Le aree protette di tutto il mondo ricevono ben 8 miliardi di visitatori l'anno. Quando gli animali interagiscono con gli esseri umani abbassano il proprio livello di guardia anche nei confronti dei predatori.
Il turismo ecologico, sebbene incentrato sull'impegno ambientalista e sociale, potrebbe rappresentare una grave minaccia per l’esistenza di molte specie animali oggi considerate a rischio estinzione. A lanciare l’allarme, creando non pochi sensi di colpa tra i sostenitori di questa tipologia di vita è stato il professor Daniel Blumstein, della University of California di Los Angeles. L’ecoturismo, che negli ultimi anni sembra aver conquistato una moltitudine di persone in tutto il mondo, risulta essere pericoloso quanto il bracconaggio. Secondo l’esperto, che ha visto i risultati del proprio studio pubblicati anche sulle pagine della rivista Trends in Ecology & Evolution, le interazioni che vengono inevitabilmente a crearsi tra gli esseri umani e la fauna selvatica possono mettere in grave pericolo migliaia di specie.
“I dati più recenti - ha evidenziato Blumstein - ci dimostrano che le aree protette di tutto il mondo ricevono ben 8 miliardi di visitatori l'anno. Un dato importante che equivale a dire che ogni essere umano sul pianeta visita un'area protetta almeno una volta l'anno. Anche se i turisti tentano di limitare le interazioni con le specie animali delle aree protette, l'ecoturismo può essere aggiunto di diritto alla lunga lista dei pericoli per l’ambiente”.
Questi risultati, precisa Blumstein, vogliono essere un ulteriore strumento di sensibilizzazione per scienziati e gestori delle riserve: entrambi dovranno imparare a considerare i nuovi rischi per la biodiversità. "Quando gli animali interagiscono con gli esseri umani - spiega l’esperto della University of California - finiscono inevitabilmente con l’abbassare il loro livello di guardia". Gli animali imparano a fidarsi dell’uomo ma, allo stesso tempo, diventano più audaci anche nei confronti dei predatori naturali. Questo comportamento causa una pericolosa crescita della mortalità".
L’ecoturismo, fa notare il ricercatore, è per diversi aspetti simile all’addomesticamento derivato dall’urbanizzazione. Anche in quel caso le interazioni periodiche tra uomo e animali possono portare a una sorta di assuefazione, e quindi a un “letale” addomesticamento. E’ tuttavia vero che, una massiccia presenza umana tende ad allontanare i predatori. Nel Grand Teton National Park, situato nello stato americano del Wyoming, alci e antilocapre sembrano dedicare meno tempo a guardarsi le spalle dei potenziali predatori e più tempo a nutrirsi. Ora i ricercatori dovranno dunque comprendere cosa sia meglio per le specie.
"Sappiamo che gli esseri umani hanno la capacità di causare un rapido cambiamento fenotipico - commenta Blumstein -. Un turismo così invasivo può incrementare il livello di assuefazione tanto da portare allo sviluppo di sindromi comportamentali pericolose. Anche una piccola perturbazione antropica potrebbero influenzare il comportamento e la biologia di una specie e influenzare la funzione della specie all’interno di un ecosistema più ampio”.
Roberto Zonca*
*da Tiscali Notizie
NOTA DELLA REDAZIONE
Sarebbe come dire, implicitamente, che una caccia ben regolamentata, come quella che si pratica nei paesi occidentali, e in Italia in particolare, è straordinariamente salutare per le specie selvatiche.