Allarme degli allevatori: i troppi cervi fanno ammalare le nostre capre.


venerdì 20 febbraio 2009
    
Gli allevatori delle Valli del Luinese sono preoccupati per una malattia che sta decimando le loro capre. Stiamo parlando di un'infezione dovuta all'Elaphostrongylus cervi, un parassita tipico dei grossi ungulati che attacca il sistema nervoso degli ovini, provocando un progressivo indebolimento dell'animale che finisce per non riuscire più a sostenersi sulle sue zampe. Il contagio avviene tramite le feci dei cervi lasciate sugli stessi pascoli in cui si nutrono le capre. La situazione è aggravata dal fatto che non esiste una cura specifica a questo parassita, per cui le capre colpite vengono spesso abbattute. Secondo gli allevatori sono troppi i cervi che dalle montagne della zona scendono a valle per nutrirsi. Sul problema del numero dei cervi l'assessore provinciale alla caccia Bruno Specchiarelli ha  esplicato quanto finora è stato fatto “abbiamo sempre rispettato gli abbattimenti programmati – spiega – che avvengono mediante l’apertura di finestre programmate. Per la Provincia, non finiremo mai di ripeterlo, cervi, mufloni e daini costituiscono una risorsa. Tuttavia è bene che questi animali non vengano a contatto con l’uomo: devono restare nel loro habitat, e in assenza di predatori, anno per anno, si stabiliscono quantità e tipologia da abbattere. I cacciatori seguono un corso specifico e viene loro assegnato un capo da abbattere e possono sparare solo a quelli indicati. Si seguono criteri di selezione naturale, che è la più spietata, proprio come accadrebbe in presenza di predatori, che attaccano i soggetti più deboli. Capita che un cacciatore debba sparare a cuccioli, a esemplari vecchi o a femmine”. Il territorio provinciale popolato da animali selvatici viene diviso in due aree, una alpina e una a quote più basse: in tutto la popolazione di cervi ammonta ad oltre 400 esemplari. Poi vengono un migliaio di caprioli, 250 camosci e 300 mufloni e tantissimi cinghiali.
«Quest’anno abbiamo raggiunto l’84 per cento degli abbattimenti programmati nella zona alpina e il 73 per cento nell’Atc1 (l’altra area in cui viene divisa la provincia) – conclude Specchiarelli – rigorosamente seguendo le direttive del piano abbattimenti approvato dall’istituto nazionale fauna selvatica».

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