A quanto si dice, la cura di Monti, dispiegata la manovra lacrime e sangue – ma per carità, non la chiamiamo così: potrebbe deprimere i mercati!! – dovrebbe prevedere anche una fase due, quella del rilancio, della crescita, della…riscossa.
Per la caccia, molti si chiedono se in una situazione del genere ci sarà tempo e voglia per sciogliere i tanti nodi in cui, anche per nostri errori, ci siamo avviluppati. Molti altri, fra di noi, si interrogano su cosa noi possiamo fare per aiutare noi, visto che la politica, aldilà delle manovre e manovrine, promesse e vaniloqui dei soliti noti per accaparrarsi il nostro voto, poco fa e poco può fare. Soprattutto se noi procediamo in ordine sparso, con idee che contemplano tutto e il contrario di tutto.
Un annetto fa, mese più mese meno, fra i tanti buoni propositi, si registrò quello di riordinare il nostro sistema organizzativo sia snellendolo al suo interno, sia favorendo un processo di unificazione tra le principali rappresentanze venatorie, sia riattivando il tentativo di dialogare fra istituzioni e categorie interessate. Com’è andata a finire, lo sappiamo tutti. Sul fronte dello spontaneismo sono nate due o tre organizzazioni, ognuna depositaria di soluzioni politiche più tattiche che strategiche, in conflitto fra di loro, mentre sul fronte istituzionale, la maldestra applicazione della “comunitaria” – susseguente a una maldestrissima approvazione – ha quasi fatto cadere le nostre organizzazioni in un tranello che mirava a ridurre ancora di più i nostri orizzonti senza niente concedere su altri fronti che non fossero quello dell’art 18. Col tentativo di ridimensionarne ancora la portata, dell’art. 18, sulla base di inconsistenti, errate, e punitive interpretazioni mutuate dall’ISPRA, ormai chiaramente organo non più scientifico (ha dichiarato ufficialmente di non essere in grado di fornire dati) ma “politico”: ha dato pareri negativi giustificati sul nulla!
Nel frattempo, il decreto lacrime e sangue ha innestato anche nelle nostre problematiche una novità rivoluzionaria, visto che entro un paio d’anni al massimo si è deciso che scomparirà il livello amministrativo più prossimo al territorio, le Province. Rimettendo in discussione un sistema gestionale che in questi ultimi vent’anni ha peraltro fatto fatica a organizzarsi.
Cosa augurarsi dunque per il periodo che – inesorabilmente – ci divide dalle prossime elezioni politiche. Vi sarete accorti che la campagna elettorale è già partita e bene o male che vada, entro un anno o poco più andremo a votare.
Primo, che le nostre rappresentanze trovino una sintesi e comunque non mollino il presidio nei confronti di Governo e mondo della politica, nel pretendere una revisione sostanziosa della 157, che da una parte faccia chiarezza sulle implicazioni pratiche della normativa comunitaria: linee guida, per intendersi; dall’altra superi il dualismo pernicioso nella gestione del patrimonio faunistico, ricco, ricchissimo, il più ricco in Europa. I nostri avversari si mettano l’animo in pace: nelle regioni con maggiore incidenza di cacciatori, il territorio è meglio gestito e la fauna selvatica gode di ottima, ottimissima salute. E’ per questo, anche per venire incontro alle richieste dei nostri partners agricoltori – li possiamo chiamare cosi? - , dovremo ripristinare accettabili equilibri intervenendo gratuitamente, senza costi ormai non più sopportabili, anche all’interno delle aree a diverso titolo teoricamente protette, ma praticamente terra di nessuno (e preda delle più bieche clientele di un ambientalismo becero e inconcludente), salvo il ridicolo divieto di prelievo venatorio.
Secondo, che vengano restituite alla caccia e al territorio le risorse che per legge le spettano. Sono soldi nostri, che per legge, lo ripetiamo, devono essere destinati a specifici obiettivi sociali e di tutela ambientale. E qui qualcuno dovrebbe tirare le orecchie a chi – associazioni venatorie, tutte, associazioni di categoria, sedicenti amici che stanno lì a fare i politici grazie ai nostri consensi – non ha sufficientemente vigilato e fatta pressione su Governo e Parlamento, che senza nemmeno darcene una spiegazione hanno dimostrato che in Italia il diritto è una categoria del fantastico.
Terzo, che si proceda immediatamente a una rapida ridefinizione dell’architettura amministrativa locale. Ne va della futura prossima gestione pratica del territorio. E anche qui, le nostre rappresentanze locali, in accordo prima di tutto col mondo agricolo, dovranno dimostrare impegno, lungimiranza e molto senso pratico. E abbandonare l’eterna litigiosità che finora ha prodotto solo un rovinoso immobilismo.
In bocca al lupo a tutti
Vito Rubini