DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…


lunedì 11 marzo 2013
    
Da sempre i proverbi hanno accompagnato il corso della storia, i proverbi sono frutto di saggezza popolare, nascono dall’esperienza dell’uomo nella vita di tutti giorni. Il proverbio rappresenta la saggezza dei vecchi ed è senz’altro una saggezza che merita di essere tramandata ai giovani. Fatta questa piccola premessa su un vecchio proverbio “Chi rompe paga…..ed i cocci sono suoi” credo che potrebbe calzare anche in tema di eventuali responsabilità su aspetti legati anche  alla gestione faunistica ed al controllo delle specie problematiche.

Come in tutte le cose che vengono trascurate o quanto meno piccoli inefficienti interventi che in pratica non risolvono il problema ma lo spostano o lo prolungano all’infinito, con l’aggravio di ingenti somme di denaro pubblico spesi a vuoto: anche in questo caso la gestione ed il controllo della fauna problematica autoctona ed alloctona ormai ci pone davanti ad un domanda; è possibile ancora ed in particolare in questo periodo di estrema difficoltà economica che sta passando il nostro paese, continuare a sperperare denaro pubblico?  

È di pochi giorni la notizia che in Provincia di Siena a causa di un incidente automobilistico si è  dovuto far ricoverare il cervo a spese del contribuente, mentre la giovane donna rimasta coinvolta ha perso un braccio e non ha diritto ad alcun risarcimento perché la strada recava la segnaletica prescritta. Quella povera donna ha perso un braccio e non vivrà più una vita normale e per giunta non verrà risarcita, oltre al danno anche la beffa, a carico del contribuente il ricovero del cervo. Non entrando nei meriti di questa disgrazia, di esempi simili in Italia è pieno. Le cause chiaramente sono molteplici ed anche concatenanti. Di fatto però nel nostro paese a differenza che nel resto del mondo, nonostante abbiamo leggi che ci dicono come intervenire, troviamo sul percorso mille impedimenti e mille ricorsi, molte volte sempre generati dagli anticaccia.

Entrando nel merito legislativo di riferimento diciamo subito che Caccia e Controllo sono due attività completamente distinte: la prima è l’ uso sostenibile di una risorsa naturale rinnovabile;  la seconda è indispensabile per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche. LO DICE LA LEGGE e non io. Il controllo delle popolazioni di fauna autoctona ed alloctona rappresenta un’attività in deroga al regime generale di protezione di tutta la fauna che sia autoctona che alloctona. Questo è sancito dalla attuale normativa internazionale e nazionale:

Legge 157/92 (art. 19, commi 2 e 3)
Legge 394/91 (art. 11, comma 4; art. 22, comma 6)
Direttiva Uccelli 1979/409/CEE e 2009/147/CE (art. 9, comma 1, lettera a),
Legge 3 ottobre 2002, n. 221 nell’art. 19bis L.157/92
Convenzione di Bonn (art. III, comma 5 per le specie in ALLEGATO I )
Convenzione di Berna (legge 503/81, art. 9)
Direttiva Habitat 1992/43/CEE (art. 16) e DPR n. 357/97 coordinato DPR n.
      120/2003 (art.11, comma 1)

Di fatto queste norme ci danno nell’insieme le motivazioni per le applicazioni degli interventi in deroga per il controllo delle popolazioni animali problematiche:
- nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,
- nell’interesse della sicurezza aerea,
- per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque ed alle   
  proprietà,
- per la protezione della flora, della fauna e degli habitat,
- per la migliore gestione del patrimonio zootecnico,
- per la tutela del suolo,
- per la selezione biologica,
- per la tutela del patrimonio storico-artistico,
- per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche,
- per ricomporre squilibri ecologici.

Per intervenire, tutto quanto esposto ci da anche gli strumenti e le modalità tecniche e burocratiche,  sintetizzando: i piani di controllo faunistico devono quantificare il danno, menzionare le specie che ne formano oggetto, i soggetti, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa.

Prendendo riferimento su dati relativi di moduli didattici in un Corso per l’abilitazione a selecontrollori nella Provincia di Lodi  - Aspetti Normativi - B. Franzetti ISPRA - Motivazioni ecologiche all’origine del conflitto – B. Franzetti ISPRA, abbiamo delle conferme con delle indicazioni precise riguardo le cause dell’aumento esponenziale della fauna alloctona ed alloctona: modifiche e/o alterazioni degli habitat - immissioni e rilasci a scopo venatorio anche con soggetti non idonei e quindi potenziali “prede” - relativa scomparsa dei grossi predatori - importazione di specie per motivi economici/ornamentali e loro successivo rilascio, accidentale o intenzionale - proliferazione di discariche - incremento della disponibilità alimentare foraggiamento, etc.

A questo aggiungiamo l’ andamento decrescente del numero di cacciatori dal 1991 al 2007 si è passati da 1.400.000 a 750.000 tra il 1991 e il 2007 si osserva una riduzione della pressione venatoria quindi del prelievo del 42%.

Le conseguenze sull’aumento della fauna selvatica autoctona ed alloctona che ricadono sul territorio sono: impatti sulle attività commerciali (agricoltura, allevamento, itticoltura); impatto sulle altre specie - predazione diretta, impatti indiretti (distruzione di nidi), competizione alimentare; ibridazione e inquinamento genetico; trasmissione di malattie; rischi per l’incolumità pubblica; incidenti stradali, danni alle arginature; danni al patrimonio storico-culturale.

Solo alcuni dati rapportati in euro tratto dalla pubblicazione: Motivazioni ecologiche all’origine del conflitto – B. Franzetti ISPRA. Questo è solo un piccolissimo spaccato dell’ingente mole di denaro pubblico che viene speso in Italia. Denaro che potrebbe essere utilizzato per altri fini.

Solo un esempio che riguarda il Piemonte.
Incidenti stradali: 1992-2002: 1683 incidenti periziati = € 2.190.000

Per la refusione dei danni causati dal Cinghiale Italia (2004) > € 7.000.000
Parco Nazionale del Pollino 2007-2009: € 2.212.000
Prov. Matera 2004-2010 € 1.200.000
Regione Val d’Aosta 2005-2012 € 646.659
Parco Ticino Pimonte 2003-2011 € 738.206
Parco regionale Colli Euganei
2003-2009: € 679.206 x controllo
2000-2009: € 140.396 x danni (liquidati)

La Nutria sempre più in espansione coprendo una superficie di 68.599 Kmq
€ 11.631.721 (refusione danni)
€ 2.614.408 (controllo)
costo medio: € 3.773.786/anno
Stima costi futuri > 9-12 milioni €/anno

Prendiamo ora ad esempio una specie che da anni è sotto l’occhio di tutti. Lo Storno Sturnus vulgaris. Ho letto recentemente su un forum, che solo in Emilia Romagna nel 2011 sono stati conteggiati danni causati dagli storni  pari a € 221.000. Questo la dice lunga sui danni causati in tutta Italia.

Per parecchi anni fino al 2010 se non erro  l’ISPRA ci diceva che non era opportuno includere nuovamente lo storno nelle specie cacciabili in Italia, in quanto un eventuale prelievo e continuativo nell’arco temporale che va dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio andava ad incidere su popolazioni migranti nordiche in declino. Ora la situazione di quelle popolazioni in declino sembrerebbe migliorata??? Ecco giustamente cambiare le considerazioni dell’ISPRA sullo Storno nel 2011:

“CONSIDERAZIONI IN MERITO ALLA POSSIBILITÀ DI INSERIMENTO DELLO STORNO TRA LE SPECIE CACCIABILI IN ITALIA – estratto.
[…] Si può desumere pertanto che in Italia la caccia non avrebbe un impatto superiore a quello che si determina in realtà territoriali dove lo Storno è cacciabile in base all'allegato II/2 della Direttiva n. 2009/147/CE.
A) Sussistenza delle condizioni che permettono di consentire la caccia dello Storno in Italia - Assenza di criticità. A tale riguardo occorre valutare se si possa consentire la caccia rispettando i principi indicati dalla Direttiva n. 2009/147/CE e richiamati in premessa; pertanto, di seguito vengono analizzati alcuni aspetti relativi all’abbondanza della specie in Italia, allo stato di conservazione delle popolazioni e all'entità del prelievo venatorio.

1. Importanza dell'Italia quale area dl transito e svernamento dello Storno in riferimento al contesto europeo. La posizione dell'Italia è centrale rispetto all'areale di svernamento della specie nel Paleartico occidentale. Per questa ragione il Paese ogni anno viene raggiunto da un ingente quantitativo di soggetti provenienti da una vasta area che si estende nell'Europa orientale e settentrionale. Valutazioni effettuate sulla base dei dati di inanellamento e ricattura e sulle stime delle popolazioni nidificanti hanno fatto ipotizzare che l'Italia ogni anno sia interessata dall'arrivo di alcune decine di milioni di individui, corrispondenti a circa un terzo dell'intera popolazione paleartica.

4. La cacciabilità dello Storno non comporta problemi per la conservazione di specie protette. Non vi sono elementi che facciano supporre che la caccia allo Storno possa pregiudicare le azioni di conservazione intraprese in Italia. La specie è facilmente distinguibile dalle altre specie cacciabili e dalle specie protette, per cui non sussiste un rischio concreto che vengano abbattuti, per errore, uccelli appartenenti ad altre specie.

[…] Conclusioni  A livello mediterraneo esiste una sostanziale omogeneità di situazioni per quanto riguarda i contesti ambientali dove lo Storno sverna, la consistenza e lo stato di conservazione delle popolazioni, le modalità di caccia adottate e le problematiche gestionali esistenti. Le informazioni attualmente disponibili mostrano come in Italia vi siano le condizioni affinché lo Storno possa essere cacciato con modalità analoghe a quelle previste negli altri Stati membri dove la specie è già oggetto di caccia”.

Di fatto però in Italia, dati del 2004, si stimava una popolazione nidificante di 3 milioni di coppie con probabile tendenza all’aumento a cui si aggiungono gli storni migranti provenienti da un vasto areale che va dall’Europa centrale fino alla Russia europea, in questa vasta area si stima che nidificano da 13 a 31 milioni di coppie. Indicativamente si stimava che la popolazione migrante di storni che si riversava sull’Italia fosse di alcune decine di milioni di individui e solo su Roma circa 3-4 milioni di individui.

Se andiamo a vedere in Italia i dati del 2004 e i dati attuali del 2011 (vedi sopra considerazioni ISPRA) si riversano sempre 20 milioni di storni, quindi si poteva tranquillamente intervenire prima, come si può intervenire ora.

Di fatto nell’applicazione dello deroghe e quindi al controllo di questa specie, ci sono sempre stati mille complicazioni ed intoppi di carattere tecnico-burocratico e finanche di carattere emotivo, quindi come di consueto fioccano i ricorsi degli anticaccia.

Ora a fronte anche delle spinte emotive che portano sempre a cercare di bloccare gli interventi di controllo della fauna è ora di intervenire con quel sano proverbio in premessa e cioè CHI ROMPE PAGA. Sarebbe il caso che lo Stato, le Regioni, e le Amministrazioni che si occupano di gestione della fauna, emanino una norma che preveda:  Qualora non vengano applicati interventi di contenimento selettivi e o controllo sulla fauna selvatica autoctona, sulla fauna domestica inselvatichita e sulla fauna alloctona, in ottemperanza alla Legge 157/92, alle Leggi regionali di recepimento, alla Legge 394/91, alle Direttive Comunitarie, ad altre norme e disposizioni in materia: ovvero per motivi di igiene e sanità pubblica e veterinaria, ovvero per danni all’agricoltura, alla zootecnia, al patrimonio forestale, ovvero per danni alla piscicoltura, ovvero per motivi di sicurezza stradale o aeroportuale, ovvero per danni alle specie autoctone, ovvero a tutela dell’incolumità pubblica;  qualora si ravvisassero delle responsabilità ostative da parte di Enti, Amministrazioni, Associazioni, Istituti pubblici e privati, etc. non supportate da dati tecnico-scientifici, questi saranno tenuti in solido a risarcire gli eventuali danni, nonché responsabili civilmente e penalmente.

Sicuramente data l’entità economica dei danni sarà difficile che qualcuno si opponga immotivatamente al controllo della fauna problematica, se poi sarà chiamato a pagare di tasca propria. CHI ROMPE PAGA …….e i cocci sono suoi.

In ultimo voglio aggiungere, che lo Stato, le Regioni, etc., sempre in tema di risparmio economico, snellimento della burocrazia, etc. etc. dovrebbero promulgare una norma che validasse in tutto il territorio italiano le varie abilitazioni in tema di gestione faunistica, caccia di selezione, controllo specie problematiche, etc. etc. Quindi l’abilitazione presa in qualsiasi Provincia sia valida in tutto il territorio nazionale. Del resto tutte le province adottano le direttive dell’ISPRA. Quindi che si legiferi in tal senso:
Il prelievo selettivo degli ungulati e controllo della fauna è praticato da coloro che risultano in possesso di attestato di abilitazione rilasciato dalla Provincia, da Enti, da Associazioni, da Istituti di protezione (aree protette) che abbiano comunque predisposto ed organizzato corsi specifici secondo le linee guida dell’ISPRA .e con il parere favorevole dell’ISPRA.

Sono abilitazioni riconosciute in tutto il territorio nazionale come la licenza di porto di fucile ad uso caccia;

a) l'abilitazione all'esercizio della caccia di selezione agli ungulati;
b) l'abilitazione all'esercizio del controllo faunistico
c) l’abilitazione di conduttore cane da traccia e da limiere.
d) nonché tutte le altre abilitazioni in tema di gestione faunistica-venatoria.
 
 


10 commenti finora...

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

@ Mariogene. Per quanto ne so io, con le modifiche apportate al codice della strada fatte l'anno scorso, il soccorso degli animali e le cure dovrebbero essere risarciti dal conducente ( ci sono assicurazioni che pagano?). Se non si presta soccorso si rischiano sanzioni amministrative (multa), in teoria basterebbe anche solo una telefonata per evitarla (e' sconsigliabile intervenire noi sugli animali e portarli con il proprio mezzo dal veterinario). Quindi oltre al danno al veicolo vanno pagate anche le cure all'animale investito (se e' un animale domestico, da reddito o protetto). Per quanto riguarda i mezzi di soccorso, le autoambulanze per le persone sono per legge paragonati ai mezzi di soccorso per gli animali. Hanno gli stessi diritti e doveri. Inoltre gli animali possono essere trasportati con mezzi privati non adibiti esclusivamente al soccorso, quindi possono essere trasportati con veicoli propri e avvalersi di "precedenza nella circolazione" se si trasportano animali necessari di urgenze cure veterinarie. Per ipotesi si potrebbe passare con il rosso o utilizzare le corsie di emergenza se il gattino o cagnolino sta gravemente male. E' necessario pero' avere dei "certificati di gravita' di salute" per il trasporto d'urgenza (se non ricordo male possono essere rilasciati dal medico veterinario entro 24 ore dall'accaduto). Per una semplice diarrea non e' possibile avvalersi di "aggevolazioni nella circolazione", servono motivazioni piu' valide che possano giustificare un trasporto d'urgenza, cioe' l'animale deve essere in pericolo di vita. Spero di essere riuscita a chiarirti qualche dubbio. Sembra una legge che "sottragga risorse economiche" a favore degli animali (come se a causa degli incidenti stradali alcune specie animali rischiano di estinguersi e per tanto vadano tutelate).

da Laura x Mariogene 11/03/2013 19.46

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

Le teorie seppur ragionevoli non sono valide ne applicabili in Italia.Questa è una nazione in mano a sciagurati mantenuti e farabutti,gli unici a dettar legge sono coloro i quali NON producono ma sperperano a piene mani.È il paese dei negazionisti al oltranza in tutto e per tutto.Ci mancavano i grillini che in questo sono principi,adesso li abbiamo grazie a chi oltre che dare un voto di protesta(illudendosi),se è dato martellate sulle palle.

da vince50 11/03/2013 18.14

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

@Alessandro, l'idea è buona, il fatto è che non ci si arriverà mai, bisognerebbe rifondare il sistema giudiziario, fare in modo che il giudice possa valutare subito se ci sono gli estremi per un qualunque ricorso....e non perdere tempo e denaro con ricorsi, controricorsi, ecc.....ch alla fine non portano a nulla....infatti nella maggior parte dei casi i ricorsi degli animalambientalisti vengono respinti...un giorno forse, chissà......

da begallo 11/03/2013 16.49

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

Provate a leggere cio' che ha detto realmente Stefano De Vita. L'idea e' quella, che se una qualsiasi associazione animalista,ambientalista, osteggi senza darne prova scietifica-tecnica,con ricorsi su ogni eventuale azione Regionale o Provinciale nei vari contenimenti o altro sistema gestionale-contenitivo,i responsabili saranno loro e loro pagheranno, non piu' le giunte o altra figura Istituzionale.

da Alessandro. 11/03/2013 16.10

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

quindi, Laura? Ha ragione Mariotto o ha ragione diogene. E' configurabile il caso che un automobilista possa passare col rosso per l'emergenza di un gatto con la diarrea? A quando la scorta della polizia? E per quel cervo che ha causato l'amputazione del braccio a una ragazza, chi dovrà pagare il ricovero e le cure, la ragazza? Facci sapere.

da Mariogene 11/03/2013 16.02

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

Lo storno potrebbe ritornare ad essere specie cacciabile..non è a rischio estinzione....ma qualcuno dei componenti di un certo Istituto, ogni tanto , quando si alza per andre a prendere un caffè, guardi fuori dalla finestra......gli unici uccelli che si vedono sono storni e colombi , in quantità industriali.....mi piacerebbe sapere in base a quali dati fanno le valutazioni i suddetti.....d'altronde in un Paese come l'Italia tutto è possibile...poi basta leggere come viene redatta la valutazione:Non vi sono elementi che facciano supporre che la caccia allo Storno possa pregiudicare le azioni di conservazione intrapresa..cioè si suppone...non si è sicuri, si suppone.........alla faccia...non cambierà mai nulla........mettiamoci il cuore in pace....

da begallo 11/03/2013 10.56

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

Si Diogene, ti sei proprio perso. Il codice della strada, dal 1992 ad oggi, sul semaforo rosso dice sempre la stessa cosa: sanzione e perdita di punti. Quanto ai giudici di pace, hanno sempre detto tutto e il contrario di tutto in materia di verbali.

da pretoriano 11/03/2013 10.38

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

MARIOTTO, FORSE DIMENTICHI GLI ULTIMI PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI IN FATTO DI SOCCORSO AGLI ANIMALI. HO SENTITO PROPRIO IERI PARLARE DI UN DISPOSITIVO CHE A MIO AVVISO PIù CHE UN'ABERRAZIONE GIURIDICA E' UN'ABERRAZIONE MENTALE. DICONO CHE SE ATTRAVERSI COL SEMAFORO ROSSO, NON SEI PASSIBILE DI CONTRAVVENZIONE SE DICHIARI DI PORTARE IL GATTO DAL VETERINARIO. QUALCUNO MI CHIARISCA UN PO' LE IDEE, PERCHè MI SONO PERSO.

da DIOGENE 11/03/2013 10.34

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

Ma di che parla ? Gli incidenti stradali tra veicoli e ungulati accadono anche dove cinghiali e caprioli sono cacciabilissimi, come in Liguria e Toscana, per l'appunto. Che un privato sia tenuto in solido a rispondere civilmente e penalmente di un danno che non provoca direttamente è un aborto giuridico che nemmeno un principiante del diritto può partorire.

da mariotto 11/03/2013 10.23

Re:DANNI FAUNA SELVATICA: Chi rompe paga…

Ottimo Sig. De Vita: ma non sarà mai applicato nulla perchè è intelligente, ragionevole e razionale.Amen.

da Arrabbiato 60 11/03/2013 9.55