Henry Ford, il fondatore della Ford Motor Company, pronunciò una frase che poi divenne famosa: “I meccanismi che non si rompono sono quelli che non ci sono!”. Come dargli torto? Specialmente nel campo delle armi moderne da caccia queste parole sono davvero sacrosante, in particolare quando si tratta di armi semiautomatiche, piuttosto complesse sia come progettazione sia come funzionamento. Infatti, proprio per aumentare l’affidabilità e la maneggevolezza e per ridurne il peso e i costi di produzione, tutte le maggiori case produttrici di carabine semiautomatiche da caccia costruiscono armi ridotte all’essenziale con canne corte, sistemi di automatismi semplificati (oggi tutti a recupero di gas) e sono passati dall’acciaio e dal legno alle leghe leggere e alle calciature in polimeri. Il livello qualitativo è sempre elevatissimo, ma a volte….. anche le migliori possono incepparsi. Strano ma vero, il malfunzionamento di una semiauto è un fenomeno tutt’altro che raro, anzi, oserei dire piuttosto diffuso, e sono in pochi quelli che sanno riconoscerne le vere cause.
La prima è senz’altro una scarsa e/o sbagliata manutenzione. Si, perché a volte può capitare di vedere delle armi che in anni e anni di uso intensissimo non hanno mai visto né un panno pulito né una goccia di lubrificante, mentre viceversa può capitare d’imbracciare delle carabine che sono state letteralmente immerse nell’olio. Tra le due io preferisco le prime, quelle sporche ma asciutte, perché una semiauto, sia civile sia militare, “dovrebbe” sempre lavorare con solo un leggerissimo velo di olio (per questo io uso il pennello per stenderlo!) dove serve e basta. L’olio, e peggio ancora il grasso, lubrificano bene, certo, ma fanno anche spessore e sono perfetti per ritenere e accumulare la sporcizia e i residui dello sparo. Una carabina semiauto, per poter funzionare bene, deve essere sempre mantenuta più pulita che eccessivamente lubrificata. Con la stagione venatoria in corso l’olio va dato tutte le volte che si rientra dalla caccia solo sulle superfici esterne dell’arma, in particolare sulla canna e sulla culatta se è in acciaio e non in lega leggera. Una manutenzione più accurata, come quella della presa gas, del gruppo scatto, dell’otturatore con la testina rotante, andrà fatta soltanto dopo la chiusura della caccia. Un’arma ben tenuta ha sicuramente meno probabilità d’incepparsi di una trascurata e su questo dovremmo essere tutti d’accordo.
Passiamo ora alle munizioni. Molti colleghi cacciatori–giornalisti hanno consigliato per anni di usare per la caccia al cinghiale in battuta le palle Round Nose; secondo me niente di più sbagliato. Io le munizioni da usare in una semiauto che ha l’ingresso della camera di scoppio larga poco più di un centimetro, le preferisco Spitzer, con la punta ben acuminata, in grado di inserirsi facilmente nella canna, specialmente se stipate in un caricatore bifilare che le presenta alternate, una a destra ed una a sinistra. Consiglio anche di controllare molto bene la OAL, la lunghezza delle munizioni finite, specialmente ai ricaricatori. Nella caccia al cinghiale non va ricercata la precisione di una bolt, quindi il free boring non deve essere prossimo allo zero. Non dico di accorciare di qualche millimetro anche le munizioni originali (anche se io lo faccio!), ma, in fase di ricarica, assemblare delle cartucce un pochino più corte aiuta il ciclo di riarmo.
Ora passiamo al caricatore, anzi, ai caricatori, perché spesso i cacciatori ne hanno più di uno dietro, magari in tasca a riempirsi di sporcizia e a sbatacchiarsi con altri oggetti. Il caricatore delle semiauto è il cuore dell’arma. Deve essere mantenuto in ottime condizioni e trasportato in modo che si mantenga pulito e integro. E’ importante che non cada in terra e non subisca urti. Una piccolissima ammaccatura su una delle due labbra di ritegno può inficiare il corretto funzionamento dell’arma. Quindi, ai primi segni di malfunzionamento, è sempre bene fare qualche verifica con un nuovo caricatore. Ed eccoci arrivati ai problemi, cosiddetti “meccanici”. Due sono le parti che potrebbero causare dei problemi: il sistema di presa gas e…la molla di recupero! Anni fa vidi il film “Dillinger” con Johnny Deep. Rimasi molto e favorevolmente colpito quando uno dei componenti della sua banda di rapinatori portò un mitra Thompson all’armaiolo della Mala perché gli s’inceppava e quello gli disse: ” Tranquillo, nessun problema, dovrò soltanto dargli una bella pulita e togliere un paio di spire dalla molla di recupero”. Bravissimo! Anch’io, alcune volte, l’ho fatto quel lavoro.
La presa gas non presenta particolari problemi per manutenzionarla perché è facile da smontare e da pulire, le molle di recupero invece sono un vero problema per le armi semiautomatiche, specialmente quelle datate che sono state per lunghi periodi ferme. L’acciaio armonico con cui sono fatte le spire col trascorrere del tempo s’incrudisce, muta le sue caratteristiche tecniche strutturali, specialmente se non è stato ben pulito e lubrificato. Nelle armi nuove le molle di recupero dell’otturatore sono registrate in funzione delle potenze standard erogate dalle munizioni originali attuali. Mi è capitato di risolvere i problemi di alcune carabine che s’inceppavano ricaricando delle munizioni leggermente più “toste”. Come già detto si può intervenire rimuovendo delle spire, ma siccome non mi piacciono molto le modifiche ...irreversibili, prima di usare le tronchesine è preferibile tentare di risolvere il problema pulendo e ingrassando bene la molla e tenerla per un certo periodo compressa con l’otturatore bloccato in apertura. A qualcuno sarà capitato che dopo aver sparato una o due cartucce, la terza s’impunta, come se l’otturatore l’avesse spinta male o troppo velocemente contro la camera di scoppio. Questo è proprio uno dei sintomi di forza eccessiva della molla. E’ sottinteso che sia l’unghia estrattrice sia il pistoncino espulsore devono essere sempre controllati e mantenuti efficienti. Un altro fattore determinate è come siamo abituati a sparare, specialmente d’imbracciatura. L’arma, sia liscia sia rigata, deve essere premuta saldamente sulla spalla in modo che il ciclo di riamo avvenga alla perfezione, consentendo allo spillamento dei gas di far arretrare correttamente l’otturatore, disimpegnando i risalti di chiusura.
Dimenticavo, c’è un’altra cosa importante da ricordare, perché continuo a riscontrare lo stesso difetto in molte armi dotate di cannocchiali o di Punti Rossi montati da armaioli poco pratici o da dilettanti amanti del fai-da-te! Durante le fasi di montaggio di una comunissima basetta weaver oppure di un costoso e complesso pivot, occorre controllare bene che le viti non sporgano all’interno del castello, ne basta soltanto una che si affaccia per un decimo di millimetro all’interno del castello dell’arma per causare danni e malfunzionamenti. Stessa cosa per la resina frenafiletti. Non mettetela mai nei fori come se fosse dell’olio per condire, perché se penetra nell’otturatore sono guai.
Per concludere vorrei dedicare due parole alle munizioni, sia quelle originali sia quelle ricaricate. Entrambe dovranno essere sempre in ottime condizioni, quindi ben pulite e ben stipate nei caricatori. Ho visto carabine incepparsi perché usavano munizioni vecchie, ossidate e persino ammaccate. Ricaricare è bello, anzi, bellissimo, ma bisogna saperlo fare bene, perché le semiauto moderne funzionano alla perfezione solo se usiamo bossoli perfettissimi, ben ricalibrati e con la giusta lunghezza.
Cos’altro dire, spero di esservi stato utile descrivendovi alcune piccole accortezze per cercare di evitare che l’arma s’inceppi. Sono piccole operazioni da fare personalmente, oppure con l’ausilio di un buon armaiolo, prima di mandare l’arma alla casa madre per essere revisionata. Sono molto rari i casi di malfunzionamento dovuti ad un eccessivo giuoco delle parti mobili, in particolare del sistema otturatore. Come quel signore che un giorno mi portò una vecchia BAR in 300 WM da sistemare perché gli s’inceppava… Aveva il perno della camma della testina otturatrice molto usurato, tanto che l’intero blocco otturatore somigliava ad un “sonaglio”. Il buon’uomo s’era dimenticato di dirmi che con quell’arma ci avevano sparato migliaia di cartucce due generazioni di cacciatori e un 300 Winchester Magnum in semiauto non è certo uno zuccherino!
Marco Benecchi