
Il Consigliere regionale lombardo Pietro Macconi di Fratelli d'Italia interviene sulla discussione sui valichi montani evidenziando come la questione non riguardi solo il mondo venatorio, ma "mette in discussione il rapporto tra la magistratura e le istituzioni politiche".
"Non si può permettere che, in nome di interpretazioni rigide di norme ormai superate - scrive - , venga bloccata un’attività regolamentata, storica e sostenibile come la caccia”. Il riferimento è all’applicazione dell’articolo 21 della legge 157/92, che vieta la caccia nei pressi dei valichi montani interessati dalle rotte migratorie: “Una norma obsoleta – spiega Macconi – usata oggi per estendere i divieti in modo indiscriminato, sottraendo alla caccia oltre il 70% del territorio montano e collinare della Lombardia”.
Il consigliere evidenzia come l’attuale clima normativo e giudiziario stia logorando la fiducia dei cittadini: “Non è più solo una disputa tecnica, ma una crescente percezione di distacco tra istituzioni e comunità rurali. Oggi, più che mai, occorre ristabilire equilibrio: né la politica può ignorare le sentenze, né la giustizia può trasformarsi in un potere che cancella ogni possibilità di mediazione”.
Macconi non risparmia critiche alla lentezza della giustizia: “È inaccettabile che la vertenza sugli ‘anellini’ – un’altra annosa questione che coinvolge i cacciatori – venga rinviata alla primavera del 2026. Questo alimenta disillusione e senso di impotenza”.
La mozione approvata in Consiglio regionale, che chiede alla Giunta di impugnare la sentenza presso il Consiglio di Stato, è per Macconi un primo passo, ma non basta: “Siamo come Sisifo, costretti ogni volta a ricominciare da capo. È tempo di regole chiare, giuste, applicabili e soprattutto rispettate”.
Il consigliere lancia infine un appello al governo e al Parlamento affinché si acceleri la riforma della legge 157 e si ponga fine a quella che definisce una “pena senza fine” per il mondo venatorio.