Punto cinghiale. Ma non solo


lunedì 14 dicembre 2020
    

 
Facciamo il punto. Prima cosa: come in tutta Europa, anche a casa nostra, in Italia,  il cinghiale si sta allargando. Seconda cosa: in Italia, la conformazione orografica a prevalenza collinare montuosa ha spinto a valle, da tempo, i nostri concittadini, compreso gran parte di noi, cacciatori, che purtuttavia siamo fra i pochi a continuare a presidiare quei territori durante tutto l'anno (e non solo per il cinghiale). Con la conseguenza che tutte queste terre spopolate hanno favorito l'insediamento di diverse specie di fauna selvatica. Ungulati in primo luogo e cinghiali in particolare, visto che sono una specie opportunista per eccellenza. E poiché di cosa nasce cosa, saturato il territorio, questi signori cinghiali, soprattutto in mancanze di pasture, a volte si spingono a valle in cerca di pascoli più "a buon mercato", magari sospinti da un altro insidioso ospite del bosco: "messer lo lupo".Terza cosa: volere o volare, con le disposizioni sulla caccia sempre più vessatorie, la caccia al cinghiale ha salvato la situazione, con non pochi mal di pancia, purtroppo, di agricoltori e  di altre categorie di cacciatori.

Tuttavia, non tutti i mali vengono per nuocere, perchè nel frattempo, la caratteristica forma di caccia in braccata, ormai diffusasi - dalle maremme -  in tutto il paese, ha fatto si che le squadre di cinghialai si siano strutturate, gerarchicamente, abbiano adottato regole ferree di comportamento, siano diventate  un vero e proprio presidio del territorio. Forse l'unico. Sicuramente il più attivo, per presenza e consapevolezza. Tanto che, capisquadra e cinghialai fanno parte o affiancano sempre più spesso le organizzazioni locali di protezione civile, in occasione delle tante, troppe, emergenze che in ogni stagione (incendi, frane, alluvioni) massacrano le nostre terre. Questa realtà, di per sè importante, importantissima, passa quasi sempre sotto silenzio, a causa dellì'assordante frastuono mediatico che la grande stampa e la televisione imbastiscono per colpevolizzare la caccia e i cacciatori. Ingiustamente, noi lo sappiamo. E qui però, qualche riflessione su quello che dovremmo fare per riqualificare la nostra immagine e il nostro ruolo prima o poi sarà necessaria. A mio parere, più prima che poi. Perchè le condizioni ci sarebbero tutte per rilanciare alla grande.

Abbiamo detto che i cinghialai sono organizzati. Secondo accreditate opinioni, per le loro caratteristiche organizzative, sono più padroni della situazione anche delle associazioni venatorie stesse, che spesso  si attardano a litigarsi fra loro, col rischio per alcune di perdere la residua credibilità. Mentre invece, lavorando tutti insieme, i vantaggi potrebbero essere consistenti.

Le squadre, appunto. I capisquadra, veri e propri capibastone in grado di meritare la fiducia della tribù. Non solo delle decine di cacciatori,  ma anche delle loro famiglie, mogli, figli, parenti, amici, con forme di socializzazione da fare invidia  a qualsiasi organizzazione di volontariato. Cene e ricorrenze, opere di beneficenza, vantaggiose relazioni con le istituzioni.

Nelle regioni dove la caccia al cinghiale ha più storia, esiste da tempo un coordinamento fra le squadre, in buona parte utilizzato per armonizzare l'attività di caccia nei diversi distretti. Ma che in momenti di emergenza ha dato prova di saper andare oltre. Ecco, su questo "oltre" si potrebbe costruire - le associazioni venatorie più assennate dovrebbero costruire - una piattaforma che possa far sentire la sua voce nei confronti della comunità, della politica, delle istituzioni. Dimostrando che tanti dei problemi del territorio potrebbero trovare soluzione. Una voce pacata, decisa, autorevole,in grado di affrontare non solo certe difficolta di gestione faunistica, ma anche problemi che interessano una più vasta audience che con la caccia ha spesso un rapporto agnostico se non addirittura conflittuale. Un salto di qualità, insomma, che porterebbe vantaggio a tutta la categoria, a cui si potrebbero collegare tutti coloro che grazie alla passione per la caccia tengono a custodire e preservare quell'immenso patrimonio naturale, culturale e sociale che è la ricchezza del nostro paese.
 

Alfredo Mazzotta

20 commenti finora...

Re:Punto cinghiale. Ma non solo

Condivido totalmente le parole di Edoardo, pur essendo membro di una squadra.

da Tundra 19/12/2020 14.55

Re:Punto cinghiale. Ma non solo

si vedono pochi commenti...

da ss 18/12/2020 15.34

Re:Punto cinghiale. Ma non solo

Edoardo, ottimo ed in tutto condivisibile.

da Frank 44 17/12/2020 11.05

Re:Punto cinghiale. Ma non solo

essere fatte. Nei molti ATC degli Appennini i soldi vengono recuperati dalla caccia di selezione ai caprioli! E' con quei soldi che vanno avanti e acquistano lepri, pernici, ecc. Ne' con la quota delle Squadre ne con quelle dei lepraioli o di chi caccia la stanziale..... Dal mio punta di vista blindare questo ungulato da 1 sola categoria di cacciatori vuol dire, continuare ad avere il problema del suide sul territorio, meno soldi per gli ATC e di consegnenza meno da investire nell'ambiente come riqualificazioni ambientali, ecc. Che poi la braccata deve essere tutelata perchè fa parte della tradizione italiana, perchè ha un'organizzazione sociale che altri tipi di caccia non hanno questo è un altro paio di maniche e non lo metto in dubbio. Però da qui a dire che in assenza delle Squadre di Cinghialai le cose andrebbero peggio, scusi ma mi faccio una grassa risata. Le ricordo che nelle AFV un suide viene pagato a partire da 200/300 € fino a 30/40kg per arrivare a 1200€ al capo per animali da quintale e la gente non manca....

da Edoardo 16/12/2020 12.37

Re:Punto cinghiale. Ma non solo

Caro Alfredo, non sono qui a contestare il lavoro socialmente utile svolto dalle Squadre di cinghialai che sicuramente ricoprono un ruolo predominante sia all'interno degli ATC (giornate di lavoro, ecc.) sia come attività di protezione civile sul territorio. Quello che contesto è il fatto che, delle partiche di caccia consentite per questo ungulato, quella della caccia in braccata (che in Italia va per la maggiore) di certo è quella che riesce meno e peggio a far fronte alla gestione faunistica del cinghiale. Questo è assodato ed ogni corso di caccia al cinghiale in forma collettiva proposto da "Associazioni" serie con Dottori in Veterinaria e Gestione di Fauna Selvatica di certo esortiranno il corso in questo modo. Il fatto che in molte regioni (Emilia Romagna in primis) la caccia al cinghiale sia comunque prerogativa delle Squadre, molti regolamenti regionali infatti bloccano di fatto la selezione a chi non fa parte "del mondo delle Squadre" la dice lunga! E diciamocela tutta: io da cacciatore in squadra perchè dovrei fare selezione in altri periodi dell'anno? Per rovinarmi le cacciate con la squadra in autunno (cani, strutture, ecc. hanno un costo); di fatti nel resto dell'anno gli abbattimenti vengono effettuati solamente su animali "problematici" in modo da non indispettire nessuno tra agricoltori ed istituzioni (almeno nella realtà dove caccio). Da questo punto di vista infatti vige una "mafia del cinghiale" dove chi è abilitato al prelievo non può cacciare perchè non fa parte di questa cricca. A giugno e luglio con tutti gli alberi da frutta abbandonati per le campagne ci vorrebbe davvero poco a fare un prelievo selettivo serio e su vasta scala, ben oltre quello svolto in autunno dalle Squadre e, con quote da 100€ a 200€ a cinghiale prelevato gli ATC potrebbero avere i soldi necessari per compiere lavori di riqualificazione ambientale sia per gli ungulati sia per altre specie di selvaggina che al momento non possono