QUESTIONE DI CORPO lunedì 13 aprile 2015 | | Modestamente - io sono nessuno, come diceva Ulisse - da semplice cittadino, mi permetto di non accodarmi al coro di proteste - molto autorevoli - nei confronti del Governo per la ventilata idea di accorpare il Corpo Forestale dello Stato ad altro organo di vigilanza (nella fattispecie la Polizia), per razionalizzare, semplificare e ridurre i costi del sistema. E soprattutto migliorare il servizio.
Non c'è dubbio che, leggendo i giornali, il CFS dispone di una grande capacità di allestire consenso. Un buon ufficio stampa, si direbbe. Un potere di relazione fra organismi diversi, ma che contano, per suonare una grancassa che con questi chiari di luna la si potrebbe orientare in direzioni ben più significative, per il bene di questo nostro martoriato paese.
Avrei apprezzato, per esempio, che tutta questa apparecchiatura mediatica, riscontrata anche qualche mese fa per glorificare il Museo dei Crimini Ambientali allestito al Bioparco della Capitale (ma non era lo Zoo? ah i miracoli del politically correct, tanto caro alla nostra nomenclatura che così si illude di nascondere la realtà), fosse stata con altrettanta enfasi riservata ai veri crimini ambientali che - ma guarda che sfortuna - scorrono quotidianamente davanti agli occhi dei Forestali, ma a quanto sembrerebbe....a loro insaputa. Uno strabismo galeotto, che nell'ultimo mezzo secolo ha colpito anche gli ambientalisti nostrani, siano stati essi organizzazioni private o di emanazione "pubblica", in quanto sostenuti dal contributo non volontario di noi comuni cittadini, che li vorremmo lì per sorvegliare, affinchè non si perpetrassero quei grandi scempi che purtroppo nessuno può più nascondere, tanto sono gravi.
Noi cacciatori, che probabilmente presidiamo il territorio più (e in qualche caso meglio) di molti Forestali, sicuramente cento volte meglio degli ambientalisti, più abituati ai talk show che a scarpinare in campagna, sappiamo bene come stanno le cose. E le cose non stanno bene, anzi, stanno molto male.
Non sta a noi suggerire soluzioni. La materia è complessa. Tuttavia è sotto gli occhi di tutti che in Italia i corpi di Polizia sono funzionali al concetto classico di "ordine e contrordine". Per tanto tempo la Polizia ha operato (e forse ancora opera) senza coordinarsi con i Carabinieri, con la Guardia di Finanza, con le Polizie locali. E viceversa, ovviamente. Le catene di comando sono strutturalmente differenziate. Ogni Corpo dipende da un diverso ministero (difesa, interni, economia e finanze, giustizia, agricoltura), ogni polizia locale risponde al proprio "datore di lavoro" (regione, provincia, comune; ma anche Vigili del Fuoco, Servizio Sanitario, Guardia Costiera, Corpi Forestali Regionali). Ognuno di questi a volte è apparso come una centrale autonoma di decisione, tanto che, purtoppo, abbiamo assistito anche a gravi misunderstanding per mancanza di informazioni e di coordinamento.
Intendiamoci, conoscenze e competenze vanno salvaguardate, ma quello che dispiace è assistere a certi sgomitamenti per contendersi poltrone (ben remunerate) e visibilità personali, che francamente stridono con gli altisonanti "motti" che si leggono sulle insegne e sui labari. Non è il caso di parlare di qualcuno in particolare, ma, quanto a diffrenziazione, suona strano per esempio che nei Carabinieri si assista a un ricambio rapido delle responsabilità (di solito, agli alti livelli, trasferimenti e incarichi ruotano ogni paio d'anni), e in altri ordinamenti si proceda con maggiore lentezza.
Per il presidio delle nostre campagne, poi, la sovrapposizione e la confusione regnano quasi sempre sovrane. Qualche amministrazione locale, dotata di un po' più di lungimiranza, ha da tempo creato un coordinamento che coinvolge forze dell'ordine, Protezione civile ma anche le guardie giurate volontarie delle diverse associazioni. E qui stendiamo un velo pietoso, sul pietismo - appunto - che sottende alle inziative delle guardie "ecologiche" che dipendono dalle organizzazioni ambientaliste. Anch'esse totalmente strabiche, visto che spesso si attaccano a cavilli d'interpetazione malevola della legge quando c'è da stangare un inerme cacciatore, e glissano su tutto il resto. Sarebbe oltremodo istruttivo per esempio che si favorisse la conoscenza statistica di quante denunce sono state prodotte con oggetto i reati ambientali (quelli veri) in proporzione alle contestazioni di "reati" venatori.
Ho letto di recente di qualcuno di questi componenti delle forze dell'ordine che grazie a un'intrepretazione personalistica delle disposizioni in fatto di dissesto idrogeologico, ha contravvenzionato dei malcapitati che avevano eretto un precarissimo (e ininfluentissimo) appostamento di caccia. Con tutti gli ecomostri che punteggiano il Belpaese dalle Alpi al Lilibeo, che passano da decenni inosservati. E quindi indenni.
Ma, mi si potrebbe obiettare, è la moda, bellezza! Fa più audience "salvare" un gattino - percarità, diolosalvi, con le brambille che girano non vorrei essere denunciato per istigazione al maltrattamento di animali - maldestramente appollaiato su un ramo troppo alto di un tiglio di un parco cittadino, o fare la posta per quindici anni a fantomatici gnomi sull'Appennino tosco-romagnolo, piuttosto che contestare lo sversamento di liquami tossici - visibilissimi anche per un profano - nelle limpide acque (sempre più rare, purtoppo) di un ruscello. Certo, lo so anch'io. Ma in tempi di crisi come questa che stiamo vivendo, mi hanno insegnato che si dovrebbero rispettare certe priorità. E per me, il benessere animale si tutela non comprando il cappottino ultimo grido al corgi, con tutta la simpatia che si può avere per la regina d'Inghilterra, ma adottando uno stile di vita più ruspante, più consono, in sintonia con i principi di gaia, che ci insegnano morigerazione, rispetto delle leggi di natura, e denuncia dei misfatti ambientali diretti e indiretti a cui si assiste quotidianamente, nell'indifferenza generale. A questo dovrebbero essere dedite le forze dell'ordine, qualunque sia il corpo a cui appartongano, qualunque sia il comandante da cui dipendono. Ma in Italia, si sa, questa musica piace poco. Vito Rubini
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