OCCHIO DI SPINONE


mercoledì 28 giugno 2017
    

Manuele  cacciatore per passione e falegname nella vita, prima di recarsi alla bottega, amava appostarsi sin dall'alba'  sulla spiaggia per cacciare migratori di passo.    Catturava un po' di tutto:  aironi cenerini, aironi tigrati, strolaghe, gabbiani reali, piro piri, gambette, pivieri, ecc. Si cimentava anche nell'arte della tassidermia ed  esponeva quelle spoglie  nei pressi della bottega, per venderli.  Per la verità Manuele non era un avveduto imbalsamatore, perché spesso quei corpi morti avevano espressioni dimesse, se  non insignificanti.  Strada facendo  apprese a prepararli, ispirandosi alla natura del selvatico. Agli aironi cenerini dava l'atteggiamento aggressivo con gli occhi gialli sgranati, in segno di sfida. I Chiurli li imbalsamava impettiti, col becco ricurvo e con lo sguardo verso l'alto; il martin pescatore veniva preparato con un pesciolino ligneo nel becco e colorato d'azzurro. E così via. Divenne  talmente bravo che quelle spoglie sembravano esseri parlanti,  tanto che i clienti si erano fatti numerosi ed esigenti nelle richieste.  Divenne cacciatore di giornata e   quando capitava il passo,   rimaneva lì sulla spiaggia fino a sera,  con quei pochi stampi in legno da lui preparati alla ben meglio.

In quel dopoguerra i migratori non mancavano. Si adoperava a richiamarli con le labbra emettendo fischi  approssimativi,  che comunque sortivano l'arrivo dei selvatici. Si fece amica  una cagnetta randagia che incontrò fra gli scogli e che aveva la parvenza dello spinone con al collo una stagnola sui cui c'era scritto il nome di Tell. Quel cane  si rivelò utile nella raccolta  dei capi abbattuti. Imboccava anche i selvatici feriti per portarli al padrone. Fu un'amicizia lunga fra i due, fino a quando non intervenne il destino a far la sua parte.

Fu una giornata di metà settembre, quando gli stuoli lenti degli aironi  incominciavano ad  intravvedersi  dal levante, per avvicinarsi all'appostamento di Manuele  che con quel craaak gutturale più volte ripetuto, tentava di farli planare. Gli ardeidi sono uccelli che amano sostare sulle scogliere basse soprattutto quando capitano giorni di bassa marea,  per becchettare la varia minuteria alimentare che la risacca porta sulla spiaggia: gamberetti, granchi, alghe, piccoli molluschi e così via. Manuele si nascondeva alla perfezione con Tell,  in attesa dello stuolo che planasse vicino alla posta. Il giorno del destino uno stuolo ben nutrito era  sulle ali, nelle sfere celesti, tentando l'atterraggio.  Ci volle  un po' di tempo prima che  una decina di esemplari si posasse fra gli scogli e sulla ghiaia. Quel cacciatore non amava tirare al volo, memore di una teoria raccontata dagli  avi, a sostenere che gli stuoli posati sugli scogli e già intenti alla pastura, una volta sparati, ritornano  ad alimentarsi. Diversamente dai selvatici sparati a volo che si allontanano definitivamente.

Gli ardeidi  beccuzzavano per poi sollevare il capo e impettiti sbirciare l'orizzonte. Indugiò  ancora, tenendo a bada Tell,    sempre pronta al  recupero. Manuele attese  un po' e poi da una fessura dell'appostamento, infilò la doppietta e tirò all'uccello più vicino. Esplose una cartuccia caricata col cinque e con polvere cordite ricavata da residui bellici. L'airone, ferito, guadagnò gli scogli e si portò nell'acqua bassa, impotente a volare. Era steso su di un fianco e di tanto in tanto sollevava l'ala, desideroso di riaversi, mentre nel cielo i consimili lo aspettavano per proseguire nel viaggio migratorio.

Tell attendeva l'ordine del recupero mentre Emanuele era indeciso se consumare un 'altra cartuccia o no. Poi  ordinò al cane il recupero,  nulla sapendo degli eventi imminenti. Lo spinone di corsa saltellò sugli scogli  e abboccò l'uccello da una zampa. L'airone sanguinolente riprese  le  forze, e sfoderando quella  micidiale arma del  becco a pugnale, colpì lo spinone ripetutamente sulla testa, fino al punto che l'occhio destro del cane fu strappato dalle   beccate. L'amico Tell scagnando a più non posso per il dolore lancinante e orbo dell'occhio, ritornò al padrone versando sangue.  Manuele sorpreso dagli eventi cercò di correre ai ripari infilando la testa dell'animale nell'acqua salata e avvolgendola in un ampio fazzoletto.   Ma la linfa sanguigna fuoriusciva da ogni dove  fino a quando la cagnetta,  stremata , esalò l'ultimo respiro,  mentre l'uccello allontanandosi dalla spiaggia si perdeva fra i gorghi.  L'uomo rimase sconvolto sia da quella ferocia alata che dalla morte  tragica del cane che fu sepolto fra i sassi e  scogli a perenne memoria del nulla. Il padrone fece ritorno all'abitazione, triste e ammutolito. E fortemente scosso dalla morte dell'amico. Per un  po' di tempo, non si portò più sulla spiaggia per cacciare e per vivere. E così, dopo vari anni, ormai molto vecchio, anche lui ritornò nel misterioso seno della terra.

 


Domenico Gadaleta


2 commenti finora...

Re:OCCHIO DI SPINONE

airone tigrato in Italia?

Voto:

da griseto rosso 29/06/2017 8.50

Re:OCCHIO DI SPINONE

E' la lotta per la sopravvivenza che coinvolge non solo gli animali, ma anche l'umana specie.Tutti lottiamo contro il destino, il male, la morte.Quanti cacciatori hanno perso i loro cani nella lotta contro forze avverse che hanno incontrato nelle giornate di caccia.La grande avventura della nostra passione con solo ci coinvolge,ma spesso ci travolge negli affetti più cari. Ma la vita continua!

Voto:

da Amante della natura. 28/06/2017 16.13