I cacciatori nel regno delle eterne emergenze


lunedì 27 maggio 2013
    
Corre sempre più voce che lo Stato è alla vigila della bancarotta. E' una esagerazione, ovviamente, per un paese che – in Europa - a garanzia dei debiti - ingenti, non c'è dubbio - insieme alle risorse, ingenti, del patrimonio pubblico, ha fatto leva anche sui risparmi degli italiani. Che ammontano a più di ottomila miliardi di euro, quattro volte il debito, caso unico al mondo. Certo è, tuttavia, che questa nostra classe dirigente, che non nasce dal vuoto siderale, ma è – “digiamogelo” una volta per tutte – l'espressione del cuore e della pancia del popolo italico, dovrà presto ricorrere ai ripari. Ovvero: recuperare consensi dimostrando che riesce a ridurre gli sprechi, migliorare le performances finanziarie, tornare con i piedi per terra, dopo decenni di serafica permanenza su...Marte.

Fra i tanti sprechi, quelli collegati alla cosiddetta “tutela ambientale” sono fra i più evidenti. Soprattutto a noi cacciatori che, nel mentre paghiamo profumatamente per esercitare un nostro diritto sancito costituzionalmente, contribuiamo col nostro impegno e il nostro portafoglio a fare quel poco che si fa, proprio in termini di salvaguardia del territorio e difesa del patrimonio faunistico.

Non è più possibile assistere passivamente alla dissipazione di risorse pubbliche per alimentare la cattiva gestione di tanti parchi e di tante aree protette. Dove si annovera un surplus di personale col quale un semplicissimo imprenditore privato, un contadino per esempio, dissoderebbe e metterebbe a frutto tutta la SAF (Superficie Agricola e Forestale) del paese. Si sa di parchi che contano più di settanta dipendenti, e che quando c'è da fare qualcosa, affidano lauti incarichi e consulenze a professionisti esterni.

Non che in certi ATC se la passino meglio. Quando si impiega una parte consistente delle quote dei cacciatori per pagare affitti di sedi e progetti fotocopia affidati spesso ai soliti noti.

Poi c'è il problema danni. La cui causa principale sta proprio nella farraginosa gestione dei controlli. Con gli agricoltori che protestano, gli ambientalisti che contestano e le amministrazioni pubbliche che - nel gestire l'eterna emergenza - non sanno più a che santo votarsi. Non soltanto oggi, ma soprattutto domani, quando con un popolo dei cacciatori che sta invecchiando, sarà sempre più difficile recuperare manodopera a costo zero. Perchè se i talkshow e le striscielenotizie sono affollate da protezionisti da salotto, quando c'è da fare sul campo sono sempre i soliti cacciatori che si vedono all'opera, magari con la fascia di "Volontario della Protezione Civile”. E pensare che il problema dipende proprio da quel 30% di territorio “santuario” dove guai a chi tocca un animale, che ieri si chiamava “nocivo”, oggi per la logica del politically correct è stato ribattezzato “opportunista”. (Speriamo che la convocazione d'urgenza di governo e parlamento sul problema dia presto le risposte che tutte le persone sane di mente si attendono).

Quando poi, e questo appare ormai assurdo, non poche amministrazioni attingono ai fondi dei cacciatori per finanziare progetti presentati, sostenuti sui media e immaginificamente gestiti dalle organizzazioni ambientaliste. Che poi, pensa un po', magari usufruendo degli stessi soldi, imbastiscono feroci campagne anticaccia. Il tutto favorito da un Ente, oggi denominato ISPRA (ieri Infs/IstitutoNazionaleFaunaSelvatica; ieri l'altro INBS/IstitutoNazionaleBiologiaSelvaggina; e ancora prima Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia), che istituzionalmente dovrebbe occuparsi di attività venatoria e fauna selvatica, mentre invece, dipendendo dal Ministero dell'Ambiente, è condizionato, ovviamente, da politiche ambientaliste che fanno da paravento ai decenni di cattiva gestione dei veri problemi ambientali del nostro beneamato paese: inquinamenti, dissesto urbanistico, speculazioni fondiarie, incuria, ecomafie, ecoballe.

Un ente, che si permette di non fare (ricerca, raccolta dati) e proprio per questo di emettere sentenze di diniego causa la mancanza di dati. Un ente, che elabora linee guida sulla gestione degli ungulati, che vengono immediatamente bloccate per la palese inadeguatezza rispetto al problema stesso (l'esagerata consistenza delle popolazioni). Un ente, che si rifiuta di produrre linee guida sulla migratoria, perchè contesta quanto concordato a Bruxelles dagli organismi comunitari, ispirati da un organizzazione, Birdlife, il cui corrispondente in Italia è la stessa Lipu, dalle cui labbra pendono certi uffici del ministero.

A tutto questo, purtroppo, si aggiunge una profonda crisi delle vocazioni. Mancano i giovani cacciatori, mancano forze e menti fresche, manca il ricambio. O meglio, quello che c'è non è sufficiente. Nella futura allocazione delle (sempre più ridotte) risorse - in particolare: fondi e bilanci delle province (ex?) e degli ATC (urge almeno un accorpamento funzionale, altro che il supersdoppiamento suggerito dal cosiddetto tecnico Franco Perco) - oltre a ridurre gli sprechi, che ci sono, sarebbe perciò opportuno applicarsi per traghettare gli investimenti dalla voce ricerche-progetti (molto cari ai tecnici faunistici, ma ormai per la maggior parte difficilmente sostenibili), a quella (in buona parte da inventare) per rendere compatibile l'interconnessione fra prevenzione dei danni e gestione del rapporto fra capitale faunistico e territorio. Attingendo al volontariato (cacciatori in primis, visto che almeno le associazioni venatorie più attive  oggi hanno nel loro statuto finalità sociali) e a certi dispositivi per l'occupazione giovanile (lavoro in agricoltura, cooperative, assegnazione di incarichi ad associazioni d'impresa).

Un modo - quello di creare lavoro - per richiamare l'attenzione dei giovani anche sul fenomeno culturale "caccia". Hai visto mai che offrendo opportunità di lavoro, sempre più giovani si riaffaccino al nostro mondo? C'è, sempre più impellente, ad esempio, il problema della trasformazione delle carni, della gestione forestale del bosco, il recupero dei sentieri con obiettivi anche venatori. Insomma, argomenti che fino ad ora – ma solo sulla carta, quella stampata - sono stati in buona parte appannaggio degli ambientalisti (spesso attingendo alle risorse provenienti dalla caccia), ma che potrebbero servire anche per rompere quella dicotomia che fino ad ora ha mantenuto (ad arte?) su posizioni contrapposte cacciatori e (fasulli?) tutori dell'ambiente.

Al proposito,  sul recente rapporto “Multifunzionalità agricola, biodiversità e fauna selvatica”, coordinato da un ottimo tecnico, Marco Genghini, si legge di una “multiarticolata” realtà sull'appennino toscano, dove si conciliano numerose attività, fra le quali molte affidate ai cacciatori (censimenti, corsi, lezioni e guide sul territorio, ecc.), che tuttavia – con la semplice apposizione di un cartello - appaiono di fatto attribuite a una nota associazione ambientalista.

E allora, perchè non porre fine a questo maledetto ostracismo nei confronti della caccia e dei cacciatori e far risultare le cose come stanno?


Vito Rubini

 P.S. Mi piace chiudere riproponendo una nota, quella postata da Ettore, su Bighunter del22/05/2013 , alle 20.17, nella quale sfido chiunque a non riconoscersi. Ormai e' risaputo – scrive Ettore - che le aree protette (cosi' come sono intese nel nostro paese) hanno fallito. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito ad un proliferare di questi territori che hanno portato soltanto a dei musei a cielo aperto, senza nessun tipo di ricavi e per lo più invisi alle popolazioni che ne sono prigioniere, alle quali popolazioni nella maggioranza dei casi prima dalle istituzioni sono state fatte promesse che la situazione andava sicuramente migliorando; purtroppo non e' andata mai cosi': sono stati fatti dei regolamenti assurdi; conosco delle persone che hanno dovuto cedere il loro bestiame, non si può raccogliere legna, ci sono forti limitazioni a raccogliere frutti di sottobosco, bisogna fare attenzione a non mettere una ruota fuori posto perche' ne va di una bella multa etc... ora io dico: ma non si può fare un parco con tutte le attività umane annesse, magari con una regola per ogni attività ma senza mettere divieti per tutto, come [succede] in alcuni parchi americani? E allora si' che il parco avrebbe un senso e di sicuro l'ambiente se ne gioverebbe. In poche parole si devono cogliere i frutti del parco (gli interessi che la natura ci offre, senza intaccare il capitale).


10 commenti finora...

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

I Francesi hanno anche inventato la ghigliottina .... noi i cappottini per i barboncini. Ma quanti giaguari dobbiamo smacchiare ? Abbiamo sicuramente finito l'acqua ragia

da Renzo 29/05/2013 15.56

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

sì certo Roberto, hai ragione, in Francia hanno avuto anche loro un calo negli ultimi decennni, che è fisiologico in tutta Europa. L'aumento cui facevo cenno si riferisce ai dati degli ultimi anni: insomma, hanno avuto, pare, un'inversione di tendenza che da noi, ahimé, è ben lungi da venire.

da 100%cacciatore 28/05/2013 21.04

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

Chigi si chiamava, mi pare, e dette il nome all'Istituto. Quanto ai numeri in Francia, anche loro negli ultimi 20-30 anni sono diminuiti. In discreta percentuale. Erano più di due milioni. La differenza è che là, in Francia, c'è un accordo con i proprietari terrieri che non campano di degats (danni) ma di affitti. E il territorio ASP è maggiore sia in assoluto sia relativamente alla popolazione e alla popolazione dei cacciatori. Le deroghe, poi, sono piccola cosa rispetto a quanto stiamo chiedendo noi, a mio avviso giustamente. Non ne possiamo più di storni, piccioni torraioli, tortore dal collare. Ma vogliamo anche i fringuelli. E invece siamo relegati a catturare cornacchie, intrappolare cinghiali caprioli e cervi per liberarli a 200 km di distanza, che quindi tornano a casa nel giro di una settimana ma anche meno, ridurre le volpi col sale sulla coda,lasciare che le nutrie ci distruggano gli argini con ampie fughe di...acqua, lupi che divorano intere greggi, orde di cani famelici che scorrazzano indisturbati, anzi protetti dalle brambille, e via e via e via....

da Roberto Be. 28/05/2013 16.53

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

Gli Italiani amano complicare le cose perche è nel loro DNA. Basta guardare come è conciato il Paese tutto. La macchina burocratica sta sgretolando anche quello che potrebbe salvarsi. Caro Ezio, se pretendiamo di far capire a i soliti noti il concetto da Te esposto poco sopra ( molto semplice e lineare da comprendere per gli addetti ai lavori ..) facciamo prima ad andare a piedi su Marte ; a meno che .........

da Renzo 27/05/2013 19.11

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

Caro Emilio, le cose in realtà sono molto semplici ma gli esseri umani, in particolare se italici, amano complicarle.

da Ezio 27/05/2013 17.48

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

Le cose, come al solito, sono piuttosto complicate. I caprioli, ma anche i cinghiali, i cervi, in certe aree cacciabili sono tanti, perchè - alla bisogna, ovvero quando aumenta la pressione venatoria - si rifugiano nelle aree protette. Chiamali scemi! Per questo che, se si vuole una gestione coerente, il controllo/assestamento delle popolazioni va fatto uniformemenete su tutto il territorio.

da Emilio S. 27/05/2013 16.28

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

Gli orsi nel parco d'Abruzzo sono in aumento?? No. Gli stambecchi nel Gran Paradiso sono in aumento?? No. I caprioli in territorio venabile sono in aumento. Si. Ecco, solo qualche esempio per dire, ancora una volta, l'ennesima, che è l'habitat nel suo complesso che determina il successo o meno di una specie e che la caccia, così come la intendiamo noi, non ha mai arrecato danni ad alcunchè. Anzi! Andrebbe utilizzata come risorsa e non come capro espiatorio. Ma ormai mi sa che è tardi per una inversione di tendenza che porti buoni frutti reali e non solo quelli effimeri mediatici, ovvero vendita di "fumo" alle masse ignoranti in materia.

da Ezio 27/05/2013 15.35

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

E quelli,Pier,non si estinguono di sicuro:sono i soldi che mancano!

da pietro 2 27/05/2013 13.13

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

Bello. Tutto giustissimo e concordo in tutto. Una domanda: ma i parchi non nascono per tutelare una specie animale, una pianta o qualcosa che rischia di andare distrutto a causa degli eventi anche naturali? Forse hanno confuso questo con l'idea che il parco nasca per proteggere poltrone e sederi di qualcuno che il naturale avvicendarsi degli eventi rischierebbe di distruggere

da Pier76 27/05/2013 10.32

Re:I cacciatori nel regno delle eterne emergenze

ATTENZIONE. IL NEO MINISTRO ORLANDO HA PROMESSO ENTRO UN ANNO LA CONFERENZA SUI PARCHI. COMINCIAMO A SPARGERE VOCE SUL TERRITORIO, SINDACI, PROVINCE, RESPONSABILI POLITICI LOCALI E NAZIONALI, CHE è L'ORA DI SMETTERLA DI SPRECARE SOLDI PER DELLE CATTEDRALI NEL DESERTO, QUANTO MENO DI DUBBIA EFFICACIA, E SOPRATTUTTO FOGLIA DI FICO PER LE PEGGIORI TURPITUDINI PERPETRATE SUL NOSTRO TERRITORIO. I PARCHI SARANNO UNA BELLA COSA SE RIUSCIRANNO A AUTOFINANZIARSI. E SOPRATTUTTO, IL PATRIMONIO FAUNISTICO E AMBIENTALE VA TUTELATO E GETSITO SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE. SE SI DEVE SSPENDERE COMINCIAMO DALLE TANTE ILVA ITALIANE. PROIBIAMO I DISASTRI AMBIENTALI OVUNQUE, NON SOLTANTO IN QUELLO SCARNO 10% DEL TERRITORIO. E SOPRATTUTTO SMETTIAMOLA COL DIVIETO DI CACCIA (PRELIEVO/CONTROLLO, CHIAMATELO COME VI PARE)E OSTRACISMO VERSO I CACCIATORI. L'ITALIA NON SE LO PUò PIù PERMETTERE

da FRANCESCO G. 27/05/2013 10.25