C'è da rimanere allibiti di fronte a notizie come quella diffusa pochi giorni fa da un sito abruzzese che, fidandosi incondizionatamente del racconto - con tanto di breve testimonianza video - di una donna, ha fatto una serie di errori grossolani, impacchettando l'ennesima fake news tutta lacrime e cuoricini. La signora ha riferito di aver nutrito una lupa, durante una grigliata al termine di una scampagnata nei boschi insieme a parenti e amici. Una “lupa magrissima”, con le “mammelle gonfie”, secondo lei. “Ho pensato che stesse allattando” ha raccontato riferendo di aver lasciato un piatto pieno di carne per l'animale, che nel filmato chiama “amore”. “Penso di aver fatto un bel gesto e mi si è riempito il cuore pensando ai cuccioli della lupa” ha raccontato entusiasta la signora (Maria) tutta fiera di sé.
Dice bene il gestore della pagina facebook “Disinformazione ambientalista”, che ne riporta criticamente i contenuti: la voglia di voler raccontare una favola prende il sopravvento sui fatti e così finisce che un cane abbandonato (come è evidentemente quello che si vede nel video) diventa un lupo affamato, per giunta con cuccioli, (ma non nascono in primavera?). Cane o lupo che sia, in fin dei conti – ed è questa la cosa più grave - viene esaltato un gesto scriteriato e vietato dalla legge: nutrire gli animali in natura, infatti, è la cosa più sbagliata che si possa fare. Dopo quell'esperienza, cercheranno inevitabilmente di avvicinarsi alle fonti facili di cibo e quindi ai centri abitati e alle case, con le ovvie conseguenze in termini di danni, anche sugli animali domestici. I lupi, ed è la cronaca a dircelo, hanno già un'eccessiva confidenza. Qualche giorno fa circolava il video di un grosso esemplare ripreso mentre si porta via il Fufi grassoccio di qualcuno. Altre notizie ormai sempre più frequenti riferiscono di cani massacrati nei cortili domestici, oltre ai canonici ovini e bovini, di cui non frega nulla a nessuno, a parte i soliti allevatori.
Questi principi non sono certo nuovi e dovrebbero essere alla base di una corretta informazione, se si decide di trattare argomenti così delicati, che coinvolgono diverse discipline scientifiche e che hanno implicazioni sulla corretta gestione e fruizione degli ambienti naturali. Purtroppo da qualche anno l'approccio melenso e un tantino infantile sembra invece avere il sopravvento. Moltissimi quotidiani, anche importanti, pubblicano ogni giorno notizie simili con il solo obiettivo di impacchettare storie acchiappa like, scordandosi così di avere delle responsabilità educative e formative, per lo meno sulle nuove generazioni.
Per fortuna qualche esempio positivo c'è. Come Michele Serra, che dalle pagine della Repubblica non manca spesso di sottolineare questo gap culturale e i danni che sta causando sulla gestione ambientale. Proprio in questi giorni, rispondendo ad un lettore, che rivendicava il diritto di salvare “Bambi”, per il sacrosanto diritto di vederne ancora in giro, ha scritto: "Se vogliamo che Bambi viva dobbiamo prima di tutto smetterla di chiamare Bambi il daino e il capriolo”. “Bambi – ha precisato Serra - è un cervo della Virginia. Dobbiamo, voglio dire, munirci pian piano di una visione della natura meno sentimentale, meno bamboleggiante, più razionale e scientifica. Dobbiamo capire che "salvare Bambi" non significa proteggere una specie, magari perchè è "carina", non significa fare un bel gesto, ma custodire un pezzo dell'ecosistema, garantire una fonte di proteine ai predatori, studiare le fitte connessioni tra le specie, e nel caso una specie si riproduca in maniera dannosa per le altre (vedi il cinghiale, vedi la cornacchia grigia, vedi il gabbiano di città), tenerne controllato il numero". Serra invita anche a tenere sempre presente che siamo parte di un tutto, come ci insegna la religione ma soprattutto come spiega la scienza. Ed è per questo, dice, che "dobbiamo pretendere che ogni comportamento umano sia accompagnato dalla coscienza di avere un impatto".
Dunque finché, come italiani, ci limiteremo a piangere di fronte al Bambi di turno perché è finito in un piatto di tagliatelle, ignorando che i Bambi e i Pumba (il facocero del Re Leone, ovvero la cosa carina animata più vicina ad un cinghiale) sono troppi e causano disequilibri che possono essere irreversibili per l'ambiente, finché continueremo a guardare il dito, beandoci della nostra ignoranza, purtroppo continueranno a propinarci storie di teneri lupacchiotti in cerca d'amore (leggi bistecche) e a fare spallucce di fronte ai reali problemi dei nostri ecosistemi. Come i veleni che hanno decimato gli uccelli nei nostri cieli, avvelenato la nostra acqua e il cibo che ancora mangiamo.
Cinzia Funcis