Il 224 Weatherby Magnum è il più piccolo tra i tanti calibri ideati del geniale Roy Weatherby. Weatherby non era un grande amante dei piccoli calibri, anche se iperveloci, ma sulla scia dei successi ottenuti da tutti gli altri membri della sua fortunata famiglia di munizioni, decise di realizzare anche lui una cartuccia calibro .22 denominandola .220 Weatherby Racket. I valori velocitari ottenuti dal nuovo impianto balistico erano molto elevati, ma non eccezionali, specialmente se paragonati a quelli erogati dal calibro al quale si era inspirato: il 220 Swift. Allorché Weatherby, nel lontano 1963, modificò nuovamente il suo progetto, fino ad arrivare alla cartuccia che oggi conosciamo come il .224 Weatherby Magnum. Roy riuscì quasi ad eguagliare le prestazioni della munizione presa a modello, utilizzando un bossolo “belted” cinturato, concettualmente più moderno e soprattutto di dimensioni molto più contenute. Ho deciso di dedicare uno studio al 224 WM perché essendo un calibro quasi sconosciuto in Italia e pochissimo usato per la caccia, è invece in grado di dare moltissime soddisfazioni agli appassionati di armi rigate, specialmente a chi ama dedicarsi esclusivamente alla caccia al capriolo ed al camoscio anche a distanze elevate. La mia simpatia per i piccoli calibri da caccia non è mai stata un segreto per nessuno, perché abbattono pulitamente senza sprechi e senza eccessi e sono camerati in armi leggere e compatte. Durante una mia vacanza a Ortisei in Alto Adige, scoprii che il proprietario dell’Hotel dove soggiornavo, era anche un validissimo cacciatore di montagna. Quando immancabilmente gli chiesi quale fosse il suo calibro preferito, lui mi rispose con palese orgoglio: “Uso anche con un 270 Winchester, ma mi trovo molto bene con il 224 Weatherby Magnum!”. Mi mostrò la sua bella carabina, che riconobbi subito come una Weatherby Varmintmaster Deluxe Mark V, la stessa che compare imbracciata dal compianto Franco Berti nella copertina dell’ottava edizione del bellissimo catalogo “Caccia a Palla” edito dalla Bignami.
Volendo elencare alcuni dei tanti pregi del piccolo, grande calibro in oggetto, potremmo dire che è estremamente preciso, che viene camerato in armi belle, robustissime, esclusive e leggerissime, che ha un rinculo quasi inesistente, che possiede una traiettoria tesissima e che è sufficiente ad abbattere anche un robusto camoscio fino a trecento metri di distanza. Ne sanno qualcosa molti appassionati tiratori e cacciatori d’Oltreoceano, che subito dopo la fine della prima Guerra Mondiale iniziarono degli studi sui piccoli calibri iperveloci, quelli che erano in grado di superare i fatidici mille metri al secondo. Negli anni trenta giravano molte munizioni artigianali (i famosi Wildcat) calibro .224”, ma la più potente e diffusa era la 220 Swift. I primi caricamenti di quel piccolo mostro di potenza facevano raggiungere ad una palla da 50 grani gli straordinari 4000 piedi/sec, uguali a circa1220 m/s! Una velocità così elevata, erogata in canne costruite con degli acciai non particolarmente pregiati, provocò delle sconvenienti e precoci usure delle rigature, tanto che presto l’entusiasmo suscitato dal calibro più veloce del mondo scemò. Ma ormai il danno era fatto, perché molti cacciatori americani avevano cominciato ad apprezzarlo per la caccia ai nocivi nelle loro sterminate praterie. Così, i maggiori produttori di armi e di munizioni statunitensi si rimboccarono le maniche e ripresero gli studi interrotti.
Da quelle ricerche nacquero splendidi calibri come il 222 Remington, il 222 Remington Magnum, il 223 Remington, il 22-250 R ed appunto il 224 Weatherby. Questa munizione non deriva da nessuna altra esistente e, a distanza di quasi cinquant’anni dalla sua nascita, e nonostante le sue ottime qualità balistiche, rimane uno tra i calibri .22 (5,56 millimetri) ad alta intensità meno conosciuti. Un vero peccato, perché il 224 WM è una munizione equilibrata, precisa, costante e che possiede una capacità lesiva incredibile. Un’altro motivo della scarsa diffusione del piccolo calibro Weatherby deve essere attribuito anche a motivi di carattere economico. Perché, indipendentemente dal costo esagerato della munizione, bisognava considerare anche quello dell’arma. Negli anni settanta, una Weatherby MK V calibro 224 costava più del doppio di una Winchester 70 o di una Remington 700 in calibro 22-250. Se nel suo paese d’origine il 224WM viene ancora usato per il Varminting, la caccia ai nocivi, è in Europa che trova il suo vero impiego pratico. Grazie alla nutritissima gamma di palle con cui “potrebbe” essere caricato (che vanno dalle minuscole 40 grani alle energiche 70 grani, con relative energie erogate alla bocca comprese tra i 2100 e i 2300 joule) il 224 WM è sufficiente sia per la caccia ai corvidi sia per quella al camoscio in alta montagna, ma purtroppo, come spesso accade per tutti i piccoli calibri veloci, il suo impiego e le sue prestazione sono inesorabilmente condizionati dagli agenti atmosferici come vento e pioggia e dalla scelta del peso e del tipo di palla. E’ infatti impensabile utilizzare delle palle leggere per la caccia al capriolo o al camoscio, come nessuno si sognerebbe mai di sparare ai galli forcelli e ai cedroni con delle normali HP o SP e così via. Avete mai visto gli effetti provocati da una piccola palla espansiva spinta ad altissima velocità, quando colpisce un selvatico di piccole dimensioni a pelle tenera? Il proiettile appena raggiunge il bersaglio esplode. Gli americani che cacciano i cani della prateria chiamano questo fenomeno la “nube rossa”. Non credo sia necessario spiegarne il motivo. Chi già possiede una carabina in questo calibro o magari è intenzionato ad acquistarne una usata non dimentichi questo fatto e stia molto attento al tipo di palle che ci spara e soprattutto contro cosa le spara. Tirare ad un capriolo o ad un camoscio con delle palle troppo fragili può causare delle vistosissime ferite superficiale che magari, non interessando organi vitali, provocano lunghe, inutili e inaccettabili sofferenze al selvatico. Per la caccia ai selvatici da piuma pregiati, come focelli, cedroni e otarde, e per la caccia agli animali da pelliccia come castori e volpi, è tassativo utilizzare delle palle FMJ - VM completamente incamiciate, mentre per la caccia a selvatici più grandi, come appunto caprioli camosci e piccole antilopi, opterei per delle palle di buon peso, 55-60 grani (che raggiungono facilmente i 1100 m/s) ad espansione controllata.
Purtroppo, come tutti i calibri Weatherby, anche la 224 WM è una Proprietary Cartridge, cioè una cartuccia sviluppata e messa in commercio dalla Weatherby (prodotta su licenza dalla svedese Norma) espressamente ed esclusivamente per le loro armi. Originariamente era offerta in due soli caricamenti, ambedue con palla da 55 grani SP: uno con le Nosler ed uno con le Hornady, mentre attualmente ci risulta che l’unica munizione commerciale ancora disponibile sul mercato sia il caricamento originale con palla Hornady SP da 55 grani (codice 15741-810143). Detto ciò, mi sembra ovvio che chi possiede una bella Varmintmaster e vuole anche usarla, deve ricorrere alla sana ricarica casalinga. Tutti i componenti e tutti gli accessori sono facilmente reperibili. Le polveri ideali per questa munizione sono quelle di media vivacità e per la scelta degli inneschi vanno bene sia i Large Rifle normali sia i Bench Rest, che sono molto più accurati.
Come mia abitudine elencherò alcune dosi da utilizzare prettamente per un impiego venatorio, tralasciando volutamente quelli relativi all’uso di palle poco comuni e quindi scarsamente utilizzate. Tutte le seguenti ricariche sono da considerarsi come MASSIME e quindi è consigliabile che siano raggiunte per gradi, partendo da pesi inferiori di circa il 5%.
Allo stato attuale il 224 Weatherby Magnum gode di scarsissima diffusione in Italia, sia per la cessata produzione delle carabine da parte della Weatherby avvenuta nel 1994, sia per il fatto che nella stessa categoria di munizioni non può competere con calibri diffusissimi ed economici come il 223 R e il 22-250 Remington, sufficientemente potenti, precisi, economici e di facilissima reperibilità.
Marco Benecchi