Sono giorni che penso all'apertura della caccia, e sono giorni che immagino nei minimi dettagli i preparativi.
Un rito sempre più o meno identico, che si perpetua da anni.
Inevitabilmente i miei pensieri vanno anche all’uomo che mi trasmise, attraverso i cromosomi e il suo esempio, questa meravigliosa “malattia ereditaria”. Ai suoi preparativi, che un poco alla volta, anno dopo anno, incominciarono ad essere i nostri preparativi, fino a che purtroppo restarono solo i miei preparativi.
Quell'uomo era mio nonno materno, mi chiamava molto amorevolmente “pircilotto”: era una sorta di vezzeggiativo in dialetto di “piccolino”, e tale restai fino a che mi lasciò solo con quel grande regalo.
Ora da 15/16 anni (gli ultimi 3/4 con il P.A.) coniugo di nuovo al plurale la fase dei preparativi, perché a me si è aggiunto mio figlio.
Non so quante aperture saranno fino a quando non si chiuderà l’annata che appena va ad iniziare (su di loro incombe l’incognita dei turni di lavoro). Già! Perché le vivo tutte, giornata dopo giornata, come singole aperture, e con l'emozione della prima, le uscite che nei prossimi mesi mi accingo a fare.
Ogni sera che le precede c’è il rituale, ogni volta il dopo dei miei pensieri saranno tutti per la giornata che dedicherò alla Dea Diana e al Dio Pan.
Come tantissimi cacciatori sono un urbanizzato, nel senso che sono nato e cresciuto in città, uno dei tanti che non vive la realtà rurale tutti i giorni. Quindi i miei pensieri vanno in quella direzione, nel senso che immergendomi nella natura, ho la sensazione nettissima di tornare alle mie origini, anche se quello che ho scritto finora lascerebbe pensare il contrario. I suoni, i colori, gli odori, i ritmi naturali della campagna, della montagna, mi riportano a qualcosa che ho dentro, e questo mi da una pace interiore completa, un senso di soddisfazione intima ma anche fisica.
Durante la caccia mi soffermo ad ammirare tutto ciò che mi circonda, a goderne con tutti i miei sensi, protesi a cogliere tutte le sfaccettature che i luoghi mi offrono. La caccia è parte integrante di tutto ciò, amplifica i miei istinti, mette alla prova le mie capacità di uomo e di cacciatore, tutte cose che mi fanno sentire un tutt'uno con la terra che calpesto.
Credo sia superfluo dire che esco per boschi tutto l’anno, anche quando la caccia è ovviamente chiusa, proprio per quel senso di benessere e appagamento che mi regala. Ma solo quando la caccia è aperta si aggiunge l’eccitazione dell’attesa, delle aspettative, di una nuova giornata da affrontare intrisa di emozioni e faticosamente coinvolgente.
Giornate che vorrò vivere finché mi sarà dato di farlo dalle leggi di madre natura.
Pasquale Cinquegrana