E' necessaria una riflessione critica al fine di accrescere il livello etico e culturale dei seguaci di Diana. Quando qui si usa la parola “cacciatore”, lo si fa nella sua accezione più piena e autentica. Non tutti i possessori di licenza di caccia che esercitano questa passione, purtroppo, possono essere ritenuti tali. Più la caccia viene vissuta e interpretata come semplice elenco di specie abbattute o consistenza del carniere, in maniera totalmente avulsa dal contesto in cui l'attività venatoria si è svolta, più ci si allontana dalla figura del vero cacciatore. Molti autorevoli scienziati a livello mondiale sono concordi nel definire la nostra epoca come Antropocene, ovvero l'era in cui l'influenza dell'uomo e della sua attività sulle modifiche territoriali, strutturali e climatiche risulta predominante rispetto a qualunque altro elemento a livello globale. Il termine, coniato negli anni Ottanta dal biologo Eugene Stoermer e adottato nel 2000 dal Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen, è oggi infatti sempre più utilizzato. Partire da questa considerazione ci aiuta a capire meglio il mondo che ci circonda.
I due pilastri fondamentali su cui basarsi sono la conoscenza e la corretta gestione. Conoscere per gestire. Fornire cioè un quadro aggiornato per aggiornare le singole competenze, capire quali sono gli errori da non compiere e come inquadrare in modo corretto aspetti tecnici e normativi. In un mondo in continua evoluzione mantenersi aggiornati in modo corretto e approfondito è un elemento irrinunciabile.
Il secondo pilastro conseguente alla conoscenza è la corretta gestione. È unanime la considerazione che la legge 157/1992 sia stata largamente disattesa, pur riconoscendone il valore di fondo e la maggior parte dei principi ispiratori. Tra questi vi è l'attuazione di uno dei principi cardine della gestione faunistico-venatoria: il mantenimento del legame tra cacciatore e territorio. Ciò risulta di basilare importanza anche in settori solo apparentemente lontani da quello del prelievo venatorio, come ad esempio l'espansione di specie aliene invasive. Molte delle specie invasive presenti in Europa sono state introdotte deliberatamente, altre sono arrivate casualmente come “clandestine” nel trasporto aereo di merci e container. Per lo più, queste specie non costituiscono una minaccia, fino a quando non invadono gli habitat naturali in cui non trovano competitori o predatori.
I cacciatori dovrebbero essere sempre responsabili di ciò che avviene nel mondo naturale, non solo durante i tempi consentiti (che costituiscono la minoranza dei mesi), ma anche al di fuori del periodo di caccia. Sentire la responsabilità verso il mondo naturale significa non vedere l'ambiente come una mera fonte di selvaggina ma, al contrario, come una risorsa di enorme valore, da tutelare. I veri cacciatori sanno che per riuscire a prelevare gli interessi di questo patrimonio è fondamentale curarne i capitali nel tempo, in ogni momento dell'anno. Questo è vero per tutte le specie cacciabili, ma in particolar modo per gli ungulati. È chiaro che all'atto pratico le cose siano molto più complesse che sul piano prettamente tecnico, come ampiamente dimostrato molteplici volte dalle problematiche di gestione del cinghiale in molte realtà italiane.
Una delle grandi sfide del nostro tempo è trovare un equilibrio con la natura che ci circonda, soprattutto quando questa è vissuta poco o affatto. Riportare l'uomo a contatto con la natura è forse una delle esigenze più forti di questo inizio millennio. Molti italiani conoscono i boschi e la fauna solo attraverso i documentari o la carta stampata; ben pochi possono vantare un contatto profondo e continuo con l'ambiente naturale nel nostro Paese. E se da un lato la gran parte dei cacciatori, proprio per l'attività che praticano, sono profondi conoscitori del territorio, dall'altra anche tra i seguaci di Diana il pericolo di perdere la conoscenza di dettaglio della specie, dei loro tempi biologici, del loro contesto nell'ambiente, rischia di divenire concreto.
In definitiva potremmo rifarci ad un vecchio adagio: prima informarsi, poi crearsi un'opinione. Questa magna regola vale anche per i cacciatori. Mai convincersi di non avere nulla da imparare su un argomento, perché sarebbe un atteggiamento miope che non porta a nulla.
Giorgia Romeo*
*Tratto da Il Cacciatore Italiano/Speciale