C'era una volta un saggio. Anzi: tanti saggi


lunedì 10 febbraio 2020
    

 
 
Vien da ridere, un riso  amaro purtoppo, quando si pensa che certo brambillismo vorrebbe convertire il gatto, o il cane, al ...veganesimo. Ormai, con gli scaffali dei supermercati pieni di mangimi dai nomi di fantasia, per infinocchiare tanto per dire  non i gatti o i cani o i criceti, ma i loro "padroni", che pretendono spesso di sostituire questo appellativo con quello di "mamma" o "babbo",  anche le persone più equilibrate hanno ormai perso il lume dell'intelletto. Non parliamo poi di quelli che portano a spasso l'amato pet col cappottino o con l'impermeabilino. O infiocchettato come tante ritepavone o sandremilo a quattrozampe. A quando  un po' di lifting tipo cavalieremasKarato, o una botta di silicone sulle labbra di Fuffi?

Sembra siano passati anni luce da quando si selezionavano le razze degli animali domestici e da lavoro, per associarli - appunto - alla gestione della casa, del cortile e delle proprie attività, casalinghe ed extracasalinghe. Basterebbe scorrere i Libri delle Origini (delle razze) per farsi un'idea di quanta saggezza c'era in chi doveva sovrintendere a queste selezioni e, soprattutto, in chi questi soggetti dalle differenti specificità li doveva u-ti-li-zza-re. Perchè era per utilità che fin dai primordi dell'umanità certe specie di animali, selvatici, si associarono all'uomo. Per convenienza. Anche loro. Una casa, un tetto, un pasto più o meno sicuro, pur se variegato, non erano poca cosa per chi altrimenti avrebbe dovuto vivere alla busca, da selvaggio. Fu così che il cane si accasò, facendo la guardia, l'aiuto pastore, il  mandriano, il cacciatore nelle sue molteplici articolazioni: da seguita, da cerca, da ferma, da recupero, da sangue. Ma anche in sostituzione dei gatti, se si pensa a certi cagnetti mignon della tradizione inglese, i terrier per esempio. E se si allunga l'occhio verso altri continenti, si trovano altre sorprese. Chi non ricorda quella Rikki-Tikki-Tavi di Kipling, la mangusta che si oppose (per mestiere, vien da supporre)  strenuamente al temibile cobra?

Il guaio è che gran parte degli "utenti" di oggi non hanno nemmeno la benchè minima cognizione della reale essenza di certe "credenze", e di altrettanti proverbi, patrimonio della saggezza popolare. Il gatto, per esempio, specie di cui si fa un gran parlare, pur ronfando a giornate sulla "sua personale" poltrona del salotto, non ha per niente dimenticato la sua essenza eminentemente selvaggia. Per esempio: Una gatta può andare in convento, ma resta sempre una gatta, dicono in Romania. Conosco un gatto, grasso e pasciuto, che a rischio di fastidiose indigestioni non rifugge dal cibarsi di gechi, o di lucertole. Un'altra gatta di mia conoscenza, anche negli ultimi anni della sua lughissima permanenza in salotto, lasciava serpentelli sullo zerbino davanti l'uscio, forse per testimoniare riconoscenza nei confronti di chi l'aveva sfamato e coccolato per una vita. "Un gatto è un gatto", dicono in Inghilterra e, a riprova, provate a seguirlo durante le sue scorribande fuori casa, anche in città. Non rinuncerà mai a a dare l'assalto a un passerotto o a un merlo, anche se sazio fino alle orecchie.

E dunque, dov'è andata a finire tanta saggezza popolare? Perchè non si riesce più a dare un senso alle cose, siano esse animate o inanimate? Perchè, per "combattere" le mosche,  si abusa di insetticidi, quando basterebbe (un tempo bastava) mettere un po' di gerani alle finestre? Perchè nessuno si ricorda più perchè eliminare un ragno portava male, mentre a ben ragionarci  si può pensare che la sua presenza in casa  assolvesse allo stesso ruolo della... carta moschicida?

Mah! Il fatto è che il mondo è cambiato. Prima avevamo tutti esperienze con l'ambiente rurale. Che non era genericamente "naturale". Era, più propriamente, un anello di congiunzione fra uomo (civile) e natura (ostile).  Il cavallo, il bove tiravano l'aratro o la carretta, l'asino e il mulo portavano carichi pesanti, il cane faceva la guardia, sovraintendeva fedelmente con l'uomo alla gestione dei lavori, almeno finchè mangiava. Quando aveva fame, invece, ritornava lupo. Il gatto, che è predatore nato, oggi come ieri, dà sfogo alla sua natura senza contestualizzare. In casa è lotta senza quartiere contro il popolo sorcino, che ancora oggi (non ce ne vogliano gli amici di  Renato  Zero) incute terrore soprattutto nel subliminale femminino.  Fuori di casa, girovago com'è, fa strage di piccoli animaletti, dando la preferenza ai tanti Tittì che prolificano indisturbati, abbondanti se non avvelenati dalla modernità, agricola come urbana.

C'è da preoccuparsene? Certamente no, se siamo ancora capaci di usare il cervello. Il nostro. Ma, se il troppo stroppia, che sia cinghiale, o nutria, scoiattolo grigio, zanzara tigre, cimice asiatica, daino, pesce gatto, minilepre, storno, vespa, volpe o formica (sono centinaia le specie aliene o fuori controllo), anche il gatto va riportato a una dimensione ra-gio-ne-vo-le. Come abbiamo sempre fatto per secoli, di generazione in generazione, quando il buongoverno delle cose, pubbliche e private, non dipendeva da un twitt (cinguettio) o da un selfie. C'è qualcuno ancora in grado di capirlo?



Vito Rubini


6 commenti finora...

Re:C'era una volta un saggio. Anzi: tanti saggi

Bravo e complimenti Rubini,bella e realistica disamina.

da Fucino cane 12/02/2020 9.32

Re:C'era una volta un saggio. Anzi: tanti saggi

C'è anche chi si ostina a dare l'80% di cereali ad un cane

da Fra90 11/02/2020 21.02

Re:C'era una volta un saggio. Anzi: tanti saggi

Gli animalisti sono gli utili idioti del sistema, funzionali a far finta di cambiare per non cambiare niente. Soprattutto in Italia. Il tanto osannato gree newdeal è poco più che chiacchiere e distintivo. Adesso vogliono candidare il ministro dell'Ambiente a governatore della Campania. Forse perchè si sono accorti che le chiacchiere alla Pecoraro Scanio non fanno farina.L'animalismo da salotto, poi, è sicuramente funzionale al business dei salotti. Ormai si punta a insierire cani e gatti (e forse anche altri pet) nel sistema mutualistico pubblico, quando ancora la sanità fa acqua in gran parte delle regioni e cinque sei milioni di poveri non hanno più nemmeno i soldi per le medicine. Si stanno spendendo fior di milioni per salvaguardare i lupi, le nutrie, i cormorani, quando la storia c'insegna che non è vero che il fucile non è regolatore. Qualcuno si ricorda l'epoca dei lupari? Consigliere di rileggere un trattatello (fine anni novanta) di Tommaso Cobellis sull'argomento.

da Matumba 10/02/2020 15.22

Re:C'era una volta un saggio. Anzi: tanti saggi

Ormai nell'uomo si è avviata una involuzione mentale spontanea e alimentata da fini speculatori a cui pochi si oppongono. Gli animalisti sono un esempio palese e tra i più gravi di questa involuzione.

da Claudio S. 10/02/2020 13.14

Re:C'era una volta un saggio. Anzi: tanti saggi

E perché il mondo venatorio col suo giro d’affari si è dimenticato di parlare col mondo urbano? Stupidità? Ingordigia? O cosa?

da Pippo 10/02/2020 12.50

Re:C'era una volta un saggio. Anzi: tanti saggi

C'è ancora qualcuno in grado di capirlo ? Questa è la domanda a cui è difficile rispondere .

da bretone 10/02/2020 9.39