Non so il vostro, ma il mio bicchiere, nonostante tutto, è sempre mezzo pieno, a volte di vino - bevo di quello buono, con moderazione - ma soprattutto di speranze. Ne ho passate, come molti di voi, anche di pesanti. Poi, con questa pandemia, non è stato tutto rose e fiori. Anche quando si poteva uscire, i limiti agli incontri fra amici, i contatti, la paura diffusa, soprattutto fra gli anziani, non mi hanno - non ci hanno - aiutato. Eppure, non ho mai smesso di pensare al domani: un domani costruttivo, fecondo. Anche di caccia. Da migratorista, ne avrei da lamentarmene. Come molti, fin da giovanissimo, ero un mezzo nomade. Cresciuto alla corte di Barisoni e Gin Bardelli. Unico riferimento il calendario nazionale, aperture e chiusure, orari, le paline delle riserve, la borsa delle cartucce. Da su e giù per il paese, senza google meteo, senza google maps. Ricco soprattutto delle esperienze degli amici, delle uscite andate a buon fine, dell'istinto.
Si cominciava presto, in estate: tortore, ma anche merli, prispoloni e altri estatini, rigogoli compresi. Poi l'autunno: i colombacci, i tordi. I fringuelli. Eh si, i fringuelli. Le allodole per Santa Teresa. I sasselli, le cesene. I beccaccini in padule, col cane, e ogni tanto a beccacce. E le anatre in botte. Altro che notti magiche: albe magnifiche, acquazzoni improvvisi, freddo e gelo, a volte un vento che portava via. Ma chi se ne importava. Tornavi a casa, un bel bagno, una bella cena, un cognacchino, un sigaro toscano, un sonno ristoratore e, all'indomani, via di nuovo! Almeno fino a quando si poteva andare tutti i giorni.
Oggi, lo sappiamo tutti, è diverso, ma per chi conserva ancora questo sano desiderio di scoprire quel che ti riserva il domani, è ancora bello alzarsi presto e ufficiare il rito. Anche se le tortore se ne sono belle e andate (e mancano le pasture), le allodole sono calate (idem per le pasture), magari passano il martedì e il venerdì (c'è chi ci giurerebbe!), ti puoi consolare con i tordi (negli ultimi anni ne abbiamo avuti anche in abbondanza), i colombacci (ormai nidificano anche nei parchi delle città), e le beccacce che non mancano e in certi paduli i germani e diversi altri congeneri che segnano buone presenze. Ho provato col cinghiale, ma non è la mia caccia, caprioli e cervi non mi dicono niente, ma vedo che molti amici ci si sono convertiti. Io no. Certo, le limitazioni, la burocrazia, i controlli viziati da malanimo di questa genia di ambientalisti del piffero non aiutano, ma - diciamola tutta - bisogna adattarsi, contentarsi.
Se prima il bicchiere era molto spesso tutto pieno, oggi, a questi chiari di luna, il convento ne passa comunque in discreta abbondanza. Almeno per chi non teme sacrifici, qualche fiasco, e sa che domani è un'altro giorno. Tutte le mattine che esci è come se uscissi per la prima volta.
Insomma, che ho qualche anno l'avrete capito. Ho anche qualche rimpianto, ovviamente. Come tutti, a una certa età, sono spesso alla ricerca del tempo perduto. Ma fino a che suonerà la sveglia e mi potrò alzare, uscire con lo schioppo con la speranza di incrociare quegli esseri magnifici e misteriosi, sarà un bel vivere.
In ogni caso, io continuerò a provarci.
Marcello Consorti