Mentre i nostri gazzillori ambientalisti sproloquiano sul piombo delle cartucce, mentre con le guerre in atto si diffondono chissà quali sostanze, l'Italia dopo venti anni dalla sua approvazione non ha ancora ratificato molte convenzioni internazionali sulle sostanze inquinanti, come quella di Stoccolma - leggo su un dei tanti rapporti scientifici - sugli inquinanti organici persistenti. E così in settant'anni la produzione di sostanze chimiche è aumentata di cinquanta volte e purtroppo non si fermerà. Nell'ultimo decennio altre settantamila sostanze di sintesi sono state aggiunte alla già fantastica cifra delle trecentocinquantamila esistenti.
Di fronte a questa realtà, poco si fa per controllare i relativi livelli di pericolosità, necessari a salvaguardare la nostra salute. Non per caso il nostro Belpaese è gravato da ben quarantadue siti di interesse nazionale che necessiterebbero di una bonifica al tappeto. Lo sappiamo tutti, ma sono ancora lì, da tempi che denunciano una colpevolissima responsabilità. Sia dei governi locali sia del governo nazionale, che continua a pagare ingenti somme per le sanzioni comminateci dalla Unione Europea.
Vi siete mai chiesti allora perchè le associazioni ambientaliste si accaniscono contro la caccia e nel caso particolare contro gli effetti (minimali) del piombo delle cartucce rispetto a tutto il resto?
Se non ve lo siete ancora chiesto, sarebbe bene che tutti voi, tutti noi, a partire dai nostri dirigenti minimi e massimi, lo facessimo alla svelta. Non solo per salvare la nostra attività, che nei limiti imposti da una legge tanto antiquata quanto velleitaria fin dalla nascita, niente incide sulla consistenza della biodiversità e tanto meno sulla nostra salute, ma per sollecitare invece qualsiasi intrapresa che ci sollevi, tutti, da questa tragica situazione.
Ai disastri di questa proliferazione incontrollata della chimica si aggiungono altri importanti fattori, come le infiltrazioni di liquidi provenienti da discariche non controllate; scarichi di scarti industriali (metalli pesanti: arsenico, rame, cobalto…); l'interramento illecito dei rifiuti; le infiltrazioni di rifiuti solidi (plastica, vetro, carta, medicine) non biodegradabili; i rifiuti gassosi come quelli derivanti dalle bombolette spray; i rifiuti elettronici; gli idrocarburi (del petrolio, solventi, metalli pesanti…); i residui bellici; i test atomici effettuati in varie parti del mondo o gli incidenti nucleari.
Ma le associazioni ambientaliste tacciono, o al massimo non fanno sentire la loro voce nemmeno ai livelli con cui si spendono contro la caccia. Eppure anche l'ISPRA la dice chiara:
agricoltura intensiva, urbanizzazione, attività forestali non sostenibili, inquinamento di aria, acqua e suolo, cambiamenti climatici e specie alloctone e problematiche sono tra le principali fonti di pressione. In merito alla biodiversità, per esempio, negli ultimi 30 anni, lo spostamento di specie animali e vegetali in aree differenti da quelle originarie è aumentata del 75% in Europa e del 96% in Italia. In Europa l’ultima stima ufficiosa parla di 14.000 specie aliene introdotte. In Italia sono state identificate più di 3.500 specie aliene, di cui 3.363 sono attualmente presenti. E' l'ISPRA a dirlo.
Se come imporrebbe l'obiettivo al 2030 dell'Unione Europea di ripristinare almeno il 30% degli ecosistemi danneggiati che possono essere ripristinati, attuando anche nuove disposizioni, state pur certi che tutti ce ne avvantaggeremmo, caccia compresa. A meno che non si continui a penalizzare i cacciatori per adottare l'italica regola del gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente.
Vito Rubini
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