Catia e la prima esperienza


lunedì 13 aprile 2015
    

La prima licenza di caccia la ricordo bene, avevo 21 anni, e presi la licenza incuriosita  dai racconti di caccia di mio nonno Berto  che nonostante da diversi anni per motivi di salute avesse attaccato il fucile al chiodo, continuava ad essere vivo in lui il germe venatorio.

Desideravo conoscere quel mondo ancestrale che lo appassionava tanto, e così decisi di provare curiosa di scoprire.

Mio  padre Michele  mi regalò il mio primo cane da caccia,  "Furia" setter inglese tricolore di 7 anni, cane esperto,  docile, instancabile ....  semmai ero io l"ausiliario", è stata lei ad iniziarmi alla caccia; mi ha dato tante opportunità  e soddisfazioni ... più passava il tempo  più ci conoscevamo  e più si stringeva l'intesa, quante avventure abbiamo passato insieme;  la sua dipartita mi ha fatto capire quanto mi avesse dato:ricordi ed emozioni che restano; se qualcuno mi chiedesse quali erano le sue qualità, risponderei: la pazienza, l'attesa,  e potrà sembrare assurdo ma la sua dote più grande la "professionalità".

Come prima licenza si rendeva necessario  che fossi accompagnata da un cacciatore "esperto",  mio padre  aveva smesso da tempo ma  per un figlio si fa questo ed altro, e così  un po' mi accompagnava lui  nella caccia alla penna  e  mentre per la caccia d'appostamento  mi accompagnava l'amico Gianmarco.
ll mio primo giorno di caccia fu proprio per la preapertura, ricordo come ora che il giorno precedente ci recammo per campi a vedere  dove  avremmo la mattina seguente  costruito il  nostro appostamento,  e lì incontrammo anche altri cacciatori e ci accordammo per rispettare  le distanze . La sera, a casa, era talmente grande l'emozione che non riuscivo a prendere sonno, credo di aver dormito un paio d'ore, anche perché alle  4 avevamo già raggiunto la zona di caccia per assicurarci il posto, mentre avanzavamo nel buio della notte  per raggiungere la postazione  udivi  qualche colpo di tosse o vedevi accendersi lievi  bagliori  che segnalavano la presenza e la posizione di altri cacciatori .

Faceva caldo, più che i primi di settembre sembrava luglio, le stelle brillavano alte nel cielo  a rischiarare  il buio profondo della notte, nell'attesa  ogni uno  era assorto nei propri pensieri si udivano solo i  versi dei rapaci notturni.  Man mano  la notte lasciava posto ai primi bagliori del giorno,  c'è stato  un lungo attimo  dove  è  regnato l'assoluto  silenzio, come in un limbo,  piano piano timidamente  i cinguettii degli uccellini  hanno annunciato l'inizio di un nuovo giorno, e l'inizio  delle danze,  i primi colpi di fucile in lontananza hanno risuonato nella valle come a risvegliarla da un lungo sonno; mi hanno colto impreparata  con il  vecchio  Breda semiautomatico a molla ancora nel fodero, presa ancora a contemplare quel paesaggio "irreale". A fine mattinata il carniere non è stato dei più eccezionali, 7 tortore di cui due io, tante padelle, sbucavano dai lati più impensabili deviate dai tiri di altre postazioni, alle 11,00 avevo già finito le cartucce. Al ritorno  mi attendeva il nonno  impaziente di conoscere ogni particolare.
Ma la vera e bramata apertura fu la terza domenica di settembre . Da giorni, durante l'addestramento  cani, io, il babbo e Furia scrutavamo e battevamo  diverse zone alla ricerca dell'area ideale per il giorno dell'apertura  e non solo in funzione della presenza di selvaggina  ma anche alla ricerca di un'area non molto  battuta  in modo da cacciare con tranquillità. La sera  la preparazione del necessario  tutto in vista, dall'abbigliamento, alla posizione delle cartucce nella cartucciera, l'ultima pulita  all'arma, la verifica dei documenti, tesserino venatorio, versamenti, porto d'armi  e via  a letto presto .

Notte insonne, un gran rufolio  sotto  le coperte  per l'emozione, e così anche per Furia, la sentivo uggiolare sotto la finestra, pure lei impaziente sapeva e sentiva che era giunto  il grande giorno.

 
Prima del far del  giorno eravamo  già nei pressi della "Cà del vento". I minuti che mancavano alla sciolta del cane non sembravano mai passare. Quando mancavano un paio di minuti si sente una prima fucilata in lontananza, forse il mio orologio è indietro  o il suo avanti, e così  slego il cane che parte a tutta velocita percorrendo in circolo il campo per poi accostarsi, agitando nervosamente la coda,  ad una spinaia al margine della cresta di un calanco, si infila dentro  mentre io rapidamente mi accosto, la vedo schiacciata, ferma, statuaria,  tremante con l'occhio che  scruta  un po' avanti e un po' me, nell'attesa di  un  mio segnale.... "Vai Furia!!", parte,  un maschio si  invola sul lato opposto della spinaia , lo avvisto  in  volo  ormai troppo lontano  planare verso il fondo  valle, mi rigiro  verso Furia  sconsolata di  aver perso l'occasione, e mi accorgo  che è di nuovo ferma, dietro suggerimento del babbo torno  indietro alla ricerca di una posizione migliore che mi  permetta  di vedere più punti, non voglio farmelo sfuggire di nuovo,  rilancio il segnale  a Furia  che  prontamente dà lo sguffo  al selvatico, e s'invola  verso il campo una fagiana, sparo il primo colpo e la manco, il ricaricamento a molla mi  scompone  per un attimo, poi riesco a rimetterla in mira e il volatile è in caduta libera, non fa in tempo a cadere a terra che già Furia  è su di lei  la  agguanta e me la  riporta ai piedi  in quel gesto d'intesa che lega indissolubilmente  il cane da caccia  e il cacciatore.


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