Tempo fa venne a trovarmi un vecchio e carissimo amico da lunga data, per mostrarmi con orgoglio il suo ultimo acquisto: una bella carabina semiautomatica Browning Long Track in calibro 30.06 Springfield. A settant’anni suonati, quell’espertissimo cacciatore di cinghiali e in assoluto uno dei miei primi maestri, si era finalmente “convertito” alla canna rigata. Meglio tardi che mai. Silvano mi aveva portato l’arma per mostrarmela ma anche per montargli un punto rosso, così, mentre io lavoravo con barra pilota, brugole, cacciaviti e Loctite, lui per ingannare il tempo si mise ad ammirare la mia collezione di armi. “Marco, possiedi parecchi fucili, ma non ne hai uno come il mio”. “Che fucile avrai mai di così particolare?” gli risposi, consapevole che, da quando lo conoscevo, aveva sempre usato un vecchio sovrapposto con le canne tagliate! “Ho anche una carabina Winchester M1, come quella che avevo cinquant’anni fa in dotazione quando facevo il militare”. A quel punto l’anziano cacciatore mi sorprese per davvero e gli chiesi se poteva farmela vedere e in che condizioni fosse. “Vado a prenderla subito, così, se ti piace, te la regalo”. Mi colse talmente impreparato che rimasi senza parole. Lo vidi uscire dalla porta di casa svelto come un gatto e ritornare dopo neanche mezz’ora con in mano una “cosa” avvolta in un sacco nero della spazzatura. Mentre Silvano scartava l’involucro immaginai di trovarmi di fronte ad un vecchio cimelio reduce da chissà quante battaglie, invece mi porse una bellissima carabina Iver Johnson praticamente nuova d’arsenale e in ottimo stato, con una bella finitura “parkerizzata” grigio chiaro e dei legni rossicci veramente belli. Insieme alla denuncia mi diede anche circa 200 cartucce! In un batter d’occhio mi ero trovato felicissimo possessore di un pezzo di storia. Per me le armi sono come le donne: devo ancora trovarne una brutta, ma non ho molta passione per quelle ad avancarica come per i vecchi fucili ex ordinanza bolt action. Devo comunque ammettere che la piccola M1 fu veramente un regalo molto gradito.
Una volta “mia”, come tutte le armi che possiedo, per essere degna di entrare nella mia rastrelliera, prima doveva passare un piccolo test al poligono. Dopo aver sparato parecchio a vuoto per familiarizzare con lo scatto, tirai cinque colpi a cinquanta metri. Il funzionamento fu impeccabile, la precisione non male, ma la rosata purtroppo era venti centimetri in basso e spostata di una quindicina sulla destra. Operai sulla semplice ma funzionale diottra e ripetei la serie di colpi. Cinque centri ristretti in un pugno di una mano. Ottimo per il tipo d’arma. Mi considerai abbastanza soddisfatto. Riempii completamente i due caricatori in dotazione da 15 e da 30 colpi e mi divertii a tirarci qualche “raffica”, ma quando vidi che avevo sparato un centinaio di cartucce pensai: “E adesso con questi bossoli cosa ci faccio? Ma che domande: li ricarico!” Perdonatemi il tedioso racconto di come ho avuto la simpatica carabinetta M1, ma volevo farvi sapere come a volte possa essere suscitato il mio interesse verso una munizione.
Il calibro .30 M1 (7,62 x 33 mm) è nato nel 1941 e precisamente il 15 settembre, il giorno in cui che la Winchester si aggiudicò la commessa per produrre i primi lotti della carabina semiautomatica M1. Chi l’avrebbe mai immaginato che nel corso degli anni ne sarebbero state costruite oltre sei milioni di esemplari? La commissione incaricata all’adozione della nuova arma (l’US Ordinance Department) aveva chiesto ed ottenne una munizione che avesse le seguenti caratteristiche: calibro .308” (7,62 mm, lo stesso del 30.06) peso della palla 110 grani (7,13 grammi); velocità in canna da 18” di circa 600 m/s, energia erogata di 1283 joule (131 Kgm). Il nuovo Cal. 30 Carbine Ball Cartridge M1 non era certo il massimo per affrontare il nemico a lunga distanza, ma si dimostrò molto indicato sia a colpo singolo sia a raffica nelle intricate giungle asiatiche e negli scontri “casa per casa” in molte città europee. Dato che la vita della munizione è parallela a quella della sola arma che l’ha camerata (esiste anche una pistola semiautomatica in calibro .30 Carbine, la AMT, ma non credo che sia più in produzione), vediamo di conoscere un po’ meglio anche quest’ultima. La US Carbine M1A1 (la denominazione ufficiale) è conosciuta da tutti semplicemente come la “Winchester” 30 M1, anche se non tutti sanno che, con diversi gradi di finitura, è stata anche prodotta da ditte come: General Motors, Underwood-Inland, Elliot Fischer, Rock-Ola Manufacturing Corp., Qualità Hardware, National Postal Meter, Standard Products, I.B.M, Saginaw e appunto la Iver Johnson.
La M1A1 era un’arma nata principalmente per equipaggiare i soldati non impegnati in prima linea, ma ben presto le sue caratteristiche di maneggevolezza, leggerezza, affidabilità e di precisione, abbinate ad un rinculo molto esiguo e ad un discreto potere invalidante, la fece diventare una delle protagoniste della seconda guerra mondiale. Sulla scia del successo ottenuto dal modello M1A1, seguirono subito il mod. M1A2 col calcio pieghevole, l’M2 dotato di selettore per il tiro a raffica e il caricatore da 30 colpi, ed infine l’M3, con cannocchiale ad infrarossi espressamente concepito per il “cecchinaggio” notturno. La M1A1 meccanicamente assomiglia ad un Garand in miniatura; adotta un sistema di presa gas molto simile e con lo stesso otturatore rotante a due alette. E’ una carabina di facile manutenzione e di grande maneggevolezza e mi permetto di affermare che sia il munizionamento (né da pistola, né da fucile) sia il concetto d’arma, sono stati i progenitori di tutti i moderni fucili d’assalto. Che la Ruger si sia ispirata alla M1 per la sua Deerstalking 44 Magnum ed anche per la Mini 14 è innegabile, così come la Winchester per il modello 100 e la Erma tedesca per una serie di carabine in calibro 22 LR. Inoltre c’è da ricordare che tra tutte le armi ex ordinanza reduci dalla 2° WW, la carabina M1A1 è tuttora l’unica ad essere ancora in servizio presso diversi eserciti regolari (compreso il nostro) e in moltissime forze armate irregolari o gruppi paramilitari. Se faceste attenzione ai reportage televisivi, la vedreste spesso nelle mani di chi ancora combatte guerre dimenticate in nome di chissà quale causa.
Venatoriamente parlando, il calibro .30 Carbine potrebbe arrivare (e sottolineo “potrebbe” perché purtroppo non ho avuto modo di provarlo personalmente) ad abbattere fino a 100-50 metri di distanza un selvatico della mole di un capriolo, ma chi oserebbe farlo? Può andar bene per un tiro occasionale ad una volpe oppure per la caccia di contenimento alle nutrie, ma esistono senz’altro mezzi e calibri più appropriati. La carabina M1A1 va apprezzata ed amata per quello che è: un’onesta arma ben costruita, compatta, bilanciata e soprattutto molto piacevole da usare. La vedrei nelle mani dei guardacaccia come arma per la difesa personale o quella abitativa per chi vive in campagna o fuori dai centri urbani. Col suo bel caricatore a banana da 30 colpi montato ha senza dubbio un aspetto abbastanza deterrente. Oggi tutte le maggiori case produttrici di munizioni hanno in catalogo cartucce finite in calibro .30 Carbine, comprese quelle europee (addirittura anche la RWS). Tutte adottano palle da 110 grani ma almeno in varie configurazioni. Oltre alla classica Full Metal Jacket se ne trovano a punta cava HSP, a punta tonda RN ed anche Spitzer Soft Point. Il loro costo è contenuto e sono tutte di ottima fattura, ma nessuno ci impedisce di prepararcene “ad Hoc” ricorrendo alla ricarica casalinga. Dies e Shell Holder, anche se non comunissimi, sono abbastanza reperibili. Non so poi se convenga più comprare i bossoli nuovi o un qualsiasi tipo di munizione di derivazione militare. Per inneschi monta dei normali Small Rifle tipo: CCI 400, Federal 200, WW 6 1/5-116, Rem. 6 ½. Per la ricarica del calibro 30 M1 Carbine possono essere utilizzate palle da 85, 90, 100, 110, 112, 115 e 120 grani; come mia abitudine elencherò alcuni dati di ricarica relativi all’utilizzo di palle che rientrano come granitura nello standard del calibro. Qualsiasi tipo o peso di palla utilizzeremo, onde evitare malfunzionamenti, sarà necessario mantenere la lunghezza della munizione finita entro i 42,7 millimetri.
Peccato che la piccola e simpatica carabina M1A1 non sia possibile utilizzarla per un impiego venatorio, ma in compenso la sua grande maneggevolezza ed il basso costo delle munizioni possono tornare molto utili per allenarci nel tiro informale, magari per sparare alla sagoma del cinghiale corrente e quindi per prendere la necessaria confidenza con una carabina semiautomatica prima di confrontarsi con il “Re della macchia”.
Marco Benecchi