Penso proprio che un pensierino ce lo dovremmo fare. Dico che trovo di inestimabile valore quanto l'altra settimana ho letto sull'Espresso, non il giornale della parrocchia, alla pagina Opinioni/Satira Preventiva, a firma di Michele Serra.
Michele Serra, tanto per cominciare, non è un opinionista qualsiasi. Molti di voi lo dovrebbero sapere. Per la caccia, è quello che anni fa, andato a vivere in campagna (sull'Appennino bolognese), cominciò a protestare "a mezzo stampa" per le intrusioni nella sua vita privata (e di certi suoi gatti) da parte dei cacciatori locali. Dopo un periodo di incomprensioni, ebbe il coraggio di impegnarsi a capire. Lui, nato e vissuto in città (Roma, Milano, Bologna). Incontrò i suoi dirimpettai cacciatori ed ebbe il coraggio di riflettere sui loro punti di vista, sulle loro ragioni, su un modo di vivere che è tutt'uno con le tradizioni e con la cultura del luogo, sulla sua intrusione da metropolitano in un mondo che aveva conservato valori e territori di cui oggi tutti noi, italiani, dobbiamo andare orgogliosi. Ebbe il coraggio di dirlo e di scriverlo. Mosca bianca in un mondo (un tempo anche il suo, borghese radical chic) di ipocriti salottieri che balbettano di natura senza averne mai saputo niente della sua bellezza tragica.
Il bello è che, da sempre, Michele Serra affronta i temi della politica e della società con una satira elegante, da sensibile letterato, ma tuttavia pungente. Intellettuale di sinistra, fu fondatore del settimanale satirico Cuore, tanto per dargli una connotazione fra il serio e lo "sbarazzino", che da allora l'ha sempre accompagnato.
Torna appunto in questi giorni a parlare non di caccia ma di filosofie animaliste, e a sbertucciare i radical chic, proponendo una divertente intervista all'Asino Osvaldo, "impegnato da sempre in lotte non violente per i diritti animali".
Ed è l'Asino Osvaldo che comincia a sentenziare su quelle illogiche amenità che vanno per la maggiore ormai non più solo nei salotti ma in televisione, sulla grande stampa, sui social.
"Non crediamo nei sondaggi - dice Osvaldo - sono scemenze che possono ottenere credito solo presso voi umani. Ma quando vedo certe facce fanatiche e sento certe urla isteriche, sono sicuro che che la lotta per i diritti degli animali subisce un duro contraccolpo. Sono erbivoro da 70mila generazioni, ma quando parla un integralista vegano mi viene un inspiegabile desiderio di bistecca". E, a l proposito,l'Asino insiste: "Registriamo la ferma ostilità dei Cobas dei felini, anche di piccola taglia. Irriducibili. Ma abbiamo problemi seri anche con il novanta per cento dei pesci, i rettili, gli insetti, insomma con il nostro mondo nella sua quasi totalità". Fino a concludere: "..considero irrealistico riuscire a piegare la natura nel suo complesso all'idea che se n'è fatta Michela Brambilla". Una, viene da aggiungere, che da quanto si sa, di ciuchi se ne dovrebbe intendere, il suo si chiama Ugo. Chissà cosa gli dice nel loro intimo.
Ma non finisce qui. Osvaldo, dopo essersi scagliato contro gli allevamenti intensivi ("Quelli sono una vergogna. Sappiamo tutti di dover morire. La differenza è data da come si vive.") e il surplus demografico sul pianeta, di uomini ma non solo (""Punto primo: denatalità. Poi: far vivere bene gli animali che mangiamo, uso il plurale perchè la natura è onnivora. Infine perseguire obiettivi realistici: abolire i macelli non è possibile."), dà una tiratina di orecchi all'agricoltura moderna ("Produrre soia quanto ne basterebbe per sfamare l'umanità intera avrebbe un impatto ambientale devastante. Le monocolture intensive sono la via diretta per distruggere i campi, lo sappiamo noi somari, possibile che non lo sappiate voi umani?"), fino a "sparare" la stoccata finale: "La via virtuosa è...ristabilire un prelievo sano e sostenibile da madre natura, vedi la cacciagione"!
La cacciagione! Sbigottisce l'inervistatore. "Ma lei è pazzo! Se lo scrivo, lei passerà dei guai seri!"
"Che cosa vuole che me ne importi - conclude l'Asino Osvaldo - Ormai sono vecchio, ho passato la vita a sgobbare e ancora non è finita, mi tocca sopportare le moine dei turisti nell'agriturismo dove passerò i miei ultimi giorni. Quanto è carino!, dicono. Carino una minchia. La natura non ha proprio niente di carino. Lei ha mai visto un leone scannare un'antilope?"
Insomma. Questa è l'idea di natura che dovremmo darci da fare a sostenere, come cacciatori e come cittadini. Per smascherare tutte le fandonie che annebbiano i cervelli della gente sotto attacco mediatico, continuo, incessante, delle congreghe ambientaliste e animaliste, ormai definitivamente insediatesi nella stanza dei bottoni del Ministero dell'Ambiente. . Che fanno di tutto per distogliere l'attenzione dai veri problemi ambientali del terzo millennio.
Un consiglio, dunque, ai dirigenti delle nostre associazioni. Le schiere deli cacciatori sono ancora ben assortite. Oggi ci sono anche i social a darci una mano, se siamo in grado di utilizzarli come si deve. Non ci vorrebbe molto a organizzarci. Magari dando precise indicazioni a quei nostri giovani che non aspettano altro che un obbiettivo chiaro su cui impegnarsi. Dicono tutti che è l'era dei social. Autorevoli opinioni mettono anche in guardia dall'enorme massa di fake news che ci stanno sommergendo, anche in fatto di modello di sviluppo e di attività come la caccia. A quando un minimo di riscossa? A quando un minimo di aria fresca?
Enrico Colletti