Influenza suina: colpa degli allevamenti intensivi


lunedì 4 maggio 2009
    

Influenza suina colpa degli allevamenti intensiviCome succede per ogni allarme di natura alimentare, il diffondersi della febbre suina ha portato ancora una volta milioni di persone a preoccuparsi della provenienza delle carni sulle proprie tavole, dando origine di nuovo all'astensione dal consumo sotto la spinta di inutili psicosi collettive.

I centinaia di casi di contagio che dal Messico si stanno moltiplicando in molti paesi ci possono però aiutare a riflettere sui modelli di consumo che vengono portati avanti e sulla necessità di prediligere sistemi di allevamento sicuri. Pare infatti che l'epidemia influenzale dei maiali sia proprio stata causata dallo sfruttamento intensivo degli allevamenti.

A denunciarlo è Legambiente che dichiara “Basterebbe modificare i sistemi di allevamento intensivi, ormai riconosciuti come causa scatenante delle pandemie ma ancora praticati senza limiti in tutto il pianeta”. Cia, Confederazione Italiana Agricoltori sottolinea il rigore degli allevamenti italiani, che rispetto a quelli di alcuni paesi come il Messico “sono supercontrollati sia sotto il profilo della sicurezza alimentare che del benessere animale. E gli allevatori hanno impostato molto nella direzione della qualità e della salute del bestiame, nel pieno rispetto delle regole europee e nazionali".

“L'allevamento intensivo industriale - sottolinea il responsabile agricoltura di Legambiente, Francesco Ferrante - prevede la produzione di carni e derivati animali attraverso un vero e proprio sistema di detenzione in edifici di cemento di migliaia di animali in ambienti minimi, illuminati artificialmente, assolutamente inadeguati anche per le esigenze primarie delle specie allevate: la somministrazione forzata di cibo sottoforma di mangime, più spesso chimico che naturale, contribuisce allo sviluppo di virus sempre più forti e pericolosi prima per gli animali e poi, con le successive modifiche, per gli uomini”. Per Legambiente  “È urgente un radicale ripensamento del settore che metta al centro la qualità e l'equilibrio con la natura, in modo da poter avere prodotti buoni e sicuri per la salute”.

Anche Coldiretti in questi giorni ha ribadito l'assoluta certezza delle carni suine italiane invitando i cittadini al consumo "L'esperienza delle crisi del passato - afferma il presidente della Coldiretti, Sergio Marini - ha dimostrato che la trasparenza dell'informazione e la rintracciabilita' in etichetta e' il miglior modo per garantire i consumatori ed evitare la psicosi nei consumi che mette a rischio le oltre 5 mila stalle italiane, le quali alimentano una filiera che da' lavoro a oltre centomila lavoratori e sviluppa al consumo un fatturato di circa 20 miliardi". Concetti ribaditi durante l'assemblea annuale in questi giorni a Roma, dove in difesa della qualità delle carni italiane, è intervenuto anche il premier Berlusconi.


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