Se grazie ad una ragazza con le trecce, al di là delle inutili disquisizioni sulla sua personalità condizionata dall'Asperger (variante dell'autismo che la rende particolarmente determinata) siamo tornati a parlare del nostro rapporto con la natura, ben venga il movimento con tanto di inconciliabili incoerenze di migliaia di ragazzi nelle piazze d'Europa.
Non stupisce che questi nuovi cittadini vivano immersi – quasi inconsapevoli - in certe contraddizioni. Il cibo spazzatura che mangiano, i loro dispositivi pieni di plastica ed elementi inquinanti, i loro vestiti fatti in serie in fabbriche esotiche che sfruttano il lavoro minorenne e inquinano i mari e via così. Tutto ciò che fanno e che indossano è contestabile ma è frutto del loro tempo. Del resto sono stati chiamati “nativi digitali”, sono cresciuti con il telefonino in mano e non chiedono certo che gli venga sottratto. Quello che chiedono, certamente ignari di cosa li aspetterebbe in un mondo simile a quello di cinquant'anni fa, è di essere salvati, anche da loro stessi.
“Noi non abbiamo soluzioni”, ha detto la stessa Greta Thunberg in uno dei suoi monologhi davanti ai potenti. “Vi chiediamo di ascoltare gli scienziati e di abbassare le immissioni nocive”. Un approccio umile e per questo meritevole. Quanto meno potranno dire di non essere rimasti inermi e inconsapevoli davanti alla tv a guardare il mondo che rotola verso il baratro. Piaccia o no, questi ragazzi, come nella favola I vestiti nuovi dell'Imperatore, hanno visto quello che gli adulti non sanno più vedere, assuefatti da una realtà che non abbiamo più voglia di cambiare. Chiedono di essere indirizzati, in un certo senso, obbligati ad essere diversi. Sognano un mondo migliore, come da sempre fanno gli adolescenti.
Ma forse sono gli altri, quelli troppo impegnati per pensare all'ambiente, a vivere in un sogno. L'evoluzione della vita, lo sappiamo, non farà sconti. Chi si adatta ai cambiamenti e lo fa velocemente, sopravvive. Chi no, fa un bell'inchino e via. Del resto il mondo non finirà con noi. E certamente lasceremo queste terre a qualche altro animale, forse meno intelligente di noi ma sicuramente più evoluto (adattato a nuove condizioni). Quello che possiamo fare è evitare un'uscita di scena prematura perché non siamo stati capaci di fermarci quando potevamo. Come è successo agli abitanti dell'Isola di Pasqua. Una florida civiltà, isolata da tutti, che finì per decretare la propria scomparsa a causa della mania di erigere pietroni. Per trasportarli serviva una grossa quantità di tronchi d'albero, su cui farli rotolare. La deforestazione portò ad un inesorabile declino delle risorse del luogo. Il resto si sa. Rimasero solo i pietroni.
L'unica via d'uscita per evitare di fare la fine di Rapa Nui, come suggerisce Umberto Galimberti con una profonda riflessione su Repubblica, è ritrovare quell'antico rispetto della natura che abbiamo perso. Separare il tempo progettuale (quello dell'uomo proiettato verso il futuro) dal tempo ciclico della natura (il susseguirsi delle stagioni) per lo studioso significa preparare la distruzione della Terra e con essa l'estinzione dell'umanità. E' in effetti quello che sta accadendo. Stiamo desertificando intere foreste, estinguendo specie a causa di cementificazione e inquinamento dei campi, ed evitando di affrontare cause ed effetti del surriscaldamento globale. Per Galimberti viviamo immersi in una sorta di “miopia antropologica”, incapaci di cogliere la sapienza delle passate generazioni, e di adattarci. Si tratta di ricomporre il rapporto tra tempo dell'uomo e il tempo della natura. In questo, senza ombra di dubbio, i cacciatori avrebbero molto da insegnare.
Cinzia Funcis