10/2015 13.09

Re:TRUE LIES

Dimenticavo...anche l' agricoltura andrebbe gestita diversamente in quanto se da un lato riceve danni dagli ungualti, dall' altro ne crea per altra fauna!

da Flagg 12/10/2015 10.24

Re:TRUE LIES

Evidentemente ci sono i soliti manovratori dietro il rapporto di Legambiente? Ma pensano veramente che la gente sia nata ieri? Per il resto, esatto Barbera, la caccia e' molto altro e purtroppo la crescita continua degli ungulati, tra cui il cinghiale e' al primo posto, danneggia pesantemente il resto della fauna e flora. Questo mette in evidenza quanto FARLOCCHE siano le associazioni ambientaliste italiote che ancora devono capire che la gestione passa primaditutto dal territorio nel suo complesso, flora e fauna, e NON per singole specie. La questione dei danni all' agricoltura e' SECONDARIA dato che possono essere "facilmente" rimborsati.....

da Flagg 12/10/2015 10.21