Ma lo sapete che il tordo è in forte aumento? Vi siete chiesto il perchè? Semplice! Primo perchè in questi ultimi decenni in tutto l'area mediterranea a nord e a sud delle amate sponde sono state impiantate decine e decine di migliaia di ettari di oliveti. A nord, Spagna, Francia, Italia (già ricca di olivi da secoli), Slovenia, Croazia ecc., a sud Tunisia, Algeria, Marocco, Egitto ecc. Secondo, perchè è giocoforza che quando le olive sono mature l'effetto degli eventuali trattamenti fitosanitari non hanno più efficacia, altrimenti l'olio non si può estrarre, e consumare, ovviamente. Altrettanto si può dire per le cesena ma soprattutto per le tordele, che scontano l'abbondanza dei frutteti soprattutto al nord. E che dire del famigerato storno, che in quanto non elencato fra le specie cacciabili, ha potuto godere dello stesso regime di protezione della gallina prataiola?
Insomma, per tornare al tordo, è sicuramente un migratore che a dispetto di quelle anime belle degli animalisti (ex ambientalisti pupilli anche di ministri sepolti dalla storia), offre grandi opportunità di caccia e di....piacere. Già, perche fin dal tempo dei romani, se ne cantava la bontà delle carni. E ancor oggi se ne gustano sempre più preziosi manicaretti. Nella vicina Francia (Corsica soprattutto), nelle ex colonie francesi, alle Baleari, in Spagna, ovunque insomma, per tradizioni alimentari, ne prendono ancora, magari con le "penere" (au filèt, dicono), per conservarlo sottolio, in quantità. Da noi, dio ne guardi se te ne trovano uno che non hai ancora segnato sul tesserino, dove ovviamente è già in vigore quella sciagurata norma di estrazione governativa che ci obbliga a fare a botte con penna e pennuti. Per chiudere con una minaccia d'infrazione, secondo me inventata di sana pianta.
Anche da noi, comunque, come in Francia e in Spagna, è un migratore che dà grandi soddisfazioni. Con alti e bassi che si configurano stagione per stagione a seconda dei venti, del termometro, delle stagioni. Come è sempre stato, come è normale, ma vallo a spiegare a quelli dell'Ispra che appena hanno sentore di un calo temporaneo ti mandano una fatwa. Mentre fanno finta di niente se gli dici che invece certi loro dati pessimistici sono...datati. Si devono consolidare, ti rispondono. Ma qualcosa si muove, perchè in alcune regioni, (le più temerarie?), si percepisce finalmente una certa fronda, che "ventila" il ricorso ad altri istituti scientifici, sicuramente altrettanto autorevoli, che invece di professare dinieghi (non possumus, risponde da anni Ispra, per non dare autorizzazioni a legittime richieste), si attrezzano e aggiornano i dati.
Guarda questa storia sulle date di chiusura. In Francia, in Spagna, altrove intorno al grande nostro bacino salato, vanno avanti anche per almeno un paio di decadi di febbraio; da noi, al grido di "l'ha detto l'Ispra", se va bene ti vorrebbero far chiudere ancora prima della data canonica prevista dalla legge nazionale. Meno male che sempre le solite temerarie hanno ottenuto pareri incontrovertibili dai Tar, che almeno per una volta hanno tenuto conto di osservazioni davvero circostanziate, giuridiche ma anche scientifiche. Che grazie a dio le nostre AAVV hanno finalmente contribuito a sfornare con tanto di sigillo a prova di bomba (absit iniuria verbis; basta col latinorum).
Ma torniamo al nostro beniamino. Ancora in molti lo cacciano da capanno, con i richiami in gabbia. Che grazie all'Ispra li devi allevare, non più catturare. Anche se quella lettera alle regioni del Ministro Galletti offre qualche barlume di ripensamento per chi ancora coltiva l'antica arte dei roccoli, dove col beneplacito dell'Istituto e adoperando reti rigorosamente bird-friendly (eccoci con l'anglofilia) nulla osterebbe di procedere, come già fanno loro, gli scienziati, e i da loro autorizzati, per scopi di ricerca. Per cui, se lo fanno loro, vuol dire che questi impianti sono legittimi, non sono strumenti di cattura indiscriminata o di massa. Altrimenti, perchè loro sì e noi no? Mistero.
Altri, molti altri, lo insidiano al passo, o alla cosiddetta "becca" (o pastura), magari utilizzando il vecchio zirletto (un legnetto stagionato, di solito quercia, con una speciale vite ad anello incastrata a forza, che fai scattare col sapiente uso di indice e pollice), anche se oggi - Bighunter.net insegna - ci sono pure dei più moderni strumenti a mantice o altri marchingengi, da abbinare ovviamente al vecchio classico chioccolo, se lo sai usare.
Al sud, negli oliveti, e soprattutto nelle terre d'oltremare o dell'ovest d'Europa, tanti sono gli incontri che a volte basta appostarsi fra le piante e aspettare che vengano alle olive.
Ma lo so, chi è arrivato a leggere fino a qui, ne sa più di me, e mi fa piacere. Quello che mi ha portato a ricordarne, soprattutto per i meno informati, è ciò che molta gente non sa. E cioè che spesso, con una spolverata di pseudoscienza, ci nascondono la verità. E pertanto, ribadisco: che sia il tordo o qualsiasi altro migratore, di terra di cielo di acqua, dobbiamo sapere e far sapere che deve la sua salute a quello che trova quando decide di chiudere le ali. Se, durante tutto il percorso dei suoi trasferimenti dai quartieri estivi a quelli invernali, c'ha da mangiare sopravvive e prospera, altrimenti, come si dice, fa la fame; o muore avvelenato, fra mille tormenti. E non c'è Lipu che tenga con le sue raccolte di firme che ne possa impedire il destino. Ciliegina sulla torta, gli scienziati lo sanno, ma gli animalisti non lo dicono, la caccia, con tutte le sue articolazione ha sempre e comunque una relativa, piccola incidenza sul quantitativo delle masse migranti che partono giovani dai quartieri di nidificazione e l'anno dopo vi ritornano in quantità ridotte, ma selezionate per l'arduo e gioioso compito della riproduzione. Tutto il resto, in stragrande massima parte, dipende dalle altre attività umane. Che gli ambientalisti, o sedicenti tali, da troppo tempo trascurano. Chissà perchè?
Filippo Gangi