Una campitura grigia cala dal cielo
come una tela tramata da un telaio
antico.
Dietro un davanzale il vetro gelido,
frenando i miei sospiri,
s’appanna.
La fronte poggiando sull’anta,
ghiaccia i miei pensieri e, nell’alone concentrico del fiato gli occhi scrutano a fatica nel cortile.
I passeri sul filo scuotono il petto,
i merli stizziti fischiano tra la siepe
pregna di bacche ancora crude.
Un pettirosso, saltellando
alla cuccia si avvicina, allo scagno
del mio fido…s’invola!
Stacco dal chiodo, collare e campano,
indosso calzoni e scarponi,
sull’uscio decisi strattoni di un cane che,
in un battibaleno sfora la tela dove risiede l’incanto.
Conifere verdi e tappeti marrone,
intessuti da sterpi, felci e fogliame,
guarniti da
alti, rossi ombrellini a palline:
quei funghi che coloravo sui banchi di scuola, quand’ero bambino.
Nello stagno antistante si riflette l’incanto, l’ebbrezza, il candore, i colori avvincenti.
Sulle orme di quand’ero bambino,
lungo i sentieri, tra muschi e licheni,
Ripercorro una favola antica…
…braccando regine,
ritrovo l’autunno, la vita e la mia identità.