Anche fra le associazioni venatorie, riconosciute o non riconosciute, c'è chi è più realista del re. E non è un fatto di parte o di partito. Se si dà un'occhiata alle realtà regionali e anche provinciali, si scopre che dopo mezzo secolo o giù di lì, non è cambiato niente: nella caccia, l'Italia indossa ancora il vestito di Arlecchino. Succede infatti che nella corsa alla ricerca di visibilità, caso per caso, territorio per territorio, anche la stessa associazione, le stesse aggregazioni adottino comportamenti diversi, a volte in contrasto e anche in contraddizione.
Ma non avevamo detto che si doveva procedere, rapidi e coesi, verso un deciso coordinamento per giungere al più presto - svelti, svelti, che la casa brucia! - a quell'unità agognata dal 90% dei cacciatori? In pratica, quelli che non ne volevano sentir parlare erano - e sono - i tanti capi e capetti soprattutto di periferia (ma anche di centro) che godono di posizioni difficilmente scardinabili, perché frutto di clientele consolidate nel tempo.
Ecco che allora, mentre al centro si fa pressione per dare corpo al processo di unificazione, allo stesso centro si assiste alla messa in atto di una serie consistente di distinguo, alcuni formali altri sostanziali, in bilico fra il "ci sto" e "non ci sto", a seconda delle diverse opportunità. Ordine e contrordine, secondo la più classica delle tradizioni, che si snocciola, nel tempo, con calma, “per li rami”, fino alle più remote periferie, appunto, che spesso sorde e cieche non ricevono, o ricevono solo quello che gli fa comodo, o capiscono fischi per fiaschi.
E' la solita commedia all'italiana, dove tutti sono protagonisti, dove i prim'attori si sprecano, dove oggi si smentisce quello che ieri era dato per assodato.
Variegate pertanto sono le soluzioni, in gran parte registrate anche da Bighunter. A volte plaudite, a volte esecrate, a seconda dei punti di vista. Ognuno di noi, per il suo particolare, potrà darne chiara testimonianza, ma il quadro che si delinea rispecchia ampiamente la disgregazione in atto nelle nostre comunità, non solo di cacciatori ma a livello generalizzato, dove di fronte al dilagare dei potentati si dissolve ogni tentativo di iniziare percorsi solidali.
Un antidoto? Mah? I nostri maestri greci, a un certo punto, mettevano in campo la katharsis, la purificazione (chi segue le vicende quotidiane della politica europea, e greca, ma non solo, ne sta osservando una versione di stretta attualità), ed è quello che senza scomodare Bartali ("gliè tutto sbagliato, gliè tutto da rifare...") dovremmo fare anche noi.
Da dove cominciare? Boh. Non c'è problema, basta cominciare, ma davvero! Personalmente, punterei su una politica (più nell'accezione platonica che in quella machiavellica) che si metta alla ricerca di giovani: preparati, motivati, determinati. Ma non ce ne sono!, obietterà qualcuno. Lo so, lo so, e questo è stato il difettuccio su cui fare autocritica, outing, come si dice oggi. Le nostre classi dirigenti - venatorie e d'indirizzo generale: in questo hanno fallito, su questo e su molto altro - recuperando il tempo perduto, e raccontando meno bugie, si dovranno finalmente applicare.
Nicola Monaco