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Ingegneria degli animali: un diverso punto di.... vista


lunedì 10 agosto 2015
    

traffico animali interrogazione BerlatoPiergiorgio Odifreddi, in un articolo apparso su La Repubblica, propone una puntuale riflessione sul fatto che nella religione, nella filosofia così come nella letteratura l'uomo è sempre stato immaginato e descritto come il principale, se non l'unico, essere degno di interesse nell'universo. In realtà è la scienza che osserva la Natura, con uno sguardo a tutto campo, l'intera varietà dell'esistente.
 
L'occasione di questa considerazione è data dal libro L'ingegneria degli animali (di Mark Denny e Alan McFadzean), che inquadra molte delle caratteristiche della nostra specie come particolari soluzioni a generali problemi di ingegneria, affrontati e risolti a modo loro dalle altre specie. L'uomo quindi non è ciò che crede o si immagina di essere, ma semplicemente ciò che è: una delle innumerevoli specie animali, esistenti o esistite, con le proprie specificità ma anche con le proprie genericità.

“Ad esempio, l'uomo ha due occhi uguali e semplici, formati da una sola lente, ma il ragno saltatore ne ha otto, mentre le formiche, le mosche e le libellule hanno occhi composti da centinaia o migliaia di fotorecettori muniti di lenti indipendenti, chiamati “ommatidi”. Gli occhi di tutti i vertebrati, noi compresi, sono sensibili solo alle lunghezze d'onda, comprese tra l'infrarosso e l'ultravioletto nello spettro elettromagnetico: ovvero la finestra della “luce visibile”. Tutte le altre lunghezze d'onda vengono attenuate nell'acqua, per assorbimento e diffusione. Il nostro occhio si è dunque sviluppato da un prototipo selezionato per la visione acquatica, mentre se fosse stato creato appositamente per la visione terrestre avrebbe potuto estendersi anche ad altre lunghezze d'onda non attenuate dall'aria: ad esempio, all'ultravioletto, che infatti gli occhi di molti uccelli e insetti possono vedere.

In ogni caso, come progetto ingegneristico il nostro occhio è tutt'altro che perfetto, e presenta un grave errore di progettazione. I coni e i bastoncelli, che ricevono gli stimoli luminosi a un estremo e li trasmettono al cervello dall'altro estremo, sono infatti posizionati al contrario di come dovrebbero essere: il lato fotorecettore si trova sul retro della retina, e quello trasmettitore sul davanti. Questo obbliga i vari fili di trasmissione a convergere in un nervo ottico, che deve attraversare la retina per andare al cervello. In corrispondenza del buco di passaggio si genera un punto cieco in ciascun occhio, che la mente rimuove riempendolo con un'illusione ottica. L'occhio dei cefalopodi (calamari, seppie, polpi e moscardini) non ha subito questo errore di progettazione”.  

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1 commenti finora...

Re:Ingegneria degli animali: un diverso punto di.... vista

Finalmente,grazie al quotidiano,spiegata la ragione di tante "padelle";lo dicevo io che la colpa non era mia ma c'era un errore logistico:-)!

da Pietro 2 11/08/2015 11.35